martedì 6 novembre 2012

E il principe perse il potere religioso. Il passaggio dal paganesimo al Cristianesimo (Zecchini)

Il passaggio dal paganesimo al cristianesimo

E il principe perse il potere religioso


di Giuseppe Zecchini


Il binomio “religione-fede” non è accettato automaticamente dalla mentalità e dalla cultura contemporanee: anzi, spesso si è portati a contrapporre la religione come appartenenza formale ed esteriore, alla fede come esperienza non ostentata, ma autentica in interiore homine. Nella denuncia della religione come mero apparato di pratiche e riti privi di un sincero coinvolgimento personale è quasi d'obbligo ricorrere all'esempio dell'antica Roma e della sua religione. Di fronte alla natura intima e mistica di altri casi di religiosità precristiana come il pitagorismo o l'orfismo dei greci e di fronte alla successiva pretesa del cristianesimo di fondere esigenze individuali e dimensione sociale, la religione romana appare come un caso esemplare di separazione tra credenze dell'individuo e atti di culto e dunque, in ultima analisi, come una religione puramente esteriore, arida, del tutto inadeguata a soddisfare la sete d'infinito che c'è nell'uomo.

A una valutazione così negativa ha contribuito certamente anche la polemica del cristianesimo antico contro la religione rivale: una polemica che dagli apologisti arriva al De civitate Dei di Agostino. Ora, che il prescrittivismo ritualistico della religione romana fosse esasperato è vero; che il sacrificio cruento di animali fosse centrale nelle sue cerimonie è altrettanto vero e può scandalizzare la nostra sensibilità; ancor peggio è che i romani accettassero senza problemi che un ateo dichiarato come Cesare diventasse pontefice massimo, cioè capo della loro religione, purché svolgesse con zelo e precisione i compiti che gli erano affidati.
A questo punto, però, la domanda che ci si deve porre è se si esaurisse in questo una religione che ha tenuto insieme per un millennio un popolo e, al tempo stesso, non ne ha frenato l'ascesa ai vertici della civiltà antica, anzi è stata capace di un'evoluzione che l'ha portata, per fare un solo esempio, al fermo rifiuto del sacrificio umano. La credenza in Giove summus Deus, e, insieme, il superamento del principio etnico (ogni popolo ha la sua religione) in nome di un universalismo religioso, che era parallelo all'universalismo giuridico dell'impero romano, preparava senza dubbio lo scontro, anche violento, col cristianesimo dell'unus Deus, del Dio unico. Allo stesso tempo, però, preparava anche il superamento dello scontro, nella misura in cui l'esigenza ormai comune era quella di una religione valida per tutta l'umanità.
Da queste considerazioni nasce l'esigenza di una migliore conoscenza della religione romana non solo e non tanto da un punto di vista religioso, ma da una prospettiva sociale, nel senso più profondo del termine: la religione romana è infatti un ottimo esempio di religione forse povera di contenuti spirituali e dottrinali, ma certamente dotata di un forte impatto pubblico, efficace come collante di una comunità, in grado di suscitare un intenso e sincero sentimento di appartenenza in ogni membro della comunità stessa e di affermare una serie di valori comuni di riferimento (la lealtà, il rispetto per i genitori, il pudore, il sacrificio per la patria).
Una religione si incarna in alcune figure, che la rappresentano, i sacerdoti, senza i quali il ruolo pubblico della religione stessa e il suo grado di influenza sulla società è inconcepibile. Chi erano allora i sacerdoti dell'antica Roma? Il XIV Convegno internazionale della Fondazione Canussio, che si è svolto a Cividale del Friuli, è stato incentrato sul tema «Sacerdos. Figure del sacro nella società romana». L'intervento inaugurale è stato tenuto da John Scheid, ritenuto tra i maggiori esperti di religione romana, che si è occupato dei sacerdozi arcaici nella restaurazione augustea. John North ha invece parlato del ruolo politico dei pontefici, mentre Bernhard Linke ha proposto una rilettura innovativa della storia alto repubblicana di Roma, quando le gentes patrizie avrebbero contrastato l'affermarsi di sacerdozi cittadini per mantenere al proprio interno la prerogativa di prendere gli auspici, cioè di entrare in contatto con gli dei e interrogarne la volontà. Werner Eck e Giovanni Filoramo hanno concluso il convegno ricercando, ma non trovando, i modelli pagani del vescovo cristiano: il cristianesimo si è ispirato alle strutture amministrative dell'impero per organizzare la Chiesa, ma le ha poste al servizio di figure religiose originali.
Il prestigio dei partecipanti ha garantito al convegno esiti scientificamente rilevanti, che si leggeranno negli atti, ma già qui si può avanzare una considerazione conclusiva: il passaggio dalla repubblica all'impero fu contrassegnato da una restaurazione, che in realtà fu un rinnovamento della religione capitolina, in cui la novità principale era la riunificazione in una sola persona -- il principe-pontefice massimo -- dell'autorità politica e dell'autorità religiosa. Il passaggio dall'impero pagano all'impero cristiano fu contrassegnato dal dissolversi di questo binomio, ormai insostenibile: l'imperatore conserva il potere politico, ai vescovi, in particolare al vescovo di Roma, passa l'autorità religiosa. I vescovi ereditano dal senato quella libertà di parola, quel dovere di dire la verità al principe, che li rende il nuovo contrappeso all'assolutismo monarchico.

(©L'Osservatore Romano 5-6 novembre 2012)

5 commenti:

Andrea ha detto...

Conclusioni: il passaggio "dall'impero pagano all'impero cristiano" avvenne perché la tradizionale sacralità dell'autorità politica era "ormai insostenibile"; i Vescovi devono, come nuovi Senatori romani, avere "libertà di parola davanti al principe" (il Papa).
Massoneria pura sull' "Osservatore Romano"

Anonimo ha detto...

Si potrà passare le giornate vedendo la massoneria ovunque? Questa si chiama ossessione.

Andrea ha detto...

Questa si chiama, caro Anonimo, guerra a Cristo fatta fuori e (preferibilmente) dentro la Chiesa.

Sa quanto mi piacerebbe non vedere Vescovi anti-Papa sparsi ovunque?
Oggi ho imparato, leggendo un'intervista del prof.Spaemann, che fin dal 1968 (anno di uscita della "Humanae Vitae") la "Chiesa che è in Germania" ha promulgato un documento che afferma che la dottrina cattolica in materia di contraccezione non è valida.

Non parliamo poi dell'etichetta di "fedeli del Summorum Pontificum" data a chi si è riunito a Roma in questi giorni. Sarebbe stato più sincero chiamarli "settari amanti delle muffe"

Anonimo ha detto...

Andrea,glissiamo elegantemente sui'fedeli' e su chi la accusa di essere ossessionato dalla massoneria,si ricorda di quegli studenti con il Manifesto bene in vista fuori dalle tasche degli eskimi che volevano distruggere la'borghesia fascista e dare cloro al clero'?Li guardi adesso,ultrasessantenni ed oltre, che posti di prestigio occupano perchè più vecchi di noi, poveri ragazzini costretti alle assemblee 'democraticamente' decise all'ultimo momento,e guai a chi osava ribellarsi...sic transit gloria mundi,est tempus vivendi et tempus moriendi,nessuno resterà,neanche quelli che si autodefiniscono'costruttori di un nuovo mondo'.GR2

Andrea ha detto...

Ma l'Amore(in Croce) resta, caro GR2 !

Grazie e saluti da un treno che poco fa è passato per Rimini!