La visita di un Papa conciliatore e i suoi frutti
Papa Benedetto a Cuba nella cronaca scritta per 30Giorni dal cardinale arcivescovo di San Cristóbal de La Habana
del cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino
La visita apostolica di papa Benedetto XVI a Cuba si è svolta nel contesto della celebrazione dei quattrocento anni dalla scoperta dell’immagine della Vergine della Carità nelle acque del mare vicino alla costa settentrionale della regione orientale dell’isola. L’immagine fu portata fra le montagne a sud della regione dove ci sono miniere di rame; da questo, la devozione popolare alla Virgen del Cobre.
La visita del Papa a Cuba è stata preceduta da un pellegrinaggio missionario di un’immagine della Vergine della Carità molto venerata dal nostro popolo, che ha percorso più di trentamila chilometri attraverso campi, città, villaggi e nuovi insediamenti umani. Centinaia di migliaia di persone hanno partecipato a vere e proprie manifestazioni di fede. Ciò che colpiva non erano le moltitudini, anche se straordinariamente numerose, ma era contemplare i volti, vedere i gesti di pietà di uomini e donne, giovani, adulti e bambini che si inginocchiavano, alzavano le braccia, si facevano il segno della croce con le lacrime agli occhi, e gridavano: «Viva la Madonna» al passaggio dell’immagine. È stata una grande missione nazionale che ci ha permesso di evangelizzare nelle piazze, nei giardini, per le strade con macchine dotate di altoparlanti, distribuzione di volantini eccetera. Abbiamo constatato, in questa missione, che la fede è presente in una percentuale molto alta di cubani.
Alla fine della missione, nel dicembre del 2011, è stata annunciata la visita del Santo Padre a Cuba.
La notizia è stata ricevuta con una gioia straordinaria. La sua presenza è venuta a confermare questa fede del nostro popolo, a chiarirla con la sua parola. La visita del Santo Padre al santuario della Vergine della Carità a El Cobre è stata molto significativa e altamente apprezzata da tutti.
Il Papa, nelle sue parole, fin dal suo arrivo nel nostro Paese, ha fatto notare che veniva come Pellegrino della Carità «per confermare nella fede i miei fratelli e incoraggiarli nella speranza». Erano le parole giuste ed erano sentite con emozione da tutti quelli che avevano, come me, la fortuna di accogliere il Successore di Pietro.
Il Santo Padre ha voluto sottolineare che la sua visita era in continuità con quella del beato Giovanni Paolo II. Quella visita pastorale cambiò la vita della Chiesa a Cuba. La Chiesa cattolica ebbe allora le sue prime manifestazioni pubbliche e le prime trasmissioni televisive di cerimonie cattoliche. Il mondo intero e gli stessi cubani compresero che la Chiesa era viva, che aveva continuato a essere presente in tanti anni di difficoltà e di silenzio. Dopo quell’evento si cominciò a celebrare il Natale come festa civile, vi furono interventi radiofonici di vari vescovi in alcune date importanti; la copertura mediatica della morte e dei funerali di Giovanni Paolo II fu veramente impressionante.
Da quel momento cominciano a farsi frequenti le apparizioni del Papa alla televisione per Natale, Pasqua e in altre occasioni, come la Via Crucis del Venerdì Santo; le pubblicazioni della Chiesa si diffondono e sono molto apprezzate. Dopo quella visita, viene permesso l’ingresso nel Paese al personale religioso, sacerdoti e donne e uomini consacrati, e la Chiesa ha la possibilità di celebrare pubblicamente la fede con processioni e altre cerimonie. Sono aperte “case di preghiera” in centinaia di luoghi, dove i fedeli si riuniscono per la catechesi, la celebrazione della santa messa e altre attività.
La Chiesa aspira ora a rendere sistematica la sua presenza nei media, soprattutto alla radio e alla televisione.
La Chiesa, in questi ultimi anni, ha incrementato la sua attività sociale attraverso la Caritas, che ha un grande volontariato nazionale. In caso di uragani, l’intervento della Caritas è efficace e rapido nella distribuzione di aiuti che arrivano dai Paesi stranieri e di quanto la Chiesa a Cuba porta in queste circostanze.
La Caritas ha molte mense nelle chiese parrocchiali e altri locali per persone della terza età. Ha anche asili nido per bambini da uno a cinque anni, appartenenti a famiglie irregolari, in diverse località del Paese. Questa attività assistenziale della Caritas è molto apprezzata dalla popolazione.
Due anni fa la Chiesa, di fronte ai conflitti sorti con le mogli dei carcerati, che manifestavano perché i propri mariti fossero liberati, si rivolse al governo per esprimere la sua preoccupazione e fu invitata a mediare con quelle donne, a chiedere loro che formulassero le proprie richieste e desideri. Fra le altre cose, esse proposero al cardinale che i mariti fossero mandati in un altro Paese perché era «preferibile essere separati dal mare piuttosto che dalle grate del carcere».
