sabato 3 novembre 2012

Wojtyla, Wanda Poltawska: amava tutti senza giudicare nessuno (Izzo)

WOJTYLA: POLTAWSKA, AMAVA TUTTI SENZA GIUDICARE NESSUNO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 2 nov. 


"Non giudicate, per non essere giudicati", questa massima evangelica "e' rimasta impressa per tutta la vita" nella mente di Karol Wojtyla", il quale da sacerdote, vescovo e Papa "attirava le persone perche' amava veramente tutti e questo la gente lo capiva". 
Lo racconta - in un'intervista all'Osservatore Romano - la professoressa Wanda Poltawska, ex cavia umana torturata dai nazisti nel campo di concentramento di Ravensbruck e poi - come medico psichiatra - stretta collaboratrice prima di don Karol Wojtyla nell'elaborazione della sua innovativa pastorale familiare, quindi incaricata del Consultorio da lui promosso a Cracovia quando divenne arcivescovo, e infine consulente del Papa polacco per tutti i temi attinenti alla sessualita' e all'amore familiare, che sono stati  centrali nei 27 anni del suo Pontificato. Un rapporto che andava oltre la collaborazione professionale, datava dai tempi della gioventu' ed era stato rinsaldato da un evento straordinario:  nel 1962 la allora giovane mamma e dottoressa era miracolasamente guarita da un tumore per intercessione di Padre Pio, al quale si era rivolto per lei li stesso monsignor Wojtyla .
"La vera amicizia - spiega la Poltawska nell'intervista - dura per sempre, percio' dopo l'elezione a Pontefice nei nostri rapporti d'amicizia non e' cambiato niente. Andavo a incontrarlo quando stavo a Roma. Ma piu' che altro con la mia famiglia passavamo le vacanze estive con lui a Castel Gandolfo". E durante i lunghi ricoveri al Gemelli e l'ultima fase della malattia vissuta  nell'Appartamento Pontificio, il Papa sofferente la voleva accanto e lasciava che fosse lei a leggergli ad alta voce molti libri. 

Papa Wojtyla, infatti,  la considerava una sorella, e in merito la professoressa Poltawska cita una delle lettere ricevute dopo l'elezione del 16 ottobre 1978. "In tutto questo - scrisse il neo Pontefice riferendosi al trambusto di quei giorni emozionanti e sconvolgenti seguiti al Conclave - penso a te. 
Da oltre vent'anni, da quando Andrzej mi disse per la prima volta: 'Duska e' stata a Ravensbruck', e' nata nella mia consapevolezza la convinzione che Dio mi dava e mi assegnava te, affinche' in un certo senso io 'compensassi' quello che avevi sofferto li''. E ho pensato: lei ha sofferto al mio posto. A me Dio ha risparmiato quella prova, perche' lei e' stata li'. Si puo' dire che questa convinzione fosse 'irrazionale', tuttavia essa e' sempre stata in me e continua a rimanerci. Su questa convinzione si e' sviluppata gradualmente tutta la consapevolezza della 'sorella'".
Una familiarita' con il capo della Chiesa che in tutto il Poantificato ha certamente attirato sulla psichiatra polacca molta invidia. "Con Karol Wojtyla - rivela oggi la Poltaska - da sempre discutevo di Dio e dei problemi del mondo. Insomma le nostre conversazioni riguardavano i problemi teologici e pastorali, non c'era posto per i pettegolezzi. Io portavo a Roma i libri che avevo letto e discutevamo di questi libri. Ovviamente, parlavamo anche delle faccende personali, della famiglia, dei figli. Ma lui si interessava di tutti perche' amava la gente e non parlava mai male di nessuno". 

Quanto alla collaborazione scientifica offerta dalla Poltawska, Karol Wojtyla - ricostruisce la psichiatra - "si interessava di antropologia da sempre. E in questo contesto si interessava dell'amore tra l'uomo e la donna e della santita' della famiglia. A Cracovia collaborai con lui alla stesura di Amore e responsabilita'".
Tra il futuro Papa e la sua amica ex deportata l'aiuto era scambievole. "Ero allora - ricorda Wanda al giornale vaticano - una giovane psichiatra impegnata nel consultorio per i giovani. Venivano da me in cerca di aiuto anche tante coppie in crisi. Subito mi resi conto che avevo bisogno di un sacerdote. Don Wojtyla si occupava di questo tipo di pastorale e cosi' ha cominciato ad aiutarmi".
"Durante la prigionia a Ravensbruck - rievoca oggi Wanda Poltawska - vedevo i nazisti buttare i neonati nei forni crematori: mi ripromisi che, se fossi sopravissuta, avrei studiato medicina e difeso la vita. Nel 1956 nella Polonia comunista fu varata la legge sull'aborto. Io come medico, e lui come sacerdote (responsabile della pastorale dei medici) ne fummo impressionati. Iniziammo cosi' un lavoro comune contro questa legge. L'impegno di salvare una vita nuova che sboccia cominciò allora ed e' durato per oltre cinquant'anni. Nel 1967, con l'aiuto del cardinale Wojtyla, ho organizzato a Cracovia l'Istituto teologico della famiglia che ho diretto per 33 anni".
Nel 1979, gia' da Pontefice, Wojtyla comincio' un ciclo di catechesi sull'amore umano nel piano divino, E non ci scordiamo che diede il suo grande contributo nella preparazione dell'Humanae vitae". In proposito la Poltaska cita un'altra lettera ricevuta poco dopo l'elezione del 1978, nella quale Wojtyla le scrive: "Sei stata per me il mio esperto personale nel campo di Humanae Vitae. E' stato cosi' per piu' di vent'anni e questo bisogna continuare a mantenerlo". In sostanza, il Papa da poco eletto chiese alla dottoressa di "seguire e riferire" a lui "tutto quello che succede in questo campo". "E io - conclude la donna - ho continuato a farlo come mi aveva chiesto". 


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