lunedì 20 febbraio 2012

Don Roberto Battaglia: Il Pontificato di Benedetto XVI sfida tutti, “Cristianesimo moderno compreso”, ad “allargare la ragione” rimettendoci di fronte alla “questione delle questioni”, alla domanda su Dio (Facciotto)

Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo la seguente intervista:

“Rimette al centro Dio e il cuore”

Ecco che cosa scatena gli attacchi contro il pontificato di Benedetto XVI

Intervista: L’assistente ecclesiastico di CL a Rimini don Roberto Battaglia: “Una Chiesa che parla solo di sé stessa è superflua”

Paolo Facciotto

Tempi duri per la Chiesa quelli di oggi. Ne abbiamo parlato con don Roberto Battaglia, 45 anni, parroco di Montescudo e assistente ecclesiastico di Comunione e Liberazione per la diocesi di Rimini.

Che cosa prova un sacerdote a vedere ridotta la Chiesa sui giornali a scontri personali, complotti - veri o presunti che siano -, trame...?

«Il Papa, durante il suo viaggio in Germania ha ricordato la risposta che diede Madre Teresa di Calcutta a un giornalista che le chiedeva quale fosse la prima cosa da cambiare nella Chiesa: “Lei ed io!”. Oggi, come quarant’anni fa e come duemila anni fa, la vera questione è la verifica di ciò che la Chiesa pretende di essere e questa verifica non si fa nei dibattiti pubblici o a tavolino ma sulla propria pelle, mettendosi in gioco personalmente senza accettare di ridurre il proprio desiderio. Nessun limite, mio o di altri, può essere un alibi per non verificare, nella carne della vita quotidiana, la ragionevolezza dell’esperienza cristiana, ossia verificare se il cristianesimo risponde alle esigenza di cui siamo fatti, se la fede rende la vita più umana e ci permette di entrare in ogni circostanza affrontando ogni sfida che la realtà pone. In questo tempo sono sempre più colpito da tanti amici che mi testimoniano questa ragionevolezza in quello che vivono, dalla crisi economica alla malattia. Si tratta di uno sguardo e di un abbraccio alla mia umanità ed all’umanità di tutti senza il quale non potrei più vivere. Io resto nella Chiesa per incrociare ogni giorno questo sguardo. Ed oggi non mancano certo testimoni di questa fioritura dell’umano, a partire da Benedetto XVI».

Gli attacchi apparentemente diretti verso questo o quel cardinale, in realtà hanno come vero obiettivo il Papa Benedetto XVI. Che cosa ha fatto di male in questi anni per meritare di finire nel mirino? Anzi, visto come stanno le cose, la formula giusta della domanda è questa: che cosa ha fatto di bene per meritarlo?

«Il pontificato di Benedetto XVI sfida tutti, “cristianesimo moderno compreso”, ad “allargare la ragione” rimettendoci di fronte alla “questione delle questioni”, alla domanda su Dio. Nessuno come lui ha una lucidità di giudizio che gli permette di andare al cuore di ogni vicenda umana, incontrando tutti, dai cristiani non cattolici agli esponenti delle altre religioni fino al dialogo con i non credenti. La sua grande battaglia sulla ragione provoca tutti, dentro e fuori la Chiesa, “a ricominciare da Dio”, come ha detto di recente: “una mentalità che è andata diffondendosi nel nostro tempo, rinunciando a ogni riferimento al trascendente, si è dimostrata incapace di comprendere e preservare l’umano. La diffusione di questa mentalità ha generato la crisi che viviamo oggi, che è crisi di significato e di valori, prima che crisi economica e sociale. L’uomo che cerca di esistere soltanto positivisticamente, nel calcolabile e nel misurabile, alla fine rimane soffocato. In questo quadro, la questione di Dio ci riporta alle domande di fondo dell’uomo, alle aspirazioni di verità, di felicità e di libertà insite nel suo cuore, che cercano una realizzazione”. La ragione è il grande nemico di ogni potere e un cristianesimo così non è riducibile ad alcuno schema ideologico, per questo scatena la persecuzione, ed al tempo stesso interpella realmente il nostro cuore di uomini».

