mercoledì 31 ottobre 2012

Il Papa: E' la luce di Dio quella che illumina questi affreschi e l'intera Cappella (Asca)

Su segnalazione di Laura leggiamo:


Papa: Cappella Sistina ci dice che mondo non e' creato da caso ma amore

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 31 ott 

Dopo il completamento dell'affresco della volta della Sistina da parte di Michelangelo, ''nulla rimase piu' come prima''. 
Lo ha detto papa Benedetto XVI che, celebrando questa sera i Vespri nella Cappella Sistina a 500 anni da quelli celebrati da Giulio II della Rovere in occasione dell'inaugurazione della Cappella, ha offerto una meditazione teologica sul capolavoro michelangiolesco.
''E' la luce di Dio quella che illumina questi affreschi e l'intera Cappella. Quella luce che con la sua potenza vince il caos e l'oscurita' per donare vita: nella creazione e nella redenzione'', ha detto papa Ratzinger. Per il pontefice, la Sistina ''narra questa storia di luce, di liberazione, di salvezza, parla del rapporto di Dio con l'umanita'. Con la geniale volta di Michelangelo, lo sguardo viene spinto a ripercorrere il messaggio dei Profeti, a cui si aggiungono le Sibille pagane in attesa di Cristo, fino al principio di tutto''. ''Il mondo non e' prodotto dell'oscurita', del caso, dell'assurdo, ma deriva da un'Intelligenza, da una Liberta', da un supremo atto di Amore''.

La bellezza della Cappella, per papa Ratzinger, non puo' essere disgiunta dal suo contenuto di fede: ''Le opere artistiche che la decorano, in particolare i cicli di affreschi - ha detto Benedetto XVI - trovano nella liturgia, per cosi' dire, il loro ambiente vitale, il contesto in cui esprimono al meglio tutta la loro bellezza, tutta la ricchezza e la pregnanza del loro significato. E' come se, durante l'azione liturgica, tutta questa sinfonia di figure prendesse vita, in senso certamente spirituale, ma inseparabilmente anche estetico, perche' la percezione della forma artistica e' un atto tipicamente umano e, come tale, coinvolge i sensi e lo spirito.
In poche parole: la Cappella Sistina, contemplata in preghiera, e' ancora piu' bella, piu' autentica; si rivela in tutta la sua ricchezza''.
Riferendosi alla celeberrima rappresentazione della creazione di Adamo da parte di Dio, il pontefice ha osservato: ''In quell'incontro tra il dito di Dio e quello dell'uomo, noi percepiamo il contatto tra il cielo e la terra; in Adamo Dio entra in una relazione nuova con la sua creazione, l'uomo e' in diretto rapporto con Lui, e' chiamato da Lui, e' a immagine e somiglianza di Dio''. La Cappella Sistina, per il papa, rappresenta ''un invito alla lode, un invito ad elevare al Dio creatore, redentore e giudice dei vivi e dei morti, con tutti i Santi del Cielo, le parole del cantico dell'Apocalisse: ''Amen, alleluia'''.

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Benedetto XVI: la nostra fede trova conferma, cresce e matura nella Chiesa (Tridente)

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Il Papa: nella Sistina è rappresentata la dinamica di promessa e compimento della salvezza (Ambrogetti)

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La Cappella Sistina (Tg1)

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La luce di Dio illumina gli affreschi della Cappella Sistina. Così il Papa celebrando i Vespri a 500 anni dall’inaugurazione della Volta


La luce di Dio illumina gli affreschi della Cappella Sistina. Così il Papa celebrando i Vespri a 500 anni dall’inaugurazione della Volta 

“Il mondo non è prodotto dell’oscurità, del caso, dell’assurdo, ma deriva da un’Intelligenza, da una Libertà, da un supremo atto di Amore”. Questo il messaggio degli affreschi della Sistina secondo le parole di Benedetto XVI che, a 500 anni dall’inaugurazione della volta michelangiolesca, questo pomeriggio, celebrando i Primi Vespri nella solennità di tutti i Santi all’interno della Cappella Papale, ha voluto rinnovare il gesto compiuto dall’allora Papa Giulio II. E’ la luce di Dio – ha detto il Papa - quella che illumina le figure dipinte da Michelangelo. Il servizio è di Paolo Ondarza: 

Era il 31 ottobre 1512. Lo stupore che colse i presenti all’inaugurazione da parte di Giulio II degli affreschi michelangioleschi della volta della Sistina è ancora lo stesso a 500 anni di distanza. Celebrando i Vespri , come il suo predecessore 5 secoli or sono, Benedetto XVI parla di questo capolavoro- realizzato in quattro anni, dal 1508 al 1512, ed esteso per oltre mille metri quadrati di intonaco - come di uno spartiacque nella storia dell’arte e lo definisce, citando il Vasari, una “lucerna” per il mondo intero. Ma non si tratta – spiega il Papa – solo di luce che viene dal sapiente uso del colore ricco di contrasti o dal movimento che anima il capolavoro michelangiolesco, ma dall’idea che percorre la grande volta”.

E’ la luce di Dio quella che illumina questi affreschi e l’intera Cappella Papale. Quella luce che con la sua potenza vince il caos e l’oscurità per donare vita: nella creazione e nella redenzione. E la Cappella Sistina narra questa storia di luce, di liberazione, di salvezza, parla del rapporto di Dio con l’umanità.

Nella volta Michelangelo accompagna chi guarda a ripercorrere il messaggio dei Profeti a cui si aggiungono le Sibille in attesa di Cristo, fino al principio di tutto: il grande artista disegna il Dio Creatore e la sua azione, la sua potenza, per dire con evidenza che “il mondo non è un prodotto dell’oscurità, dal caso, dell’assurdo, ma deriva da un’Intelligenza, da una Libertà, da un supremo atto di Amore”.

In quell’incontro tra il dito di Dio e quello dell’uomo, noi percepiamo il contatto tra il cielo e la terra; in Adamo Dio entra in una relazione nuova con la sua creazione, l’uomo è in diretto rapporto con Lui, è chiamato da Lui, è a immagine e somiglianza di Dio.

“La Sistina – ha ricordato Benedetto XVI – è per sua natura un’aula liturgica, le opere che la decorano trovano nella liturgia il loro ambiente vitale , il contesto in cui esprimono al meglio tutta la loro bellezza, ricchezza e pregnanza di significato”.

E’ come se, durante l’azione liturgica, tutta questa sinfonia di figure prendesse vita, in senso certamente spirituale, ma inseparabilmente anche estetico, perché la percezione della forma artistica è un atto tipicamente umano e, come tale, coinvolge i sensi e lo spirito.

“Pregare nella Cappella Sistina, avvolti dalla storia del cammino di Dio con l’uomo culminante nel Giudizio Universale, dipinto vent’anni dopo la volta, sempre da Michelangelo – ha constatato il Papa – è “un invito alla lode”.

La Cappella Sistina, contemplata in preghiera, è ancora più bella, più autentica; si rivela in tutta la sua ricchezza. Qui tutto vive, tutto risuona a contatto con la Parola di Dio.

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Il Papa celebra i 500 anni degli affreschi di Michelangelo: per chi ha fede la Sistina è ancora più bella (Izzo)

PAPA: CELEBRA NELLA SISTINA 500 ANNI AFFRESCHI DI MICHELANGELO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 ott. 

"Quella sera Michelangelo gli aveva presentato la volta affrescata, che ancora oggi possiamo ammirare, con lo stesso stupore di allora". Con queste parole il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato vaticano ha rievocato, accogliendo Papa Ratzinger nella Sistina, la celebrazione del 31 ottobre 1512, quando Michelangelo disvelo' la straordinaria Volta della Sistina. "Siamo profondamente grati a Vostra Santita', che ha voluto rinnovare questa sera il gesto di Papa Giulio II della Rovere, il quale, cinquecento armi or sono, celebro' i primi vespri della Solennita' di Tutti i Santi in questa Cappella Sistina", ha detto il porporato salutando il Pontefice prima del rito. 

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PAPA: PER CHI HA FEDE LA SISTINA E' ANCORA PIU' BELLA


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 31 ott. 

