Su segnalazione di Laura leggiamo:
Papa: tra tanti dominatori che ci vogliono indirizzare, il cristiano veda in Dio l'unico signore
E' necessario avere una scala di valori in cui il primato spetta a Dio, dice Benedetto XVI all'udienza generale. Nella Lettera ai filippesi, l'esortazione ad avere gli stessi atteggiamenti di Cristo, che non ha voluto il potere, ma si è messo a servizio dei fratelli.
Città del Vaticano (AsiaNews)
E' Dio "l'unico signore della nostra vita in mezzo a tanti dominatori che la vogliono indirizzare": per questo "è necessario avere una scala di valori in cui il primato spetta a Dio". E' il "testamento spirituale" di san Paolo, contenuto nella Lettera ai filippesi, della quale Benedetto XVI ha parlato oggi alle settemila persone presenti nell'aula Paolo VI, in Vaticano.
L'Apostolo scrive dalla prigione, "probabilmente a Roma e sente vicina la morte", ma, nonostante questo, "esprime la gioia di essere discepolo di Cristo", fino a "vedere la morte come un guadagno". Paolo afferma infatti che "la gioia è una caratteristica dell'essere cristiano", "siate sempre lieti nel Signore; ve lo ripeto: siate lieti". "Da cosa, anzi da chi trae la serenità, la forza e il coraggio di andare incontro al martirio, all'effusione del sangue?". La risposta è Gesù, e per questo, la Lettera ai filippesi è un "inno cristologico, un canto in cui tutta l'attenzione è centrata sul modo di pensare, sull'atteggiamento concreto, sul vissuto di Cristo".
"Abbiate in voi gli stessi atteggiamenti di Gesù", è l'esortazione di san Paolo. "Si tratta non solo di seguire l'esempio di Gesù, ma di coinvolgere tutta l'esistenza nel suo modo di pensare e di agire. La preghiera deve condurre ad una conoscenza e ad un'unione nell'amore sempre più profonde con il Signore, per poter pensare, agire e amare in Lui e per Lui".
Il Papa ha poi evidenziato alcuni punti: il primo è che "l'inno a Cristo parte dal suo essere 'nella forma di Dio', nella condizione di Dio. Gesù, vero Dio e vero uomo, non vive questo suo essere per imporre la sua supremazia, non per il possesso, il privilegio, anzi si spoglia, assumendo la forma di schiavo, la piena realtà umana, segnata da sofferenza, povertà, morte". "Di servo completamente dedito al servizio degli altri".
"Paolo continua delineando il quadro storico in cui si è realizzato questo abbassamento di Gesù", che "umiliò se stesso fino alla morte, in completa ubbidienza e fedeltà al volere del Padre, fino al sacrificio, fino alla morte e alla morte di croce: massimo grado di umiliazione, perché era pena destinata agli schiavi". In questo modo "l'uomo viene redento e l'esperienza di Adamo è rovesciata: creato a immagine e somiglianza di Dio, pretese di essere come Dio di mettersi al posto di Dio, e perse la dignità originaria che gli era stata data. Gesù, invece, pur essendo «nella condizione di Dio», si è abbassato, si è immerso nella condizione umana, nella totale fedeltà al Padre, per redimere l'Adamo che è in noi e ridare all'uomo la dignità che aveva perduto. I Padri sottolineano che Egli si è fatto obbediente, restituendo alla nostra natura umana, attraverso la sua umanità e obbedienza, quello che era stato perduto per la disobbedienza di Adamo".
"Nella preghiera, nel rapporto con Dio, noi apriamo la mente, il cuore, la volontà all'azione dello Spirito Santo per entrare in questa stessa dinamica di vita". La logica umana "ricerca spesso la realizzazione di se stessi nel potere, nel dominio, nei mezzi potenti. L'uomo continua a voler costruire con le proprie forze la torre di Babele per raggiungere l'altezza di Dio, per essere come Dio. L'Incarnazione e la Croce ci ricordano che la piena realizzazione sta nel conformare la propria volontà umana a quella del Padre, nello svuotarsi di sé stessi, del proprio egoismo, per riempirsi dell'amore, della carità di Dio e così diventare veramente capaci di amare gli altri".
La seconda indicazione è "la prostrazione", il "piegarsi di ogni ginocchio nella terra e nei cieli, che richiama un'espressione del profeta Isaia, dove indica l'adorazione che tutte le creature devono a Dio. La genuflessione davanti al Santissimo Sacramento o il mettersi in ginocchio nella preghiera esprimono proprio l'atteggiamento di adorazione di fronte a Dio, anche con il corpo. Da qui l'importanza di compiere questo gesto non per abitudine e in fretta, ma con profonda consapevolezza. Quando ci inginocchiamo davanti al Signore noi confessiamo la nostra fede in Lui, riconosciamo che è Lui l'unico Signore della nostra vita".
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