Ventitré donne parteciparono al concilio per volere di Paolo VI
Le madri del Vaticano II
di Cristiana Dobner
La storia dei concili della Chiesa è sempre stata articolata e densa di sorprese, teologiche, umane e, purtroppo, anche politiche. Una certezza però ha sempre guidato i lavori dei Padri conciliari e dei loro periti: lo Spirito soffia, anima ma anche placa le bufere.
Con il Vaticano II il soffio di novità, nella storia dell'umanità e della Chiesa, è stato davvero inedito: ventitré donne furono presenti, convocate l'8 settembre 1964 da Paolo VI come uditrici e, perciò stesso, configurate da un avverbio che ne avrebbe limitato i compiti ma, forse, accresciuta la responsabilità: “simbolicamente”.
La rottura con i secoli passati però si era compiuta. Adriana Valerio (Madri del Concilio. Ventitré donne al Vaticano II (Roma, Carocci Editore, 2012, pagine 165, euro 16) presenta le personalità delle ventitré convocate, nero vestite e nerovelate, narrando le vicende che fecero da corollario alla loro silente presenza in aula ma anche ai loro concreti e reali interventi.
Dobbiamo un grazie profondo al Papa che riuscì a rompere la barriera secolare anche se le confinò in ruolo modesto, perché da questo inizio, volutamente modesto, è nata una discendenza numerosa e qualificata. La spaccatura era avvenuta, la fioritura continua.
Furono gli stessi Padri conciliari a denominare le donne presenti “madri”, con molto humour; senza coglierne l'implicazione profonda? Queste donne-madri segnano lo spartiacque fra due concezioni della donna: quella che la considera relegata a compiti domestici e di aiuto di basso profilo e quella che la considera in tutta la sua potenzialità di intelligenza e di cura, intesa come l'intese la patrona d'Europa Edith Stein, quale capacità di ascoltare l'altro e di saperlo accogliere.
Se l'abito delle suore è una spia importante nel valutare il mutamento dei tempi e del sentire, non lo è di più il mutamento della loro formazione e del loro concreto ruolo nella Chiesa e nell'umanità?
I tempi sono cambiati e ora questi problemi suscitano il sorriso, mentre quelli odierni si stagliano nella loro durezza che domanda di essere compresa ed elaborata.
In tutto le “uditrici” furono dieci religiose e tredici laiche, due di loro vedove di guerra: Cordero Lanza di Montezemolo e Grillo. Grandi nomi quelli delle religiose, tutte impegnate nei loro rispettivi ambiti con stimata professionalità, tra le altre Juliana Thomas, l'egiziana Khouzam, Pilar Bellosillo, presidente dell'Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche, Gladys Parentelli, che per l'audacia di presentarsi a capo scoperto e con le maniche corte, si ritrovò ritagliata dalle foto ufficiali, per giungere a colei che dovette portare il notevole peso della mediazione: Sabine de Valon.
Un gruppo internazionale che si rivelò vivace e capace di autogestirsi, malgrado la discriminazione vigente -- per esempio, il bar riservato a sole donne -- dimostrandosi capace di intervenire nella discussione dei documenti e nella loro redazione all'interno dei gruppi di studio.
Gli ostacoli furono notevoli e, spesso, delusero le giuste aspettative delle uditrici che volevano diventare parte portante e creante del dibattito conciliare e non solo tappezzeria in posti riservati, relegate al silenzio ufficiale.
Nello scorrerne i ritratti, che consentono di avere dinanzi donne concrete e incarnate, affiorano però molti problemi disattesi e alcune posizioni teologiche che andrebbero chiarite, al di là dell'opinione dell'autrice che, in quanto storica ma anche teologa, conosce bene l'importanza della distanza critica: il ruolo della donna nella Chiesa, in tutte le sue dimensioni; il sacerdozio femminile (su cui è poi intervenuta nel 1976 in modo definitivo la dichiarazione Inter insigniores); l'autorevolezza delle donne nello stilare documenti o programmare ricerche teologiche. Tutto questo spunta qua e là ma è lasciato al lettore afferrare il capo di una matassa, di per sé, ingarbugliata che, invece, avrebbe bisogno di essere considerata e soppesata senza pregiudizi e alla luce di principi teologici e biblici fondati.
Le ventitré Madri, ciascuna a suo modo, da l'impressione di aver condotto un'autentica azione bellica, una rivoluzione muta, ma nella più profonda pace e con soli strumenti di pace, per affermare una verità molto semplice oggi acquisita ma che richiede di passare dall'essere accettata al divenire concreta realtà: l'essere umano è uscito dalle mani del Creatore uomo e donna e, come tale, deve essere preso in considerazione. Non solo uomo, non solo donna.
(©L'Osservatore Romano 3 agosto 2012)
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