"La Sistina e', per sua natura, un'aula liturgica, ed e' come se, durante l'azione liturgica, tutta questa sinfonia di figure prendesse vita, in senso certamente spirituale, ma inseparabilmente anche estetico". Lo ha affermato Benedetto XVI nell'omelia pronunciata questa sera in occasione della celebrazione per i 500 anni degli affreschi michelangioleschi. Secondo il Papa, infatti, "la Cappella Sistina, contemplata in preghiera, e' ancora piu' bella, piu' autentica; si rivela in tutta la sua ricchezza". 
Infatti, "la percezione della forma artistica e' un atto tipicamente umano e, come tale - dunque - coinvolge i sensi e lo spirito".
Entrando nella Sistina, ha continuato il Pontefice, "il nostro sguardo si leva al Giudizio finale michelangiolesco, dove lo sfondo azzurro del cielo, richiamato nel manto della Vergine Maria, dona luce di speranza all'intera visione, assai drammatica, ma stasera la nostra attenzione va principalmente al grande affresco della volta, che Michelangelo, per incarico di Giulio II, realizzo' in circa quattro anni, dal 1508 al 1512". 
Da questo immenso affresco, "piu' di mille metri quadrati di intonaco, e possiamo immaginare che l'effetto prodotto su chi per la prima volta la vide compiuta dovette essere davvero impressionante", secondo il Pontefice (che ha citato in proposito la celebre metafora del Wolfflin) "e' precipitato sulla storia dell'arte italiana ed europea qualcosa di paragonabile a un "violento torrente montano portatore di felicita' e al tempo stesso di devastazione: nulla rimase piu' come prima". 
E se Giorgio Vasari, in un famoso passaggio delle Vite, scrive in modo molto efficace: "Questa opera e' stata ed e' veramente la lucerna dell'arte nostra, che ha fatto tanto giovamento e lume all'arte della pittura, che ha bastato a illuminare il mondo", Papa Benedetto questa sera nella Sistina ha esaltato "il sapiente uso del colore ricco di contrasti, e il movimento che anima il capolavoro michelangiolesco", affermando pero' che ad essere davvero decisiva e' la luce che percorre la grande Volta: "e' la luce di Dio - ha spiegato - quella che illumina questi affreschi e l'intera Cappella Papale. Quella luce che con la sua potenza vince il caos e l'oscurita' per donare vita: nella creazione e nella redenzione". 
"La Cappella Sistina narra questa storia di luce, di liberazione, di salvezza, parla del rapporto di Dio con l'umanita'", ha poi concluso, confidando a cardinali e vescovi della Curia Romana, riuniti per i vespri, che "pregare stasera in questa Cappella, avvolti dalla storia del cammino di Dio con l'uomo, mirabilmente rappresentata negli affreschi che ci sovrastano e ci circondano, e' un invito alla lode, un invito ad elevare al Dio creatore, redentore e giudice dei vivi e dei morti, con tutti i Santi del Cielo, le parole del cantico dell'Apocalisse: 'Amen, alleluia. Lodate il nostro Dio, voi tutti suoi servi, voi che lo temete, piccoli e grandi! Alleluia. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a Lui gloria". 

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"Lectio teologica" del Papa su Michelangelo e la Cappella Sistina (TMNews)


Papa/ Lectio teologica su Michelangelo: Sistina più bella con fede

Vespri 500 anni dopo inaugurazione volta con Giulio II nel 1512

Città del Vaticano, 31 ott. (TMNews) 

Più che un discorso, più che una meditazione, è stata una lezione teologica su Michelangelo quella che Benedetto XVI ha pronunciato questa sera nella Cappella Sistina per i primi vespri della solennità di tutti i santi, occasione per commemorare l'atto con cui, 500 anni fa, il 31 ottobre 1512, Papa Giulio II inaugurò l'affresco michelangiolesco della volta.
Nella cappella Sistina - "Cappella magna del Palazzo Apostolico Vaticano" - "le opere artistiche che la decorano, in particolare i cicli di affreschi - ha detto Benedetto XVI - trovano nella liturgia, per così dire, il loro ambiente vitale, il contesto in cui esprimono al meglio tutta la loro bellezza, tutta la ricchezza e la pregnanza del loro significato. E' come se, durante l'azione liturgica, tutta questa sinfonia di figure prendesse vita, in senso certamente spirituale, ma inseparabilmente anche estetico, perché la percezione della forma artistica è un atto tipicamente umano e, come tale, coinvolge i sensi e lo spirito. In poche parole: la Cappella Sistina, contemplata in preghiera, è ancora più bella, più autentica; si rivela in tutta la sua ricchezza".
Il Papa si è concentrato sul grande affresco della volta, che Michelangelo, per incarico di Giulio II, realizzò in circa quattro anni, dal 1508 al 1512. "Il grande artista, già celebre per capolavori di scultura - ha detto Benedetto XVI - affrontò l'impresa di dipingere più di mille metri quadrati di intonaco, e possiamo immaginare che l'effetto prodotto su chi per la prima volta la vide compiuta dovette essere davvero impressionante. Da questo immenso affresco è precipitato sulla storia dell'arte italiana ed europea - dirà il Woelfflin nel 1899 con una bella e ormai celebre metafora - qualcosa di paragonabile a un 'violento torrente montano portatore di felicità e al tempo stesso di devastazione': nulla rimase più come prima. Giorgio Vasari, in un famoso passaggio delle Vite, scrive in modo molto efficace: 'Questa opera è stata ed è veramente la lucerna dell'arte nostra, che ha fatto tanto giovamento e lume all'arte della pittura, che ha bastato a illuminare il mondo'".
"Lucerna, lume, illuminare: tre parole del Vasari che non saranno state lontane dal cuore di chi era presente alla Celebrazione dei Vespri di quel 31 ottobre 1512", ha proseguito Ratzinger. "Ma non si tratta solo di luce che viene dal sapiente uso del colore ricco di contrasti, o dal movimento che anima il capolavoro michelangiolesco, ma dall'idea che percorre la grande volta: è la luce di Dio quella che illumina questi affreschi e l'intera Cappella Papale. Quella luce che con la sua potenza vince il caos e l'oscurità per donare vita: nella creazione e nella redenzione. E la Cappella Sistina narra questa storia di luce, di liberazione, di salvezza, parla del rapporto di Dio con l'umanità". Vent'anni dopo, nel Giudizio Universale, "Michelangelo concluderà la grande parabola del cammino dell'umanità, spingendo lo sguardo al compimento di questa realtà del mondo e dell'uomo, all'incontro definitivo con il Cristo Giudice dei vivi e dei morti".
"Pregare stasera in questa Cappella Sistina, avvolti dalla storia del cammino di Dio con l'uomo, mirabilmente rappresentata negli affreschi che ci sovrastano e ci circondano - ha concluso il Papa - è un invito alla lode, un invito ad elevare al Dio creatore, redentore e giudice dei vivi e dei morti, con tutti i Santi del Cielo, le parole del cantico dell'Apocalisse: 'Amen, alleluia. Lodate il nostro Dio, voi tutti suoi servi, voi che lo temete, piccoli e grandi! Alleluia. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria".