Queste proposte furono portate a conoscenza del governo che decise la scarcerazione di cinquantatré detenuti nella primavera del 2003, facendoli uscire dal Paese verso la Spagna, che li accolse con i loro familiari. Dei cinquantatré scarcerati, dodici rimasero a Cuba per loro desiderio e, in seguito, uno di essi si recò negli Stati Uniti. Si andò avanti fino alla liberazione di oltre centoventi detenuti per motivi politici. Alcuni di questi erano stati in carcere per diversi anni. L’arcivescovado dell’Avana riceve richieste da parte di familiari di detenuti e, se si tratta di casi di prigionieri per motivi di coscienza o per motivi politici, abbiamo la possibilità di presentarli alle autorità.
Dopo la scarcerazione del numero di prigionieri sopra citato non sono stati presentati nuovi ricorsi di questo genere.
Dobbiamo ricordare che la pastorale carceraria, che si occupa di ogni genere di prigionieri, è ben organizzata: si lavora con le famiglie dei detenuti, vi sono visite regolari in carcere, con catechesi e celebrazioni dell’Eucaristia.
Papa Benedetto XVI era informatosullo sviluppo della vita della Chiesa dopo la visita del beato Giovanni Paolo II. Per questo ha voluto camminare sulle orme lasciate da quel viaggio pontificio. Nella sua omelia a L’Avana, il Papa ha toccato il tema della verità, l’unica sulla quale – ha detto – è possibile fondare un’etica che sia accettata da tutti. Ha annunciato Gesù Cristo come la verità e ha fatto notare, fedele allo spirito del suo pontificato, le perplessità dell’uomo di fronte alla verità, come Pilato che «aveva davanti a sé la Verità» e non la vedeva in Cristo. Il Papa ha insistito sulla razionalità della fede davanti a quanti arbitrariamente oppongono fede e ragione. Tutte queste precisazioni acquistano una rilevanza particolare da noi.
Ha indicato nella verità il fondamento della libertà e ha fatto riferimento ai passi che sono stati fatti a Cuba rispetto alla libertà religiosa, auspicando che si estendano sempre di più le sue possibilità.
In proposito, ha fatto riferimento sia alla partecipazione della Chiesa nel campo dell’educazione sia a quella dei cristiani nella costruzione della società. Il Papa ha chiesto – al momento del congedo – che nessuno si senta impedito a prendere parte a questo appassionante compito «per limitazione delle proprie libertà fondamentali, né si senta esonerato da esso per negligenza o carenza di mezzi materiali».
Il Papa invitava così tutti i cubani a partecipare alla costruzione di «una società di ampi orizzonti, rinnovata e riconciliata», superando qualsiasi difficoltà e ostacolo in questo impegno.
Ha augurato che la luce del Signore, che ha brillato con fulgore nei giorni della sua presenza fra noi, non si spenga e aiuti tutti a rafforzare la concordia e a «far fruttificare il meglio dell’anima cubana, i suoi valori più nobili, sui quali è possibile fondare una società rinnovata e riconciliata». Il Santo Padre ha precisato che la situazione che Cuba vive «risulta aggravata dalle misure economiche restrittive imposte dal di fuori del Paese, che pesano negativamente sulla popolazione».
Riassumendo, il Papa ha fatto un appello per eliminare, nella dimensione nazionale e internazionale, «posizioni inamovibili e punti di vista unilaterali», proponendo di non fermarsi nel cammino del dialogo paziente e sincero che genera speranza.
Nelle sue prime parole su Cuba, sull’aereo che lo conduceva in America, il Papa ha fatto riferimento ai cambiamenti di modello socioeconomico necessari a Cuba e ha detto che noi cristiani dobbiamo appoggiare questa ricerca «con pazienza e in modo costruttivo, evitando traumi». È un giusto suggerimento, perché qualsiasi salto brusco o violento produce traumi sociali che lasciano impronte negative nei popoli.
Il Santo Padre, fedele al suo programma fondamentale come Successore di Pietro – quello che ha presentato ai cardinali riuniti per il conclave quando ha spiegato di aver scelto il nome di Benedetto perché il suo ultimo antecessore che aveva portato questo nome era stato un Pontefice conciliatore – è venuto a Cuba facendo veramente onore al progetto conciliatore del suo pontificato, e lo ha fatto senza tacere la verità, con chiarezza e all’altezza programmatica del suo sommo ministero.
Sentiamo fin d’ora che l’orma del suo passo ha segnato il popolo cubano, profondamente colpito dalla mitezza e dalla bontà riflesse nelle parole e nei gesti di papa Benedetto XVI, che rappresentano una benedizione speciale per tutta la nazione cubana e per ciascuno di noi. Questa visita del Santo Padre nell’Anno giubilare mariano di Cuba ci incoraggia e ci dà forza nella celebrazione dell’Anno della fede che il Successore di Pietro propone con tanta sollecitudine alla Chiesa universale. Sarà un’occasione speciale per approfondire la fede che abbiamo constatato essere viva nel cuore dei nostri fratelli cubani.
Rimane, dunque, un profondo sentimento di gratitudine e di speranza nella nostra Chiesa a Cuba e in tutto il nostro popolo per la visita di papa Benedetto XVI, e un ricordo commosso per la sua presenza fra noi.
© Copyright 30 Giorni, aprile 2012
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