lunedì 30 aprile 2012

Il sediario pontificio, Sansolini, descrive con discrezione gesti, parole e sguardi che Joseph Ratzinger regala ai sofferenti che incontra ogni settimana (Gagliarducci)

Due Papi tra gesti parole e sguardi


ANDREA GAGLIARDUCCI

Tutto è grande, ma intimo». È con un tratto rapidissimo di penna, uno schizzo, che Massimo Sansolini, sediario pontificio, racconta quello che succede dopo la morte di Giovanni Paolo II. I sediari pontifici sono coloro che fino a 34 anni fa erano addetti a portare i Pontefici sulla sedia gestatoria. Oggi che la sedia gestatoria non si usa più, i sediari sono comunque ancora accanto al Papa nelle occasioni pubbliche. Sansolini racconta i suoi compiti in un libro, «Io, sediario pontificio» (Libreria Editrice Vaticana). Un libro che parte dai funerali di Giovanni Paolo II e abbraccia gli incontri di Benedetto XVI con i sofferenti. Un libro che è il seguito del suo lavoro precedente, in cui descriveva gli incontri di Giovanni Paolo II con i sofferenti. Ne ha voluto scrivere un altro per testimoniare che non c'è differenza tra i due pontefici.
Sansolini comincia schizzando lo scenario, racconta che "in Vaticano non si usa il termine di piano, ma di loggia", e spiega che è dalla seconda loggia che si arriva all'Appartamento Papale ufficiale. «Qui passano - scrive Sansolini - i rappresentanti delle nazioni del mondo: capi di Stato, re e regine, presidenti, primi ministri e ambasciatori, dignitari di ogni provenienza».
Ed ecco, alla morte del Papa, tutto ciò che accade, "grande ma intimo", la salma traslata prima nella cappella dell'appartamento privato, poi in Sala Clementina, dove resta per due giorni, poi in Basilica di San Pietro. «Avevamo nella memoria cerimonie analoghe - scrive Sansolini - ma soltanto parte di noi, perché i nostri giovani non avevano sollevato né la Sedia Gestatoria, né la salma di un Pontefice. Nemmeno il decano conosceva alcuna regola. Stava ai consigli di alcuni di noi più anziani, tra i quali fui io a intervenire chiedendo cortesemente l'attenzione di tutti».
Ogni gesto è importante, dentro le mura vaticane. Ma ogni gesto è anche profondamente umano. E lo si vede negli incontri del Papa con i sofferenti. Un episodio colpisce tra tutti. Un giovane focomelico, presente in piazza San Pietro al raduno dei giovani ministranti, vorrebbe avvicinarsi alla Jeep del Papa.
Sansolini se ne accorge e invece di allontanarlo lo solleva affinché Benedetto XVI - che vedendo i malati spesso «si sporge notevolmente e tende le mani» - possa abbracciarlo. «D'urgenza - e' il racconto del sediario - chiedo l'autorizzazione ad agire al Reggente della Casa Pontificia, quindi mi avvicino di sorpresa al giovane dicendo di togliersi il cappello, lo invito ad alzarsi e sostenendolo per gli avambracci lo dirigo verso l'auto del Papa, che sopraggiunge in quel momento. Il Pontefice lo carezza sui capelli. Il giovane gli tende le braccia che il Papa stringe teneramente».
«L'amore del Papa non ha limiti», testimonia Sansolini che con discrezione descrive gesti, parole e sguardi che Joseph Ratzinger regala ai sofferenti che incontra ogni settimana.



© Copyright La Sicilia, 27 aprile 2012

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