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Il Papa: Dopo l’affresco della volta della Sistina, “nulla rimase più come prima” (Sir)


BENEDETTO XVI: VESPRI PER I 500 ANNI DELLA SISTINA, DOPO “NULLA RIMASE COME PRIMA”

Dopo l’affresco della volta della Sistina, “nulla rimase più come prima”. 
Lo ha detto Benedetto XVI, che celebrando questa sera i Vespri nella Cappella Sistina, a 500 anni da quelli analoghi celebrati dal suo predecessore Giulio II della Rovere, ha usato le parole adoperate dal Wöllflin nel 1889, per dire che dall’”immenso affresco” della volta, dipinta da Michelangelo dal 1508 al 1512, “è precipitato sulla storia dell’arte italiana ed europea qualcosa di paragonabile a un ‘violento torrente montano portatore di felicità e al tempo stesso di devastazione’”. Tanto che Giorgio Vasari, in un celebre passo delle “Vite”, scrive: “Questa opera è stata ed è veramente la lucerna dell’arte nostra, che ha fatto tanto giovamento e lume all’arte della pittura, che ha bastato a illuminare il mondo”. 
“Lucerna, lume, illuminare”: tre parole del Vasari che, per il Papa, “non saranno state lontane dal cuore di chi era presente alla Celebrazione dei Vespri di quel 31 ottobre 1512”. 
“Ma non si tratta solo di luce che viene dal sapiente uso del colore ricco di contrasti, o dal movimento che anima il capolavoro michelangiolesco, ma dall’idea che percorre la grande volta”, ha aggiunto il Santo Padre: “è la luce di Dio quella che illumina questi affreschi e l’intera Cappella. Quella luce che con la sua potenza vince il caos e l’oscurità per donare vita: nella creazione e nella redenzione”.
La Cappella Sistina, per il Papa, “narra questa storia di luce, di liberazione, di salvezza, parla del rapporto di Dio con l’umanità. Con la geniale volta di Michelangelo, lo sguardo viene spinto a ripercorrere il messaggio dei Profeti, a cui si aggiungono le Sibille pagane in attesa di Cristo, fino al principio di tutto”. 
“Il mondo non è prodotto dell’oscurità, del caso, dell’assurdo, ma deriva da un’Intelligenza, da una Libertà, da un supremo atto di Amore”: questa, secondo Benedetto XVI, la verità che il grande pittore intendeva dimostrare con il suo “grande affresco” della volta: “In quell’incontro tra il dito di Dio e quello dell’uomo, noi percepiamo il contatto tra il cielo e la terra; in Adamo Dio entra in una relazione nuova con la sua creazione, l’uomo è in diretto rapporto con Lui, è chiamato da Lui, è a immagine e somiglianza di Dio”. 
Vent’anni dopo, nel Giudizio Universale, Michelangelo “concluderà la grande parabola del cammino dell’umanità, spingendo lo sguardo al compimento di questa realtà del mondo e dell’uomo, all’incontro definitivo con il Cristo Giudice dei vivi e dei morti”, ha concluso il Papa, secondo il quale pregare nella Cappella Sistina rappresenta “un invito alla lode, un invito ad elevare al Dio creatore, redentore e giudice dei vivi e dei morti, con tutti i Santi del Cielo, le parole del cantico dell’Apocalisse: ‘Amen, alleluia’”.

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Processo Sciarpelletti, Salvatore Mazza risponde a Dagospia sulle norme del pool giornalistico ammesso alle udienze


Riceviamo e pubblichiamo:

Caro Dagospia,

a proposito di quanto pubblicato sul vostro sito sotto questo avvincente titolo:

1- LA LIBERTÀ DI STAMPA SECONDO LE ANIME BELLE DEL VATICANO. ECCO LE NUOVE ISTRUZIONI E SQUALIFICHE AI GIORNALISTI IN VISTA DEL PROCESSO A SCIARPELLETTI, IL TECNICO INFORMATICO PIZZICATO CON QUELL'ALTRO GENIO DELLO SPIONAGGIO DI PAOLETTO - 2- “RICORDIAMO CHE, A SEGUITO DI QUANTO SUCCESSO DURANTE IL PROCESSO GABRIELE, SONO ESCLUSI DAI POOL PER TUTTA LA DURATA DEL PROCESSO LE TESTATE: TG1, TG2, REPUBBLICA, IL FATTO QUOTIDIANO PER VIOLAZIONI GRAVI DELLE REGOLE DEL POOL E DI EMBARGO” - 3-ANCORA!“ESCLUSE DAL POOL DELLA PRIMA UDIENZA: ANSA, ABC TV PER VIOLAZIONI MINORI” - 4- AMORALE VATICANA: ELEZIONI TRA CRONISTI ACCETTATI E REGOLE DI NEWS-SHARING PER PENNE AL GUINZAGLIO. COSÌ UN ALTRO PROCESSO-FARSA SI SUBLIMERÀ IN REPORTAGGI FARSA! -

Vorrei, giusto per la cronaca, precisare alcune cose riguardo al punto 4. Quello che inizia con “Amorale vaticana” e che, fin da questa specie di titoletto, dimostra che chi l’ha scritto non ha la minima idea di che cosa si stia parlando. Allora ve lo spiego: l’Aigav è un’associazione internazionale nata circa 40 anni fa che non ha niente a che fare col Vaticano, se non per il fatto che associa i giornalisti che si occupano di informazione religiosa e di vaticano: parliamo di circa 450 professionisti di tutto il mondo (e di tutti i credo: cattolici, musulmani, ebrei, buddisti, cristiani di ogni denominazione e così via), in stragrande maggioranza con una lunga carriera alle spalle e piuttosto navigati e, dunque, che difficilmente si fanno manipolare da chicchessia. Le regole dell’Aigav non sono state dettate dal Vaticano, ma sono frutto dell’Aigaiv, così come le esclusioni dai pool per il processo Sciarpelletti sono state decise dall’Aigav, e non dal Vaticano: E ciò semplicemente perché fare un pool è una cosa seria, e che chiede responsabilità, ed è dovere dell’Associazione fare in modo che i pool restino una cosa seria. Se poi la Sala Stampa vaticana abbia deciso o deciderà a sua volta di prendere provvedimenti, e quali, nei confronti di chi ha violato le regole, è una cosa che non riguarda l’Aigav. Quello che è nostro dovere, nel rispetto di regole che impediscano a qualcuno di provare a “fare il furbo”, è assicurare il massimo della copertura possibile al più alto livello possibile. E – come è scritto nella lettera che avete pubblicato – parliamo di regole non provenienti né dall’Aigav né dal Vaticano, ma internazionali, stabilite sulla base di un accordo tra gentiluomini; e dunque chiedere ai colleghi di esprimere liberamente il proprio voto per arrivare alla composizione del pool mi sembra un esempio di trasparenza e correttezza, piuttosto che un’oscura manovra per favorire “cronisti accettati” (e da chi, poi?)
Per tutto questo, pur comprendendo che vi corra l’obbligo di fare sempre gli spiritosi, mi sembra del tutto fuori luogo, oltre che gratuitamente offensivo, parlare di “penne al guinzaglio” e di “reportaggi farsa”. Perfino un foglio satirico come il vostro dovrebbe avere più rispetto soprattutto, ripeto, quando non si ha idea di che cosa si stia parlando, come mi sembra del tutto evidente.
Quanto al fatto che si tratterà di un processo-farsa, o che lo sia stato quello a Gabriele, è un giudizio la cui responsabilità ovviamente lascio a voi. Sicuramente però, lo ribadisco, non è stata una farsa il “reportaggio”, né si può dire che il processo non sia stato trasparente.
Cordialmente 
Salvatore Mazza

Vedi anche:

Processo Sciarpelletti: le regole del pool di giornalisti ammesso alle udienze

VESPRI NELLA CAPPELLA SISTINA: OMELIA DEL PAPA

Il Papa: "La Cappella Sistina, contemplata in preghiera, è ancora più bella, più autentica; si rivela in tutta la sua ricchezza. Qui tutto vive, tutto risuona a contatto con la Parola di Dio"

Michelangelo e la Cappella Sistina. La "genesi" di un capolavoro (Larcan)

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Il Papa celebra i Vespri nella Cappella Sistina, per i 500 anni degli affreschi di Michelangelo. Intervista con Paolucci


Il Papa celebra i Vespri nella Cappella Sistina, per i 500 anni degli affreschi di Michelangelo. Intervista con Paolucci 

Un grande evento per tutti i fedeli e per tutti i cultori dell'arte. Benedetto XVI presiederà stasera, alle 18.00, nella Cappella Sistina il rito dei Vespri per suggellare i 500 anni della Volta dipinta da Michelangelo, i cui affreschi venivano inaugurati il 31 ottobre del 1512 dal Papa Giulio II, nella vigilia - come oggi - della Festa di Ognissanti. Ma che cosa rende questo luogo dopo 5 secoli un'esperienza indimenticabile per oltre 5 milioni di persone che lo visitano ogni anno, ponendo anche rischi per la sua conservazione? Roberta Gisotti lo ha chiesto al prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, che anticipa ai nostri microfoni la notizia di un nuovo impianto di climatizzazione per la Cappella Sistina: 