Più di una volta Benedetto XVI ha insistito, pur coi suoi modi gentili, invitando i cattolici a non preoccuparsi primariamente delle strutture e degli aspetti organizzativi della Chiesa ma a riscoprire il contenuto centrale della fede. Lei come coglie questo richiamo?

«C’è un modo razionalista di guardare alla Chiesa, anche al suo interno, per cui la si riduce alle sue strutture e non si riconosce la realtà profonda che la costituisce: in questa concezione ridotta della ragione, per cui si può conoscere e fare esperienza solo di ciò che si può possedere e misurare, si considera astratto mettere a tema Dio e concreto mettere a tema l’organizzazione ecclesiale. Ma la Chiesa non esiste per se stessa e, di fronte alle grandi domande che ci pone drammaticamente la realtà di ogni giorno, i dibattiti sulle riforme delle strutture ecclesiastiche non tengono. Al desiderio infinito del nostro cuore non può rispondere un’organizzazione. Il cristianesimo è per uomini che non si accontentano, che ascoltano il loro cuore inquieto. Ma soprattutto, come ha detto il Papa in una recente omelia, “il cuore di Dio è inquieto verso di noi, è in ricerca di persone che si lasciano contagiare dalla sua inquietudine, dalla sua passione per noi. Persone che portano in sé la ricerca che è nel loro cuore e, al contempo, si lasciano toccare nel cuore dalla ricerca di Dio verso noi”. Mettere a tema questo è immensamente più concreto e incidente nella storia di tutte le disquisizioni intra ecclesiali».

Benedetto XVI ha indetto l’Anno della Fede, che inizierà nel giorno del 50esimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II: con questa associazione qual è il messaggio che vuole dare il Papa ai cattolici e al mondo?

«Alcuni anni fa l’allora card. Ratzinger sottolineò che “il Concilio Vaticano II non fu solo un concilio ecclesiologico, ma prima e soprattutto esso ha parlato di Dio e questo non solo all’interno della cristianità, ma rivolto al mondo - di quel Dio, che è il Dio di tutti, che tutti salva e a tutti è accessibile. Il Vaticano II voleva chiaramente inserire e subordinare il discorso della Chiesa al discorso di Dio. Una Chiesa che esiste solo per se stessa è superflua. E la gente lo nota subito. La crisi della Chiesa è crisi di Dio; essa risulta dall’abbandono dell’essenziale. Ciò che resta, è ormai solo una lotta per il potere. Di questa ve ne è abbastanza altrove nel mondo, per questa non c’è bisogno della Chiesa”. Il Vaticano II, a partire dalle Costituzioni Dei Verbum e Lumen gentium, ha riproposto il cristianesimo come avvenimento e proprio su questo Benedetto XVI ha fondato il suo Magistero a partire dall’affermazione iniziale della sua prima enciclica, poi riproposta in più occasioni: “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona”. Siamo in un tempo in cui ogni riduzione del cristianesimo, a etica o a dottrina, non regge al confronto con la modernità. Nella circostanza storica in cui viviamo è ancora più evidente che un cristianesimo così ridotto è inutile per la vita e ciò costituisce un’opportunità per riscoprire “l’essenziale”, che è un fatto, un avvenimento che irrompe e travolge la vita di un uomo, come è accaduto ai primi due discepoli quando si recarono a casa di Gesù, afferrati da una presenza che sono tornati a cercare il giorno dopo perché senza quel volto non sarebbero stati più loro stessi. In questo senso l’anno della fede è una grande occasione per verificare e sperimentare il contenuto fondamentale dell’esperienza cristiana. Ancora una volta, superando ogni ecclesiocentrismo, questa sfida è rivolta a tutti, laici e cattolici, perché è rivolta al cuore dell’uomo. Personalmente non voglio perdere questa occasione e, prima di ogni commento e interpretazione, desidero mettermi innanzitutto alla sequela del Papa, per imparare quello che tante volte credo già di sapere e tornare ogni istante a cercare quel volto».

© Copyright La Voce di Romagna, 18 febbraio 2012

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