Origini e sviluppo della Sala stampa
Una palestra in Vaticano
di Giulia Galeotti
«Padre Panciroli era assente in quei giorni, e quindi toccò a me, allora vicedirettore della Sala stampa vaticana, annunciare al mondo l'aggravarsi della salute di Paolo VI, una notizia grave e unica per importanza. Potei diffonderla contemporaneamente a tutte le agenzie e testate giornalistiche grazie a un comunicato messo in onda su un telefono della Sala stampa -- il cui numero era conosciuto da tutti -- a un'ora prestabilita, previo accordo con tutti gli interessati. Ovviamente nessuno conosceva prima il contenuto del comunicato».
È questo uno degli aneddoti che il vescovo Pierfranco Pastore ha ricordato martedì 6 novembre, intervenendo al convegno «La nascita e lo sviluppo della Sala Stampa Vaticana: dal concilio a oggi», promosso a Roma dal master in giornalismo della Libera Università Maria Santissima Assunta. Una mattinata nel corso della quale «testimoni di prima linea della storia della Sala stampa» -- come li ha definiti padre Federico Lombardi, il suo attuale direttore -- hanno ripercorso cinquant'anni di rapporti tra Santa Sede e mezzi di informazione.
A ricordare i decenni di vita di questa «figlia del concilio Vaticano II» -- così Andrea Melodia, presidente dell'Unione cattolica stampa italiana (anche se l'organismo ebbe dal 1939 un antenato proprio presso il nostro giornale) -- sono stati, moderati da Vania De Luca, Giuseppe Ignesti, Raniero La Valle, Gianfranco Svidercoschi, già nostro vicedirettore, Joaquín Navarro-Valls, già direttore della Sala stampa, e il nostro direttore, oltre a monsignor Pastore e padre Lombardi.
«L'istituzione accettava di essere raccontata?», si è chiesto La Valle, direttore dell'«Avvenire d'Italia» durante il Vaticano II. Appassionata la sua ricostruzione, incentrata sugli inizi del concilio: se da principio infatti i lavori erano stati coperti dal segreto, su sollecitazione dei giornalisti Giovanni XXIII comprese l'importanza di rendere “possibile” il racconto della notizia. «Dove la notizia -- ha concluso La Valle -- era una buona notizia».
La nascita della Sala stampa della Santa Sede -- definita da padre Lombardi «palestra di linguaggio tra Chiesa e mondo» -- sulla scia del Vaticano II, ha senz'altro rappresentato un giro di boa nei vicendevoli rapporti tra Vaticano e mondo della comunicazione, trasformando in qualche modo entrambe le parti. E questo è avvenuto, secondo Gianfranco Svidercoschi, articolandosi in tre punti fondamentali. L'accettazione di una Chiesa universale, di una Chiesa più spirituale, di una Chiesa di contenuto.
E se Navarro-Valls ha ricordato il suo pluriennale impegno non solo a dare la notizia, ma anche a spiegare il perché della notizia, con Giovanni Maria Vian si è trovato d'accordo sulla necessità che una logica laica -- o profana si potrebbe dire -- presieda gli organi mediatici della Santa Sede.
Ricordando come la luna di miele tra Santa Sede e mondo dell'informazione apertasi con il concilio si sia bruscamente interrotta -- per varie ragioni -- con il 1968, il nostro direttore ha però rimarcato come le crisi mediatiche abbiano di fatto giovato alla Chiesa, spronandola a proseguire lungo la via della comunicazione, in una dimensione realmente mondiale.
Una strada ricca e appassionata, insomma, quella percorsa dalla Sala stampa vaticana. Non solo: una strada -- come hanno concordato tutti i relatori -- che presenta ancora, nel mondo dell'informazione e della Chiesa in costante cammino, tutta la sua vitalità.
(©L'Osservatore Romano 7 novembre 2012)
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