R. – Bisogna pensare alla Cappella Sistina non soltanto come al luogo eminente dell’arte universale, è infatti uno dei luoghi museali più celebri del mondo. Bisogna pensare anche a ciò che la Cappella Sistina significa nell’immaginario universale. E’ il luogo dove si celebrano le grandi liturgie papali, dove i cardinali eleggono il nuovo Pontefice, e tutto questo ha una suggestione straordinaria sui credenti e sulle donne e sugli uomini di tutto il mondo, di ogni credo o di nessuna religione. Poi, naturalmente, c’è il fatto che Michelangelo è di per sé un’attrazione straordinaria. Credo che fra tutti gli artisti del tempo presente, nella sensibilità dei nostri contemporanei, Michelangelo stia al primo posto insieme a Leonardo Da Vinci. Poi resta importante per il miliardo e passa di cattolici che abitano il mondo, che la Cappella Sistina sia il luogo identitario della Chiesa cattolica. Le sue pitture e i suoi affreschi rappresentano il catechismo basico della nostra fede. La teologia, la dottrina cattolica, sono rappresentate negli affreschi non solo di Michelangelo, ma anche di Botticelli, di Perugino, del Ghirlandaio e di Rosselli: dalla consegna delle chiavi alle storie di Mosé, a quelle di Cristo, l’inizio del mondo e la sua fine, l’Alfa e l’Omega, l’Apocalisse, l’Inferno e il Paradiso... Tutto il catechismo sta, potremmo dire, nelle figure della Cappella Sistina.

D. – Lei ha lanciato un allarme circa le condizioni di conservazione della cappella Sistina e alcuni mass media hanno parlato anche della possibilità di dover adottare un numero chiuso di visitatori…

R. – La mia preoccupazione adesso è quella di controllare e quindi di eliminare le variabili di rischio che una pressione antropica così forte, un numero così grande di visitatori, può portare. Non che ci siano pericoli nel breve periodo per gli affreschi di Michelangelo e degli altri. Ma tutta questa gente, cinque milioni di persone all’anno, in certi giorni anche oltre ventimila persone, portano con la loro stessa presenza rischi: le polveri che ognuno di noi porta con sé venendo da fuori, per esempio l’umidità, la temperatura, l’anidride carbonica, effetto della nostra respirazione. Se si tiene conto che poi l’umidità interna alla Cappella Sistina e la temperatura, non sono a oggi controllate nel modo rigoroso che sarebbe giusto avere, tutti questi elementi inquinanti esterni, sposandosi con una situazione climatica non omogenea, alla lunga possono innescare processi di degrado. Allora, piuttosto che mettere il numero chiuso, io sto esplorando - e lo sto facendo con l’azienda più importante al mondo in questo settore - un nuovo sistema di climatizzazione di ultima generazione dell’ambiente, che permetta di abbattere gli inquinanti, le polveri, che porti a livelli assolutamente controllati l’umidità e la temperatura, quindi a garantire buona salute alla Cappella Sistina e ai suoi affreschi per i prossimi cinque secoli. Siamo vicini a presentare il progetto. E’ questione di qualche settimana e poi potremo presentarlo al pubblico. Poi dopo, siccome i finanziamenti ci sono, entro l’anno prossimo, questo nuovo sistema dovrebbe essere messo in opera.

D. - Quindi c’è già accordo sulla possibilità di portare avanti questo progetto...

R. – Sì, certo, c’è accordo con le autorità vaticane, nessuno poteva dubitare che ci sarebbe stato. La Cappella Sistina sta a cuore a tutti.

D. - Le notizie dunque sono buone, ci sono pericoli ma si provvederà...

R. – Ci sono pericoli che sono sotto controllo e stiamo approntando le necessarie provvidenze per scongiurare effetti possibili nei tempi lunghi su questi fenomeni di ‘cattivo’ clima che ho indicato.

© Copyright Radio Vaticana

Benedetto XVI durante l’incontro settimanale con i fedeli si sofferma sul senso della comunione nella Chiesa (O.R.)


Benedetto XVI durante l’incontro settimanale con i fedeli si sofferma sul senso della comunione nella Chiesa

Il luogo della fede

Preghiere e solidarietà per le vittime dell’uragano che ha investito gli Stati Uniti d’America

Preghiera per le vittime e solidarietà con quanti sono alle prese con le conseguenze del devastante uragano che ha investito nei giorni scorsi la costa orientale degli Stati Uniti d’America sono state espresse dal Papa questa mattina, mercoledì 31 ottobre, durante il settimanale incontro con i fedeli in piazza San Pietro.
Prima di rivolgere il suo pensiero alle popolazioni americane colpite dall’uragano, Benedetto XVI aveva proposto una riflessione sul senso della fede personale, per sottolineare come solo nella Chiesa essa trovi la sua origine, il suo fondamento, il suo nutrimento.  
La Chiesa, ha ripetuto il Pontefice, è il luogo della fede e, «malgrado le sue debolezze e i suoi limiti, i cristiani che si lasciano guidare e formare dalla fede della Chiesa diventano come una finestra aperta che riceve la luce divina e la trasmette al mondo».
«La tendenza, oggi diffusa, a relegare la fede nella sfera del privato — ha concluso il Papa — contraddice  quindi la sua stessa natura. Abbiamo bisogno della Chiesa per avere conferma della nostra fede».

(©L'Osservatore Romano 1° novembre 2012)

Udienza generale: servizio di Rome Reports

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Il Papa: la fede si poggia sia sulla Parola sia sulla Tradizione (Izzo)

PAPA: LA FEDE SI POGGIA SIA SULLA PAROLA CHE SULLA TRADIZIONE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 ott. 

"Se la Sacra Scrittura contiene la Parola di Dio, la Tradizione della Chiesa la conserva e la trasmette fedelmente, perche' gli uomini di ogni epoca possano accedere alle sue immense risorse e arricchirsi dei suoi tesori di grazia". 
Benedetto XVI lo ha ricordato nella catechesi all'Udienza Generale di oggi, citando in proposito il Concilio Vaticano II, per il quale la Chiesa "nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto trasmette a tutte le generazioni tutto cio' che essa e', tutto cio' che essa crede".
"La Chiesa - ha ricordato il Pontefice - fin dagli inizi e' il luogo della fede, il luogo della trasmissione della fede, il luogo in cui, per il Battesimo, si e' immersi nel Mistero Pasquale della Morte e Risurrezione di Cristo, che ci libera dalla prigionia del peccato, ci dona la liberta' di figli e ci introduce nella comunione col Dio Trinita', nella sua Vita che e' Amore". 
Secondo il Papa teologo, dunque, "vi e' un'ininterrotta catena di vita della Chiesa, di annuncio della Parola di Dio, di celebrazione dei Sacramenti, che giunge fino a noi e che chiamiamo Tradizione. 
Essa ci da' la garanzia che cio' in cui crediamo e' il messaggio originario di Cristo, predicato dagli Apostoli".
In proposito, il Pontefice ha citato ancora il Concilio Vaticano II, rilevando che "la predicazione apostolica, espressa in modo speciale nei libri ispirati, doveva essere consegnata con successione continua fino alla fine dei tempi".
Proprio oggi, al termine dell'Udienza Generale tenuta in piazza San Pietro, il Papa ha salutato e si e' lasciato fotografare con un gruppo di cardinali e vescovi del "Vox Clara Committee" l'organismo presieduto dall'arcivescovo di Sydney George Pell che per conto della Congregazione del Culto ha curato la traduzione del messale in inglese. 

© Copyright (AGI)

Il Papa: Ogni cristiano deve impegnarsi ad essere comunicatore della fede


BENEDETTO XVI: UDIENZA, OGNI CRISTIANO DEVE “ESSERE COMUNICATORE DELLA FEDE”

“Ogni cristiano deve impegnarsi ad essere comunicatore della fede”. 
Lo ha detto il Papa nella catechesi dell’udienza generale di oggi dedicata alla natura, personale e comunitaria, della fede. 
“Non certo - ha puntualizzato Benedetto XVI - a parlare e agire in modo proprio, ma in forza dell’unica fede della famiglia di Dio, della Chiesa”. 
“Ogni divisione nella confessione della stessa fede è un colpo inferto al corpo stesso di Cristo che è la sua Chiesa”, l’ammonimento del Papa, che ha esortato i cristiani a “diventare un punto di riferimento per tutti gli altri, mettendoli così in contatto con la persona e con il messaggio di Gesù, che rivela il volto del Dio vivente”. 
“Un cristiano che si lascia plasmare dalla fede della Chiesa - la certezza del Pontefice - nonostante le sue debolezze, i suoi limiti e le sue difficoltà, diventa come una finestra aperta alla luce del Dio vivente, che riceve questa luce e la trasmette al mondo”. 
“La nuova evangelizzazione - ha detto il Papa tornando sul tema del recente Sinodo - si fonda primariamente sulla fiducia nell’iniziativa di Dio. 
Sulla certezza che egli, infinitamente buono e provvidente, accompagna, guida e sostiene ciascuno di noi e l’intera comunità ecclesiale nel suo cammino, non abbandona mai il suo popolo, anzi, lo conduce come Buon Pastore”.

