Il simposio di vescovi e superiori generali sugli abusi sessuali
Giustizia è sinonimo di verità
Roma, 8. Giustizia è sinonimo di verità. E l'accertamento dei fatti, il riconoscimento delle responsabilità, la richiesta di perdono sono le pietre miliari di un percorso di riconciliazione che la Chiesa intende perseguire con determinazione. Dopo la veglia penitenziale presieduta, nella sera di martedì 7, dal cardinale prefetto della Congregazione per i Vescovi, Marc Ouellet, questa mattina il simposio internazionale sugli abusi sessuali, che da lunedì è in corso presso la Pontificia Università Gregoriana, ha avuto come momento centrale la relazione di monsignor Charles J. Scicluna, promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede. Un intervento che, sin dal titolo, ha messo in evidenza come la ricerca della verità sia un «dovere morale e legale». Perché «la Chiesa ha bisogno della verità che è giustizia e di quella giustizia che è verità». E perché, inoltre, «un'onesta ricerca della verità e della giustizia costituisce la migliore risposta che possiamo offrire al triste fenomeno dell'abuso sessuale dei minori da parte di chierici».
La giustizia, insomma, è sinonimo di verità ed è «erronea» la «preoccupazione secondo la quale al buon nome dell'istituzione debba in qualche modo essere garantita la massima priorità a scapito della legittima denuncia di un crimine». Monsignor Scicluna lo ha chiarito prendendo spunto anche da un discorso che Papa Wojtyła rivolse alla Sacra Romana Rota il 28 gennaio 1994, in cui vennero esposti alcuni principi fondamentali oggi facilmente applicabili anche ai casi di abusi sessuali di minori da parte di chierici. «L'insegnamento del beato Giovanni Paolo II, secondo il quale la verità è la base della giustizia, spiega per quale ragione una mortale cultura del silenzio -- la cultura dell'omertà -- sia di per se stessa sbagliata e ingiusta».
In questa prospettiva, il promotore di giustizia ha fornito un excursus dei principali interventi del magistero e degli organismi della Santa Sede in materia di abusi sessuali. A partire dal motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001, in base al quale l'abuso sessuale di un minore di 18 anni commesso da un chierico veniva inserito nell'elenco dei delicta graviora riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Normativa che è stata poi ulteriormente rafforzata -- per esempio con il raddoppio dei termini di prescrizione e, in caso di condanna civile del chierico con la sua riduzione ex officio allo stato laicale -- da Benedetto XVI nel maggio 2010. «Una lettura attenta e approfondita del recente magistero della Chiesa in materia di abuso sessuale dei minori da parte di religiosi dimostra come la sicurezza dei bambini costituisca una preoccupazione di primaria rilevanza per la Chiesa e parte integrante del suo concetto di “bene comune”», ha affermato monsignor Scicluna. Tuttavia, ha aggiunto, che «per quanto la legge possa essere chiara, ciò non è sufficiente per la pace e per l'ordine della comunità. Il nostro popolo ha bisogno di sapere che la legge viene applicata». E, in questa prospettiva, si è soffermato sulla necessità, o meglio sul «dovere» di collaborare con le autorità statali. «L'abuso sessuale dei minori non costituisce soltanto un delitto canonico o una violazione di un codice di condotta interno di un'istituzione, religiosa o altra, ma rappresenta anche un crimine perseguibile dal diritto civile. Per quanto i rapporti con le autorità civili possano variare da Paese a Paese, è tuttavia importante collaborare con esse nell'ambito delle rispettive competenze».
In ogni caso, ha concluso monsignor Scicluna, «nessuna strategia per la prevenzione dell'abuso sui bambini potrà mai portare a risultati senza impegno e responsabilità». È quanto ha sottolineato Benedetto XVI già nella lettera ai cattolici d'Irlanda del marzo 2010. Ed è anche la convinzione profonda con cui ieri sera i partecipanti al simposio -- vescovi e superiori generali di congregazioni religiose, nonché vittime di abusi -- hanno preso parte alla veglia penitenziale nella chiesa di Sant'Ignazio. «Ora Padre -- è stata l'invocazione del cardinale Ouellet -- guarda con pietà alla nostra misera condizione: ci è stato affidato il compito di essere sacramento di salvezza, di annunciare il tempo della tua grazia. Sulla tua promessa siamo andati, per combattere il male del mondo: l'egoismo, l'ingiustizia, lo sfruttamento dei deboli, senza temerne il veleno; ma con stupore e vergogna ci accorgiamo che questo male rimane sempre dentro di noi e gravemente offusca la nostra testimonianza ecclesiale. Noi che dovevamo portare la salvezza ai “piccoli”, siamo talvolta divenuti strumento del male contro di loro».
(©L'Osservatore Romano 9 febbraio 2012)
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Pubblicato in 4 lingue il saluto del card. Levada al Simposio sugli abusi: http://goo.gl/tCxmn
JP
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