lunedì 13 febbraio 2012

“Corvo” d’Oltretevere. Le piste passano per la Cina (Galeazzi)

“Corvo” d’Oltretevere
Le piste passano per la Cina


A Pechino come Romeo anche Dario Castrillon Hoyos che ha ammonito sull’attentato al Papa

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

L’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo non è il solo ad aver viaggiato «privatamente» in Cina. Lo stesso «blitz» nell’ex celeste impero lo ha compiuto un anno fa proprio il cardinale colombiano di Curia, Dario Castrillon Hoyos, autore del «memorandum» sulle confidenze di Romeo circa un attentato «entro 12 mesi» al Papa e l’ascesa di Scola al Soglio di Pietro. Dietro la «guerra di carta» nel Sacro Collegio, c’è anche la corsa (tra personalismi, sgambetti e scivoloni) ad accreditarsi in Vaticano come «mediatore informale» con la Cina e come precursore-artefice delle relazioni ufficiali.
Un fiorire di «iniziative spontanee» già sperimentato durante la Guerra fredda nell’Ostpolitik verso il blocco sovietico. Fili sotterranei intrecciati anche dai gesuiti (sulla spinta del processo di beatificazione di Matteo Ricci), da Sant’Egidio, dall’agenzia del Pime, AsiaNews diretta dal sinologo ciellino padre Bernardo Cervellera, dai ministri vaticani della Cultura e delle Comunicazioni sociali, Ravasi e Celli e dal viceministro degli Esteri, Ballestrero, reduce da un incontro «top secret» con una delegazione cinese in un castello della Loira. Negli ultimi tempi anche l’ex arcivescovo di Boston, Bernard Law (rimosso per aver coperto preti pedofili) ha cercato di «riciclarsi» come negoziatore informale con il Vietnam. I cardinali Romeo e Castrillon Hoyos, protagonisti della vicenda rivela dal «Fatto quotidiano», hanno «provenienze» diverse (ex diplomatico vicino al decano Sodano il primo;ex ministro del Clero fautore del reintegro «ad ogni costo» dei lefebvriani il secondo) hanno in comune un viaggio in Cina e la ricerca del favore perduto nei Sacri Palazzi. Quand’era nunzio in Italia, Romeo aveva condotto una discussa consultazione tra i vescovi sul successore in Cei di Ruini. Ma anche il suo «accusatore» Castrillon Hoyos, è noto alle cronache per vari incidenti. Quando Benedetto XVI decise la revoca della scomunica ai quattro vescovi seguaci di Lefebvre, spuntò dal Web un’intervista nella quale uno dei quattro, il britannico Williamson, minimizzava la Shoah e negava l'esistenza delle camere a gas. In una lettera ai vescovi di tutto il mondo il Papa spiegò che la Curia romana avrebbe dovuto utilizzare meglio Internet. Peccato che Castrillon nel 2007 avesse raccontato ai quattro venti la sua passione per i computer e la Rete. Quindi se c’era qualcuno che avrebbe potuto evitare al Pontefice il problema, e non lo fece, era proprio Castrillon. Per non parlare della lettera scritta dal porporato per congratularsi con il vescovo francese Pican che, per non denunciare un prete pedofilo, si fece tre mesi di carcere.
Di fronte alla presa di distanza del Vaticano («non rappresenta la linea della Santa Sede), indomito, Castrillon affermò che Wojtyla aveva personalmente approvato la missiva, inoltrata ai vescovi di tutto il mondo. Sempre sul capitolo «pedofilia», è finito al centro della polemica scoppiata qualche mese fa tra Santa Sede e Irlanda. Il premier Kenny ha polemizzato con la Santa Sede (poi chiuso l'ambasciata in Vaticano) in polemica con un intervento del 1997 della Congregazione del clero (guidata dal porporato colombiano) nella quale si contestava che l’idea di rendere obbligatoria la denuncia dei sacerdoti pedofili alle autorità civili, ipotizzata dall’episcopato irlandese, «solleva serie riserve di natura sia morale sia canonica». Insomma riguadagnare credito in Curia val bene uno «sgambetto» nel crocevia cinese. L’enigma pechinese prosegue.

© Copyright La Stampa, 13 febbraio 2012

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Certamente, se si sarebbe agito con saggezza anziché esercitare una smodata voglia di protagonismo,i risultati sarebbero stati meno distruttivi.

Anonimo ha detto...

Come direbbe la Kinder : più Castrillon, meno Romeo . (Che sia la "party line" de La Stampa, non è più un mistero..)

Anonimo ha detto...

In effetti ora la colpa è di Castrillon.
Forse a Galeazzi qualcuno dovrebbe dire che card. castrillon disse che era compito di card. Re occuparsi dei fascicoli dei vescovi.
Queste affermazioni vengono sempre nascoste e sinceramente sono più propenso che a sabotare l´azione del Papa sia stato un tipo come card. Re che come card. Castrillon.