© Copyright Sir

Il Papa: la fede non è il prodotto di un mio pensiero (Sir)


BENEDETTO XVI: UDIENZA, LA FEDE “NON È IL PRODOTTO DI UN MIO PENSIERO”

“La tendenza, oggi diffusa, a relegare la fede nella sfera del privato contraddice la sua stessa natura”. Lo ha detto il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi ha spiegato come “la nostra fede è veramente personale, solo se è comunitaria: può essere la mia fede, solo se si vive e si muove nel ‘noi’ della Chiesa, solo se è la nostra fede, la fede della Chiesa”.
 “Abbiamo bisogno della Chiesa - ha affermato Benedetto XVI - per avere conferma della nostra fede e per fare esperienza dei doni di Dio: la sua Parola, i sacramenti, il sostegno della grazia e la testimonianza dell’amore”. In un mondo in cui “l’individualismo sembra regolare i rapporti tra le persone, rendendoli sempre più fragili”, per il Papa “la fede ci chiama ad essere Chiesa, portatori dell’amore e della comunione di Dio per tutto il genere umano”. 
“Non posso costruire la mia fede in un dialogo privato con Gesù - ha ammonito il Papa - perché la fede mi viene donata da Dio attraverso una comunità credente che è la Chiesa e mi inserisce nella moltitudine dei credenti in una comunione che non è solo sociologica, ma radicata nell’eterno amore di Dio”. La fede, in altre parole “non è il prodotto di un mio pensiero, ma è frutto di una relazione, di un dialogo” in cui “il comunicare con Gesù mi fa uscire dal mio io racchiuso in se stesso per aprirmi all’amore del Padre”. 
In questa prospettiva, la fede cristiana “è come una rinascita, in cui mi scopro unito non solo a Gesù, ma a tutti quelli che hanno camminato e camminano sulla stessa via”. E “questa nuova nascita, che inizia con il battesimo, continua per tutto il percorso dell’esistenza”. 
“La nostra fede è veramente personale solo se è comunitaria”, ha spiegato il Papa, cioè “solo se vive e si muove nel ‘noi’ della Chiesa”. “La fede nasce nella Chiesa, conduce ad essa e vive in essa”, ha affermato il Santo Padre, ricordando che la Chiesa “fin dagli inizi è il luogo della fede, il luogo della trasmissione della fede”, in cui “siamo immersi nella comunione con gli altri fratelli e sorelle di fede, con l’intero corpo di Cristo, tirati fuori dal nostro isolamento”. 
La Chiesa è un “popolo”, come ci insegna il Concilio, ed è un “popolo cattolico”, che “parla lingue nuove, universalmente aperto ad accogliere tutti, oltre ogni confine, abbattendo tutte le barriere”. “La fede è virtù teologale, donata da Dio, ma trasmessa dalla Chiesa lungo la storia”, ha precisato il Papa: di qui l’importanza della tradizione, che “ci dà la garanzia che ciò in cui crediamo è il messaggio originario di Cristo, predicato dagli apostoli” e oggi trasmessa “fedelmente” dalla Chiesa, “perché gli uomini di ogni epoca possano accedere alle sue immense risorse e arricchirsi dei suoi tesori di grazia”.

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Il Papa: relegare la fede nella sfera del privato contraddice la sua stessa natura (Ambrogetti)

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Nuovi orizzonti di comunione per la vita consacrata. Il cardinale João Braz de Aviz inaugura l'anno accademico dello Studium del dicastero per i religiosi

Il cardinale João Braz de Aviz inaugura l'anno accademico dello Studium del dicastero per i religiosi

Nuovi orizzonti di comunione per la vita consacrata


Con un duplice invito ad approfondire «la co-essenzialità tra la dimensione magisteriale-petrina e quella carismatico-mariana della Chiesa» e a rilanciare «la spiritualità di comunione», il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, ha inaugurato il 24 ottobre l'anno accademico 2012-2013 del rinnovato Studium del dicastero.

