venerdì 24 agosto 2012

Il carisma teresiano per la crisi dei nostri tempi. Intervista a padre Saverio Cannistrà preposito generale dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi (Cutaia)

Intervista a padre Saverio Cannistrà preposito generale dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi

Il carisma teresiano per la crisi dei nostri tempi


di Roberto Cutaia 


La reliquia del piede incorrotto di santa Teresa, custodita nella chiesa di Santa Maria della Scala, a Roma, è stata trasportata ad Ávila per solennizzare la ricorrenza -- si celebra il 24 agosto -- del 450° della fondazione del carmelo di San José di Avila. Il cardinale Antonio Llovera Cañizares, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, presiede la solenne celebrazione eucaristica nel carmelo dove, attualmente, risiedono diciannove religiose. Sono trascorsi 450 anni, quando il 24 agosto 1562 santa Teresa d'Ávila, allora quarantasettenne, fondava nella cittadina spagnola di Ávila il monastero di San José, dando così inizio alla riforma di Teresa. Ne abbiamo parlato con padre Saverio Cannistrà, preposito generale dell'ordine dei Carmelitani Scalzi. 


Con quale spirito l'ordine vivrà questo anniversario?


Questo anniversario è innanzitutto motivo di gioia per tutta la famiglia teresiana e di profonda gratitudine al Signore per le meraviglie che ha operato in mezzo a noi in questi 450 anni. Ma è anche, in uguale misura, motivo di riflessione e di richiamo alla nostra responsabilità. Teresa ci ha insegnato che la fondazione di un ordine religioso non si riduce al suo momento iniziale, ma è un costante work in progress, poiché ciascuno di noi è chiamato a essere “fondamento” per coloro che verranno dopo.


A distanza di tanti anni “le corde” della vocazione teresiana si sono allentate? Come si fa a rimanere nel solco della fondatrice? 


Credo che l'ordine abbia imboccato la via giusta quando ha deciso, nell'ultimo Capitolo generale, di proporre a tutti i suoi membri la rilettura delle opere di Teresa come cammino di preparazione al quinto centenario della nascita di Teresa, che celebreremo nel 2015. Abbiamo bisogno di ascoltare ripetutamente e lungamente la parola della Madre, non solo per conoscere lei, ma per conoscere ancor di più noi stessi, la nostra vocazione e la nostra missione nella Chiesa e nel mondo di oggi. Solo dal carisma, infatti, possiamo attingere i criteri autentici per le scelte che dobbiamo compiere quotidianamente.


L'esperienza riformatrice di santa Teresa d'Ávila può far scorgere oggi che il fare tanto e affannarsi molto rischia di essere vanificato, se tutto quanto non fosse nutrito dalla forza ineguagliabile della preghiera? 


Lei giustamente parla della “forza della preghiera”. Ritengo che tale forza sia spesso dimenticata e si pensi alla preghiera più come a un soave complemento o a un'opera meritoria che come a ciò che sostiene e nutre il cristiano nel suo cammino di fede. Il Santo Padre ci ha donato una serie di profonde catechesi su questo tema cruciale. La forza della preghiera è la forza della relazione con Dio, la forza della fede, che colloca le nostre esperienze in un diverso orizzonte. Senza questo trasferimento in Cristo come potrebbero le nostre parole e le nostre azioni, per quanto sagge e generose, essere realmente profetiche per il mondo di oggi?


Santa Teresa, donna vissuta nel XVI secolo, dovette affrontare non poche difficoltà per portare a termine la riforma del Carmelo. Scoraggiamento e titubanze non scalfirono la sua azione. Dove attinse tanta forza?


Teresa accolse non senza difficoltà e resistenze interiori la chiamata a iniziare un nuovo genere di vita religiosa. Si trattò per lei di un atto di obbedienza alla volontà di Dio, che le si manifestò soprattutto in due modi: come scoperta travolgente dell'umanità di Gesù, che richiedeva di essere accolta nel contesto di una nuova forma di vita contemplativa, e come partecipazione appassionata alle vicende e alle sofferenze della Chiesa del suo tempo, lacerata dal conflitto con la riforma protestante e turbata da una serie di sfide nuove, proprie dell'era moderna.


Diventa dunque attuale, ai nostri giorni di crisi economica, politica, culturale e, perché no, anche vocazionale, l'esempio di Teresa di Gesù. Scartare ogni vicolo cieco, andando piuttosto a scavare il presente, per scorgere nelle profondità Colui che fonda ogni persona?


L'esempio di Teresa ci insegna che la debolezza e la piccolezza non devono in alcun modo scoraggiarci e frenarci perché le vie di Dio non sono le nostre vie. Noi siamo troppo affascinati da modelli mondani di efficienza e di potenza e ciò ci porta a valutare negativamente esperienze di povertà e di crisi, nelle quali invece si celano verità che non possono essere scoperte in altro modo. Solo scendendo al fondo di questa crisi, solo “perdendoci” possiamo ritrovarci e riprendere il cammino. Si tratta di riscoprire ciò che già siamo, ma che forse non apprezziamo abbastanza o abbiamo messo in secondo piano a vantaggio di ciò che abbiamo e facciamo.


La santa d'Ávila, annoverata tra i dottori della Chiesa, è la dimostrazione che le donne nella Chiesa possono illuminare ogni angolo del mondo, pur non avendo avuto né amici potenti né risorse economiche? 


Senza dubbio la femminilità non è un dato secondario nella personalità di Teresa. Oggi ne siamo più consapevoli che in passato. Teresa è donna, la prima donna che è stata dichiarata dottore della Chiesa, e in quanto donna ha aperto alla Chiesa prospettive diverse, ha visto verità che alla sensibilità maschile erano sfuggite. Il suo esempio è stato seguito da molte altre donne, una delle quali, Teresa di Gesù Bambino, è stata anche lei dichiarata dottore della Chiesa. In loro rivive la relazione che Gesù ha avuto con le donne del Vangelo, sue ascoltatrici attente e prime annunciatrici del suo messaggio di salvezza. 



(©L'Osservatore Romano 24 agosto 2012)

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