sabato 7 aprile 2012

Sentieri non interrotti. Il Vaticano II e la vita del Popolo di Dio. La Chiesa è sempre in comunione con il suo passato (Agostino Marchetto)

Il Vaticano II e la vita del Popolo di Dio

Sentieri non interrotti

La Chiesa è sempre in comunione con il suo passato

All'Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia si è tenuta una giornata di studi intitolata "Per un futuro ecumenico del Vaticano II". Pubblichiamo stralci di due degli interventi.

di AGOSTINO MARCHETTO

Il concilio ecumenico Vaticano II è sicuramente un'icona della Chiesa Cattolica in se stessa, ad intra e ad extra.
Fa parte infatti dell'essenza del cattolicesimo la comunione, anche quella col proprio passato, su su fino alle origini della Chiesa. Essa ha preservato la sua identità nel corso del suo lungo sviluppo, conservando fedeltà dunque alla sua Tradizione, rinnovandosi al tempo stesso, costantemente.
E qui viene alle labbra una fondamentale espressione riferita al concilio in parola, e cioè: "riforma nella continuità" come attestò Papa Benedetto XVI, nel famoso discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005.
Il suo dire era in continuità anche con le parole pronunciate nel 1990 dall'allora cardinale Ratzinger che vedeva la Chiesa come compagnia semper reformanda e, recentemente, con la Nota della Congregazione della Dottrina della Fede che dà indicazioni pastorali per l'Anno della Fede.
Vi si legge che "Papa Benedetto XVI si è impegnato decisamente per una corretta comprensione del concilio, respingendo come erronea la cosiddetta "ermeneutica della discontinuità e della rottura" e promuovendo quella che lui stesso ha denominato "l'ermeneutica della riforma", del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino" ("L'Osservatore Romano", 7 gennaio 2012).
Ma "che cosa è una riforma della Chiesa? Come avviene? Quali sono le sue vie e i suoi obiettivi?" si chiedeva il Papa il 22 dicembre scorso nel suo discorso alla Curia romana.
Come sempre esistono infinite discussioni per ottenere un'inversione di tendenza (rispetto al negativo presente). "Certamente occorre fare tante cose - aggiungeva Benedetto XVI - ma il fare non risolve il nocciolo del problema". Il problema non è un deficit organizzativo ma di fede. Occorre tornare a Cristo "altrimenti tutte le riforme rimarranno inefficaci". In effetti, solo andando al nocciolo della fede la Chiesa rinnova profondamente se stessa.
"La reformatio, quella che è necessaria in ogni tempo, non consiste nel fatto che noi possiamo rimodellarci sempre di nuovo la "nostra Chiesa", come più ci piace, che noi possiamo inventarla, bensì nel fatto che noi spazziamo via sempre nuovamente le nostre proprie costruzioni di sostegno, in favore della luce purissima che viene dall'alto e che è nello stesso tempo l'irruzione della pura libertà".
Manca peraltro un'altra parola chiave, ancora, in riferimento al Vaticano II per trarne un significato abbastanza completo per la vita della Chiesa, vale a dire il termine, il concetto, della realtà pastorale, non nel senso restrittivo di pratica della cura d'anime, ma di una pastorale che non rifugge la dottrina, anzi. Come del resto è avvenuto di fatto nel Vaticano II.
Riprendiamo ora le parole chiave fin qui indicate.
Il concilio ecumenico Vaticano II ha considerato la Chiesa al centro della sua riflessione, del dialogo, e della discussione che vi si è realizzata, delle sue decisioni, Chiesa ad intra e ad extra. Ciò è permanente. "Chiesa no, Cristo sì" non è formula che si possa accettare, lo affermavo già a Cuba agli inizi degli anni Settanta. La Chiesa, il corpo mistico di Cristo, il popolo di Dio, nell'uguale dignità dei suoi membri, in comunione gerarchica, è parte del messaggio cristiano, anche perché essa è "come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio, e dell'unità di tutto il genere umano" (Lumen gentium, 1).
A questo proposito richiamo qui una convinzione profonda, che vesto però con le parole scritte - le faccio quindi mie - da Romano Guardini, già nel 1952 a monsignor Montini e poi nel 1965 a Paolo VI: "La conoscenza della Chiesa è stata la ragione determinante per la mia vita. Quando ero ancora studente di scienze politiche mi fu chiaro che la scelta cristiana non viene propriamente compiuta riguardo alla concezione di Dio e nemmeno riguardo alla figura di Cristo, bensì riguardo alla Chiesa. Da allora in poi seppi anche che un'autentica efficacia è possibile soltanto in unione con essa. Ciò che può convincere l'uomo moderno non è un cristianesimo modernizzato in senso storico o psicologico o in qualsivoglia altro modo, ma soltanto l'annuncio senza limiti e interruzioni della rivelazione. Naturalmente è poi compito di chi insegna porre questo annuncio in relazione ai problemi e alle necessità del nostro tempo. Ho cercato di far ciò nei più diversi ambienti. L'esperienza era sempre la stessa. Ciò che l'uomo contemporaneo desidera udire è il totale e puro annuncio cristiano. Forse risponderà negativamente all'annuncio, ma almeno sa di che cosa si tratta. Ad ogni prova dei fatti, questa considerazione si è sempre dimostrata giusta" (cfr. Istituto Paolo VI, Notiziario , n. 44, pp. 86 e 91).
La Chiesa cattolica è universale, in unità e pluralità, Chiese locali e Chiesa universale. E i poli vanno tenuti insieme in binomi inscindibili. Sono uniti, come nel concilio lo erano i padri più sensibili alla fedeltà e all'identità e quelli più attenti al mondo, alla modernità, allo sviluppo. Perciò troviamo ecumenismo, dialogo interreligioso, libertà religiosa ed evangelizzazione, tradizione e rinnovamento. Dunque, riforma nella continuità.
Inoltre bisogna considerare il concilio in una visione di fede, e per questo ne celebreremo i cinquant'anni con un Anno della Fede.
Il Vaticano II va visto alla luce della Parola, della tradizione e del magistero, messi insieme nella Dei Verbum. Va poi ricordato l'aspetto della collegialità (sinodalità) - collegialità in senso largo anche per presbiteri e laici - che procede di pari passo con quello e primato. Manca peraltro un elemento ancora posto in evidenza dal Vaticano II per la vita della Chiesa, quello della santa liturgia, la divina Eucaristia.
Per una corretta considerazione del concilio non va poi dimenticata la finalità di evangelizzazione e promozione umana, e la responsabilità particolare affidata ai mezzi di comunicazione, in un contesto di testimonianza, di santità a cui tutti i fedeli sono chiamati, ma per primi coloro che seguono più da vicino il Signore Gesù nella vita religiosa o consacrata nel mondo.
Come si vede, in quanto ho detto non manca almeno un riferimento, sia pur fugace, a tutti i documenti sinodali, a quei testi, cioè, sui quali i padri conciliari si trovarono concordi e che con la conferma papale ebbero il suggello dello Spirito Santo. A essi ci si deve ancora e sempre riferire per rinnovare l'impegno nelle vie e nelle direzioni indicate, per trovare o riscoprire il significato del Vaticano II per la vita della Chiesa, di cui Maria Vergine è madre, modello e icona.

(©L'Osservatore Romano 7 aprile 2012)

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