Il porporato brasiliano ha infatti colto «molti segnali» che indicano come entrambe queste dimensioni non siano ancora diffusamente condivise e attuate a tutti i livelli della vita della Chiesa. Da qui l'appello affinché la scuola della Congregazione possa divenire uno di quei luoghi di formazione e di educazione alla comunione di cui parla Novo millennio ineunte.
Chiedendosi «come si attua in concreto la comunione, quali sono gli strumenti per apprenderla, quali cambiamenti ne conseguono per l'agire ecclesiale, per i rapporti tra struttura gerarchica e dimensione carismatica, per la vita concreta delle comunità dei consacrati», il relatore ha esortato gli iscritti allo Studium ad approfondire entrambe le tematiche e magari a dedicare loro «uno studio particolare o farne oggetto dell'esercitazione scritta che verrà richiesta alla fine del biennio».
Laboratorio di studio e di approfondimento dell'identità carismatica e istituzionale della vita consacrata, la scuola è diretta dai due sotto-segretari della Congregazione, suor Nicla Spezzati, delle Adoratrices Sanguinis Christi, e padre Sebastiano Paciolla, cistercense. Ambedue, nel ripensarla a sessant'anni dal suo inizio, hanno voluto renderla più idonea a rispondere alle istanze ecclesiali e culturali contemporanee, trasformando la vecchia «scuola pratica» nell'attuale «scuola interdisciplinare per la formazione al magistero ecclesiale e alla normativa canonica sulla vita consacrata nella Chiesa». E se in questi sessant'anni «migliaia di persone, soprattutto consacrate e consacrati, ne hanno fruito -- ha ricordato il cardinale prefetto -- per utilità propria e dei rispettivi istituti», quest'anno il programma dello Studium è stato riformulato e aggiornato, per cui «allo studio delle implicazioni più strettamente giuridiche dello stato di vita dei consacrati, si aggiunge una più esplicita attenzione alle indicazioni provenienti dal magistero della Chiesa (documenti del Vaticano II e magistero ordinario del Sommo Pontefice) e al più generale quadro di riflessione della teologia e della spiritualità sulla vita consacrata». Anche perché -- ha assicurato -- i nomi dei professori che integrano il corpo docente dello Studium, tra i quali molti officiali della Congregazione, «garantiscono solidità dottrinale e consolidata conoscenza anche pratica delle materie di insegnamento».
Il porporato brasiliano ha sviluppato i due orizzonti entro i quali ritiene opportuno collocare oggi ogni riflessione sulla vita consacrata, come egli stesso ha fatto di recente parlando in diversi contesti: capitoli generali, convegni di vescovi e celebrazioni varie.
Riguardo al primo -- la co-essenzialità fra dimensione istituzionale e dimensione carismatica della Chiesa -- ha sottolineato come uno dei punti qualificanti dell'approfondimento del concilio Vaticano II sulla Chiesa sia stato proprio il recupero della sua natura carismatica, rimasta fino ad allora un po' in ombra. Specialmente la Lumen gentium mostra che il grande “attore protagonista” è lo Spirito Santo, indicando «inequivocabilmente come i consacrati appartengano alla Chiesa e come il loro stato di vita ne esprima una dimensione fondamentale». Così «grazie al recupero del ruolo primario e dinamico dello Spirito Santo -- ha spiegato il cardinale Braz de Aviz -- è stato possibile riscoprire la presenza e la funzione dei carismi, fino a riconoscere la dimensione carismatica della Chiesa come co-essenziale accanto a quella istituzionale, che storicamente aveva preso il sopravvento fino quasi a oscurare l'altra». E se il cardinale belga Leo Suenens ha dato un contributo decisivo a questa riscoperta, già san Paolo In Efesini 2, 20 aveva affermato che «la Chiesa di Cristo è fondata sugli apostoli e sui profeti: solo l'unità nell'amore le restituisce interamente la sua fisionomia. Ministeri e carismi dunque sono entrambi co-essenziali alla identità umano-divina della Chiesa nella sua ricca molteplice unità».
Successivamente la co-essenzialità è stata espressamente affermata nel 1987 da Giovanni Paolo II, che parlando dei nuovi movimenti ecclesiali, li ha riconosciuti come fondati su quei “doni carismatici” che, insieme ai “doni gerarchici”, provengono dall'unico Spirito per l'utilità della Chiesa; e che, nel contesto del congresso mondiale dei movimenti ecclesiali preparatorio alla grande veglia di Pentecoste del 30 maggio 1998, ha ripetuto che tra dimensione istituzionale e dimensione carismatica nella Chiesa non esiste contrapposizione.
Inoltre -- ha proseguito il relatore -- «l'accostamento della dimensione istituzionale e di quella carismatica come co-essenziali all'identità e alla missione della Chiesa rimanda a un altro binomio messo in luce sempre dal beato Giovanni Paolo II: quello del rapporto tra profilo petrino e profilo mariano». Lo testimonia il suo discorso alla Curia romana del 22 dicembre 1987, in cui Papa Wojtyła si rifaceva a un'idea proposta dal teologo svizzero Hans Urs von Balthasar, «secondo il quale l'aspetto istituzionale e ministeriale della Chiesa ne rappresenta il principio (o profilo) petrino, mentre quello profetico/carismatico può essere definito come il principio (o profilo) mariano. Maria, la prima credente e quindi modello di ogni cristiano e dell'intera Chiesa, non ha nella comunità dei credenti un compito istituzionale; solo rivestita di Spirito santo, sintetizza in sé tutti i doni di grazia che la Chiesa riceve da Dio per essere santa. Il carisma di Maria, spiega von Balthasar, è come il carisma onnicomprensivo nel quale ciascun carisma si scopre. Questi due principi sono “coestentivi con la Chiesa” tanto da poter dire che “tutta la Chiesa è petrina; tutta la Chiesa è mariana” e sono tra loro in relazione dinamica di amore reciproco: si necessitano mutuamente e si articolano fino al punto da poter parlare di una relazione animata dalla legge trinitaria dell'amore vicendevole».
In pratica il Pontefice polacco affermava che il profilo mariano -- cioè la dimensione carismatica -- «è altrettanto fondamentale e caratterizzante la Chiesa di quello petrino, se non di più. Essi sono fra loro strettamente uniti e complementari, e addirittura il principio mariano precede quello petrino (perché Maria viene prima di Pietro e degli apostoli) ed è di esso più alto e preminente».
A sostegno di questa tesi il cardinale ha anche citato l'esortazione apostolica Vita consecrata, che ha raccolto la ricca elaborazione dottrinale del Sinodo speciale del 1994 sui religiosi e la loro missione nella Chiesa e nel mondo, per ribadire «il carattere divino della fondazione della vita consacrata e carismatica e al contempo la co-essenzialità del carisma rispetto al ministero».
Quanto alla seconda tematica -- i religiosi e la comunione nella Chiesa -- è ancora Giovanni Paolo II a indicarla nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte (2001) come compito a tutta la Chiesa. «Fonte e modello della comunione tra coloro che formano l'unico popolo di Dio -- ha detto il cardinale citando il numero 4 della Lumen gentium, che riprende la celebre espressione di san Cipriano -- è la Trinità, tanto da poter definire la Chiesa “un popolo che deriva la sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”». E se tutta la Chiesa deve vivere la comunione sul modello trinitario, i consacrati ne sono gli “specialisti”, perché «questa è l'essenza della loro scelta di vita: l'unione con Dio e l'unione fra loro nella vita fraterna». Infatti, «pur nella varietà delle ispirazioni e delle forme in cui si è storicamente espressa, la vita consacrata è sempre stata consapevole di dover guardare non solo all'esempio di comunione indicato dagli Atti degli apostoli fra la primitiva comunità cristiana di Gerusalemme -- dove tutti erano “un cuore solo e un'anima sola” (4, 32) -- ma ancor più radicalmente al suo modello originale, al prototipo di comunione delle tre divine persone nella Trinità». E a tale proposito il porporato ha precisato «che la vita di comunione di impronta trinitaria che costituisce l'identità e la missione della Chiesa prima, e poi della vita consacrata, è anzitutto un dono; diversamente sarebbe una pretesa sovrumana e resterebbe un ideale impossibile da raggiungere».
Infine, a conclusione del suo intervento, il prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha augurato ai presenti, studenti e docenti, un anno ricco di studio e di apprendimento, che possa essere di giovamento alla vita dei religiosi e degli istituti di appartenenza, «cominciando fin d'ora a sperimentare quello stile di amore reciproco e di comunione che rende così affascinante e attraente» la vita dei consacrati.

(©L'Osservatore Romano 31 ottobre 2012)

Il Papa: oggi il tempo poteva essere anche peggiore. Gli sposi diano il giusto spazio alla preghiera (Izzo)

PAPA: OGGI IL TEMPO POTEVA ESSERE ANCHE PEGGIORE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 ott. - Al termine dell'Udienza Generale, tenuta sotto una pioggia intermittente, Benedetto XVI ha ringraziato "per la pazienza" i 20 mila fedeli presenti in piazza San Pietro, ed ha detto "il tempo e' brutto ma poteva essere anche peggiore". (AGI)

PAPA: GLI SPOSI DIANO IL GIUSTO SPAZIO ALLA PREGHIERA


Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 ott. - "Cari sposi, sappiate dare il giusto spazio alla preghiera, perche' la vostra vita coniugale sia un cammino di santita'". Lo ha detto il Papa al termine dell'Udienza Generale, rivolgendosi alle coppie di coniugi che hanno contratto recentemente le nozze. (AGI)

“Contro Halloween vestitevi da santi” (Marchese Ragona)

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Il Papa all'udienza generale: la fede nasce e vive nella Chiesa, non è un fatto privato (R.V.)


Il Papa all'udienza generale: la fede nasce e vive nella Chiesa, non è un fatto privato 

Non esiste vera fede se non vissuta all’interno della Chiesa. Benedetto XVI lo ha ribadito questa mattina durante la catechesi dell’udienza generale, presieduta in Piazza San Pietro davanti a circa 20 mila fedeli. Il Papa ha definito una contraddizione la “tendenza” oggi diffusa di “relegare la fede nella sfera del privato”. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

La fede è “popolo”, è “luce”. La fede non è da nascondere dietro un angolo, della società o dell’anima. Al terzo mercoledì di udienza generale dedicato all’Anno della Fede - in una Piazza San Pietro affollata nonostante nuvole e pioggia - Benedetto XVI dà nuova plasticità a un’altra di quelle che la settimana scorsa aveva chiamato “verità elementari”. Anche stavolta a innescare la sua riflessione è una domanda: la fede, in quanto mia è “individuale”, la vivo “da solo”?: 

“Certo, l’atto di fede è un atto eminentemente personale, che avviene nell’intimo più profondo e che segna un cambiamento di direzione, una conversione personale: è la mia esistenza personale che riceve una svolta (...) Ma questo mio credere non è il risultato di una mia riflessione solitaria, non è il prodotto di un mio pensiero, ma è frutto di una relazione, di un dialogo, in cui c’è un ascoltare, un ricevere e un rispondere; è il comunicare con Gesù che mi fa uscire dal mio ‘io’ racchiuso in me stesso per aprirmi all’amore di Dio Padre".

La fede, ha proseguito il Papa, non è allora “un dialogo privato con Gesù”: è un dono che viene da Dio e, ha sottolineato, arriva attraverso la Chiesa. “Fin dagli inizi”, ha ribadito, è la Chiesa “il luogo della fede”, “il luogo di trasmissione della fede”. Per questo, la Chiesa non è una entità “sociologica”, ma una comunità radicata in Dio, in Gesù, nello Spirito:

“La nostra fede è veramente personale, solo se è anche comunitaria: può essere la mia fede, solo se vive e si muove nel ‘noi’ della Chiesa, solo se è la nostra fede, la comune fede della Chiesa unica (…) La Chiesa è la Madre di tutti i credenti. ‘Nessuno può dire di avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa come Madre’. Quindi la fede nasce nella Chiesa, conduce ad essa e vive in essa. Questo è importante ricordarlo”.

