lunedì 13 agosto 2012

Vaticano: dopo il primo complice verranno fuori anche gli altri, in aula cadranno gli omissis (Izzo)

VATICANO: DOPO PRIMO COMPLICE VERRANNO FUORI ANCHE GLI ALTRI, IN AULA CADRANNO OMISSIS

(AGI) - CdV, 13 ago. 

(di Salvatore Izzo)

"Requisitoria e sentenza istruttoria rappresentano solo un primo passo importantissimo per arrivare alla piena verita' sul caso Vatileaks". 

Un alto dignitario vaticano risponde cosi' alle perplessita' che sorgono davanti agli "omissis" contenuti nei due documenti resi noti oggi, cioe' alle lettere alfabetiche - dalla "A" alla "W" - che celano i nomi dei testimoni e di possibili altri complici del maggiordomo infedele Paolo Gabriele, dopo la rivelazione del coinvolgimento di Claudio Sciarpelletti, arrestato il 25 maggio e subito rilasciato, senza che ne fosse data notizia, e oggi rinviato a giudizio per favoreggiamento (negli interrogatori ha dato versioni contraddittorie sul perche' custodisse buste di documenti intestate al suo amico Paolo Gabriele). 
"E' scritto nero su bianco nei due testi diffusi dalla Sala Stampa che altre responsabilita' restano da chiarire, ma e' evidente - spiega la fonte invitando a guardare alla 'bottiglia mezza piena' rappresentata dalle odierne novita' - che in tribunale alle sigle utilizzate nel bollettino vaticano dovranno corrispondere delle identita' precise". Lo stesso portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha del resto precisato che "ulteriori sviluppi della vicenda processuale si potranno conoscere solo nel prossimo futuro, presumibilmente dopo la riapertura dei tribunali a settembre con i tempi del caso".
Certamente i due documenti giudiziari rappresentano una novita' per l'informazione vaticana e sfogliandoli si coglie tra l'altro che il segreto istruttorio Oltretevere ha funzionato molto bene: ad esempio nessuno sapeva che a casa di Paolo Gabriele in Vaticano erano stati ritrovati insieme ai documenti anche un assegno di 100mila euro destinato al Pontefice, una pepita d'oro donata ugualmente a Benedetto XVI dal signor Guido del Castillo, direttore dell'ARU di Lima, e una cinquecentina dell'Eneide, traduzione di Annibal Caro stampata a Venezia nel 1581, regalato a Sua Santita' dalle "Famiglie di Pomezia". Da parte sua, si legge nella requisitoria del promotore di giustizia Nicola Picardi, Paolo Gabriele ha giustificato questa circostanza con il caos nel quale erano le sue cose. "Nella degenerazione del mio disordine e' potuto capitare anche questo", ha detto negando di aver voluto appropiarsi dei soldi e degli oggetti preziosi.
In realta' le dichiarazioni di Paolo Gabriele in molti punti suscitano interrogativi sulla sua personalita'. 
E per questo il maggiordomo infedele e' stato sottoposto a perizia psichiatrica (che pero' lo ha dichiarato capace d'intendere e di volere). Tuttavia la piena imputabilita'  e' stata proposta dal promotore di giustizia e accolta dal giudice istruttore sulla base del parere del professor Roberto Tatarelli ma contro quello del secondo perito professor Tonino Cantelmi, per il quale "la deformazione dei processi ideativi del Gabriele ha abolito la coscienza e la liberta' dei propri atti". Cantelmi sulla base del suo esame denuncia anche "la forte inadeguatezza del periziando ad assolvere alle mansioni lavorative ricoperte". 
Entrambe queste risultanze proposte dal secondo perito sono state ritenute infondate dal pm e dal giudice istruttore. Secondo i magistrati dunque "Gabriele aveva piena coscienza dei propri atti ed ha deliberatamente deciso di compiere l'azione criminosa, come e' dimostrato dalle sue stesse dichiarazioni, nel secondo interrogatorio reso il 5 giugno 2012 in ordine alla sottrazione e successiva cessione dei documenti riservati di proprieta' della Santa Sede". 
In proposito il pm ha sottolineato una dichiarazione rivelatrice dell'imputato: "anche se il possesso di tali documenti  e' cosa illecita ho ritenuto di doverlo effettuare spinto da diverse ragioni". "Si aggiunga che, da ultimo, Gabriele - conclude il pm Picardi - ha chiesto perdono al Santo Padre, ribadendo cosi', implicitamente la coscienza e volonta' di aver compiuto l'atto criminoso".
La sentenza riporta anche altre parole significative di Gabriele: "vedendo male e corruzione dappertutto nella Chiesa, sono arrivato negli ultimi tempi, quelli  della degenerazione, ad un punto di non ritorno, essendomi venuti meno i freni inibitori. Ero sicuro che uno shock, anche mediatico, avrebbe potuto essere salutare per riportare la Chiesa nel suo giusto binario"." Inoltre - concludeva in un interrogatorio il maggiordomo infedele del Pontefice - nei miei interessi c'e' sempre stato quello per l'intelligence, in qualche modo pensavo che nella Chiesa questo ruolo fosse proprio dello Spirito Santo, di cui mi sentivo in certa maniera un infiltrato". Una dichiarazione quest'ultima che sembra dare ragione sia al professor Cantelmi sia alla tesi di chi ricostruisce la vicenda come il frutto anche di una pressione esercitata sulla mente instabile di Gabriele da personaggi (personale della Curia e giornalisti) che a parole erano mobilitati contro "l'attacco a Ratzinger" da parte dei media laici, e che al maggiordomo hanno forse montato la testa. Si puo' ancora sperare che tutto questo emerga dal processo, quando alle sigle saranno sostituiti nomi e cognomi.

© Copyright (AGI)

2 commenti:

Eugenia ha detto...


Beh me lo auguro tutti questi Omissis non depongono a favore della chiarezza

gianniz ha detto...

E' proprio difficile distinguere tra la privacy e la curiosità