Chiariti i principi, Benedetto XVI è passato al modo in cui, da duemila anni, la Chiesa li annuncia e li testimonia. In particolare, ha messo in luce l’importanza della “Tradizione”, che “dà la garanzia – ha asserito – che ciò in cui crediamo è il messaggio originario di Cristo, predicato dagli Apostoli”:

“Se la Sacra Scrittura contiene la Parola di Dio, la Tradizione della Chiesa la conserva e la trasmette fedelmente, perché gli uomini di ogni epoca possano accedere alle sue immense risorse e arricchirsi dei suoi tesori di grazia”.

Infine, l’ultima, fondamentale, indicazione di Benedetto XVI: “È nella comunità ecclesiale che la fede personale cresce e matura”. Per cui, la nuova evangelizzazione – al centro del Sinodo appena terminato – altro non è che l’espressione pubblica, accompagnata dalla grazia di Dio, di questa fede. Per questo, ha concluso:

“La tendenza, oggi diffusa, a relegare la fede nella sfera del privato contraddice la sua stessa natura. Abbiamo bisogno della Chiesa per avere conferma della nostra fede e per fare insieme esperienza dei doni di Dio: la sua Parola, i Sacramenti, il sostegno della grazia e la testimonianza dell’amore (…) In un mondo in cui l’individualismo sembra regolare i rapporti fra le persone, rendendole sempre più fragili, la fede ci chiama ad essere popolo di Dio, ad essere Chiesa, portatori dell’amore e della comunione di Dio per tutto il genere umano”.

Al termine delle catechesi in sintesi e in otto lingue, tra cui l’arabo, il Papa ha salutato, fra gli altri, i rettori delle Università cattoliche, riuniti a Roma, e ha ricordato la Solennità di domani di Tutti i Santi. 

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UDIENZA GENERALE: IL TESTO DELLA CATECHESI DEL PAPA

Il Papa: "La nostra fede è veramente personale, solo se è comunitaria: può essere la mia fede, solo se vive e si muove nel «noi» della Chiesa, solo se è la nostra fede, la comune fede della Chiesa unica"

Sandy: le vittime arrivano a 50. Il Papa: «Prego per loro» (Tempi)

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Il Papa: la fede è veramente personale se il mio "io" sì unisce al "noi" della Chiesa (AsiaNews)

Papa: la fede è veramente personale se il mio "io" sì unisce al "noi" della Chiesa

Udienza generale ancora dedicata all'Anno della fede. Credere è certamente atto individuale, ma "la fede è veramente personale solo se è comunitaria". Non posso costruire la mia fede personale in un dialogo privato con Gesù, perché la fede mi viene donata da Dio attraverso una comunità credente che è la Chiesa, che ci dà la garanzia che ciò in cui crediamo è il messaggio originario di Cristo, predicato dagli apostoli. 

Città del Vaticano (AsiaNews) 

L'atto di fede è certamente un atto individuale, che avviene nell'io più profondo, ma "la fede è veramente personale solo se è comunitaria, se si muove nel 'noi' della Chiesa", che ci permette di divenire "come una finestra, che riceve la luce del Dio vivente e la trasmette al mondo", perché "la fede si rafforza donandola". Ancora "domande sulla fede" nella catechesi di Benedetto XVI per l'udienza generale di questo Anno della fede.
E se la settimana scorsa la questione riguardava la fede come dono di Dio, "perché è Dio che prende l'iniziativa, così la fede è una risposta con la quale noi Lo accogliamo come verità e fondamento stabile della nostra vita", oggi il Papa ha chiesto alle 10mila persone presenti in piazza san Pietro malgrado la giornata piovigginosa - ma, ha scherzato, "poteva essere peggio" -, "se la fede ha un carattere solo personale, individuale? Interessa solo la mia persona? Vivo la mia fede da solo?".
La risposta parte dal Battesimo, quando il sacerdote chiede al battezzando se crede in Dio Padre, in Gesù suo unico figlio e nello Spirito Santo. Il "credo" col quale si risponde "non è il risultato di una mia riflessione solitaria, non è il prodotto di un mio pensiero, ma è frutto di una relazione, di un dialogo, in cui c'è un ascoltare, un ricevere e un rispondere; è il comunicare con Gesù che mi fa uscire dal mio «io» racchiuso in me stesso per aprirmi all'amore di Dio Padre. E' come una rinascita in cui mi scopro unito non solo a Gesù, ma anche a tutti quelli che hanno camminato e camminano sulla stessa via; e questa nuova nascita, che inizia con il Battesimo, continua per tutto il percorso dell'esistenza. Non posso costruire la mia fede personale in un dialogo privato con Gesù, perché la fede mi viene donata da Dio attraverso una comunità credente che è la Chiesa e mi inserisce nella moltitudine dei credenti in una comunione che non è solo sociologica, ma radicata nell'eterno amore di Dio".
Così, quando durante la messa si recita il Credo "noi ci esprimiamo in prima persona, ma confessiamo comunitariamente l'unica fede della Chiesa. Quel «credo» pronunciato singolarmente si unisce a quello di un immenso coro nel tempo e nello spazio, in cui ciascuno contribuisce, per così dire, ad una concorde polifonia della fede".
D'altronde fin dalla Pentecoste, "quando comincia il cammino della Chiesa" essa è "una comunità" che porta "fino ai confini del mondo" l'annuncio della morte e della risurrezione di Gesù. "E' il Popolo di Dio fondato sulla nuova alleanza grazie al sangue di Cristo e i cui membri non appartengono ad un particolare gruppo sociale o etnico, ma sono uomini e donne provenienti da ogni nazione e cultura. E' un popolo «cattolico», cioè che parla lingue nuove, universalmente aperto ad accogliere tutti, oltre ogni confine, abbattendo tutte le barriere".
E c'è "un'ininterrotta catena di vita della Chiesa, di annuncio della Parola di Dio, di celebrazione dei sacramenti - ha rilevato - che giunge fino a noi e che chiamiamo Tradizione. Essa ci dà la garanzia che ciò in cui crediamo è il messaggio originario di Cristo, predicato dagli apostoli".
"La tendenza, oggi diffusa, a relegare la fede nella sfera del privato - la conclusione del Papa -  contraddice la sua stessa natura. Abbiamo bisogno della Chiesa per avere conferma della nostra fede e per fare insieme esperienza dei doni di Dio: la sua Parola, i sacramenti, il sostegno della grazia e la testimonianza dell'amore. Così il nostro «io» nel «noi» della Chiesa potrà percepirsi, ad un tempo, destinatario e protagonista di un evento che lo supera: l'esperienza della comunione con Dio, che fonda la comunione tra gli uomini. In un mondo in cui l'individualismo sembra regolare i rapporti fra le persone, rendendole sempre più fragili, la fede ci chiama ad essere popolo di Dio, ad essere Chiesa, portatori dell'amore e della comunione di Dio per tutto il genere umano".


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Sandy, il Papa: prego per le vittime ed esprimo solidarietà (Izzo)

SANDY: PAPA, PREGO PER LE VITTIME ED ESPRIMO SOLIDARIETA'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 ott. - "Consapevole della devastazione causata dall'uragano che ha recentemente colpito la costa orientale degli Stati Uniti d'America", a conclusione dell'Udienza Generale, Benedetto XVI ha assicurato la sua "preghiera per le vittime" ed espresso "solidarieta' a tutti coloro che sono impegnati nel lavoro di ricostruzione". (AGI)

Il Papa: "La fede non è fatto privato ma si vive nella comunità" (Speciale)

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Il Papa: La tendenza, oggi diffusa, a relegare la fede nella sfera del privato contraddice la natura stessa della fede (Asca)


Papa: ''Fede non e' fatto privato ma vive solo dentro la Chiesa''

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 31 ott 

''La tendenza, oggi diffusa, a relegare la fede nella sfera del privato contraddice'' la natura stessa della fede: lo ha ricordato questa mattina papa Benedetto XVI davanti a circa 10mila pellegrini accorsi in piazza San Pietro per l'udienza generale. 
Il pontefice ha da poco iniziato una serie di catechesi sull'Anno della Fede. ''La nostra fede - ha aggiunto - e' veramente personale, solo se e' comunitaria: puo' essere la mia fede, solo se si vive e si muove nel ''noi' della Chiesa, solo se e' la nostra fede, la fede della Chiesa''. 
Per questo, ha spiegato, ''abbiamo bisogno della Chiesa per avere conferma della nostra fede e per fare esperienza dei doni di Dio: la sua Parola, i sacramenti, il sostegno della grazia e la testimonianza dell'amore''.
In un mondo in cui ''l'individualismo sembra regolare i rapporti tra le persone, rendendoli sempre piu' fragili'', per il Papa ''la fede ci chiama ad essere Chiesa, portatori dell'amore e della comunione di Dio per tutto il genere umano''. 
Quindi, la fede ''non e' il prodotto di un mio pensiero, ma e' frutto di una relazione, di un Dialogo''.
''La nostra fede - ha concluso - e' veramente personale solo se e' comunitaria'', ha spiegato il Papa, cioe' ''solo se vive e si muove nel ''noi' della Chiesa''.

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La disobbedienza al Papa. Riflessione di P. Giovanni Cavalcoli

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Il Papa: grazie alla fede possono diventare santi anche i peccatori. Credere è atto ecclesiale, c'è un'unica fede cristiana (Izzo)

PAPA: GRAZIE ALLA FEDE POSSONO DIVENTARE SANTI ANCHE I PECCATORI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 ott. 


"Nel Nuovo Testamento il termine 'santi' designa i cristiani nel loro insieme, e certamente non tutti avevano le qualita' per essere dichiarati santi dalla Chiesa". 
Per Benedetto XVI questo si spiega con il fatto che "coloro che avevano e vivevano la fede in Cristo risorto erano chiamati a diventare un punto di riferimento per tutti gli altri, mettendoli cosi' in contatto con la Persona e con il Messaggio di Gesu', che rivela il volto del Dio vivente". 
E, ha aggiunto all'Udienza Generale di oggi, vigilia della Festa di Ognissanti, "questo vale anche per noi".
"Un cristiano che si lascia guidare e plasmare dalla fede della Chiesa, nonostante le sue debolezze, i suoi limiti e le sue difficolta', diventa - ha assicurato il Papa - come una finestra aperta alla luce del Dio vivente, che riceve questa luce e la trasmette al mondo". In proposito, il Pontefice tedesco ha citato il suo predecessore polacco: il Beato Giovanni Paolo II che nell'Enciclica Redemptoris missio sottolineo' che "la missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l'identita' cristiana, da' nuovo entusiasmo e nuove motivazioni". 

"La fede - ha concluso - si rafforza donandola!". 

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PAPA: CREDERE E' ATTO ECCLESIALE, C'E' UN'UNICA FEDE CRISTIANA


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 31 ott. 

"Alla domenica, nella santa messa, recitando il 'Credo', noi ci esprimiamo in prima persona, ma confessiamo comunitariamente l'unica fede della Chiesa. Quel 'credo' pronunciato singolarmente si unisce a quello di un immenso coro nel tempo e nello spazio, in cui ciascuno contribuisce, per cosi' dire, ad una concorde polifonia della fede". 
Lo ha ricordato Benedetto XVI nell'Udienza Generale di oggi, tenuta in piazza San Pietro per 20 mila fedeli.
"La nostra fede - ha spiegato - e' veramente personale, solo se e' comunitaria". E' autenticamente 'mia', ha scandito, "solo se vive e si muove nel 'noi' della Chiesa, solo se e' la nostra fede, la comune fede della Chiesa unica".
Come cristiani, ha aggiunto il Papa, "siamo immersi nella comunione con gli altri fratelli e sorelle di fede, con l'intero Corpo di Cristo, tirati fuori dal nostro isolamento". Per questo, "nella liturgia del Battesimo, notiamo che, a conclusione delle promesse in cui esprimiamo la rinuncia al male e ripetiamo 'credo' alle verita' centrali della fede, il celebrante dichiara: 'Questa e' la nostra fede, questa e' la fede della Chiesa e noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesu' nostro Signore'". 

"La fede - dunque - e' virtu' teologale, donata da Dio, ma trasmessa dalla Chiesa lungo la storia. Lo stesso san Paolo, scrivendo ai Corinzi, afferma di aver comunicato loro il Vangelo che a sua volta aveva ricevuto e il Catechismo della Chiesa Cattolica riassume in modo chiaro: 'Credere e' un atto ecclesiale. La fede della Chiesa precede, genera, sostiene e nutre la nostra fede. La Chiesa e' la Madre di tutti i credenti". In questa visione, la Chiesa e' "la comunita' che porta questo annuncio nel tempo e nello spazio, comunita' che e' il Popolo di Dio fondato sulla nuova alleanza grazie al sangue di Cristo e i cui membri non appartengono ad un particolare gruppo sociale o etnico, ma sono uomini e donne provenienti da ogni nazione e cultura. E' un popolo 'cattolico' - ha concluso Joseph Ratzinger - che parla lingue nuove, universalmente aperto ad accogliere tutti, oltre ogni confine, abbattendo tutte le barriere". 

© Copyright (AGI)

Processo Sciarpelletti: le regole del pool di giornalisti ammesso alle udienze

Riceviamo e pubblichiamo:


A tutti i colleghi

Per il pool del processo Sciarpelletti, abbiamo pensato di procedere nel modo seguente:

Ogni collega può votare tre nominativi tra gli accreditati permanentemente presso la Sala Stampa vaticana. (Mandate le vostre nominativi a questo indirizzo email entro le 17.00 di 1 novembre.)


I quattro più votati saranno i partecipanti fissi del pool.

Si procederà poi a un’ulteriore estrazione tra gli altri per colmare i restanti quattro posti disponibili; in questo sorteggio si procederà cercando innanzitutto di assicurare la rappresentanza dei principali  gruppi linguistici – italiano, inglese, spagnolo, francese e tedesco (così, se per esempio i quattro più votati fossero tutti italiani, gli altri italiani sarebbero esclusi dall’ulteriore sorteggio).

Ricordiamo che, a seguito di quanto successo durante il processo Gabriele, sono esclusi dai pool per tutta la durata del processo le testate:

Tg1
Tg2
Repubblica
Il Fatto Quotidiano

Per violazioni gravi delle regole del pool e di embargo

Inoltre sono escluse dal pool della prima udienza:

Ansa
Abc TV

Per violazioni minori (ma pur sempre violazioni)

Per quanti non ricordassero le regole in questione, e per evitarle di doverle ripetere ogni cinque minuti, le riepiloghiamo qui di seguito:

1.      Non si può scrivere , annunciare o diffondere in qualsivoglia modo la composizione dei pools, né per nomi dei colleghi né per testate rappresentate;

2.      Le rispettive testate non possono scrivere, annunciare o diffondere in qualsivoglia modo di essere presente nel pool;


3.      I colleghi non possono scrivere, annunciare o diffondere in qualsivoglia modo di aver fatto parte del pool;


4.      Non si può intervistare un collega che ne abbia fatto parte presentandolo come: “Mr. XY, che era nel pool…”


Per quanto riguarda l’embargo, ribadiamo che è totale (compresi tweet, sms e quant’altro vi possa venire in mente) scade 10 minuti dopo la fine del briefing che padre Lombardi farà, anche per questo processo, alla fine del pool-report; questo per non creare discriminazioni ai colleghi delle televisioni.


Tutti i colleghi sono pregati ti tenere bene a mente queste poche e semplici regole – e, tanto per essere sicuri,  di portarle a conoscenza anche dei propri desk – così da evitare il ripetersi di spiacevoli equivoci. Solo en passant, ricordiamo che tali regole non sono state stabilite né dal Vaticano né dall'Aigav, ma sono regole internazionali e ovunque riconosciute. E regole che, sulla base di un accordo tra gentiluomini, prevedono che, ove non sia possibile una presenza della stampa al completo, un pool ristretto di essi li rappresenti tutti.


Grazie e a presto 


Salvatore Mazza, presidente


Cindy Wooden, segretaria


AIGAV