sabato 11 agosto 2012

I giovani coreani e l'interesse per il Cristianesimo (Grimaldi)

I giovani coreani e l'interesse per il cristianesimo

Quel tabernacolo che non ti aspetti


di Cristian Martini Grimaldi


Se si salgono le ripidissime scalette di legno ci si ritrova in uno spazio fuori dal tempo. È un sooljp ("casa dell'alcol"), un ritrovo di nicchia tra i giovani coreani, alternativo ai luoghi dell'intrattenimento di massa. Siamo a Seoul, a Hongdae, la zona più popolare tra gli studenti; nel raggio di mezzo chilometro ci sono ben quattro università. La cosa sorprendente però è che non appena termina la scaletta si viene investiti da uno straordinario gioco di luci e abbagliati da quello che somiglia a un vero e proprio tabernacolo. Al centro, una bellissima statua della Madonna. Sotto la scritta: Viva la vida. Così una cultura marcata da un forte rinnovamento, come quella coreana, sta appassionandosi al cristianesimo, traducendo le icone della fede in un proprio originale linguaggio e ricollocandole, con magistrale cura del dettaglio, in posti assolutamente impensabili per una mente occidentale che -- per pigrizia intellettuale e forma mentis consumistica -- relega oramai tutto ciò che è cristiano a un trend scaduto, fuori moda.

Nel 1785 il cattolicesimo venne ufficialmente vietato in Corea, e così l'importazione di testi religiosi dalla Cina. Il solo fatto di visitare una chiesa cattolica in Cina -- in Corea infatti non ne esistevano -- metteva a rischio della vita. Le leggi anti-cristiane non riuscirono tuttavia a prevenire le conversioni. Lo dimostra un episodio avvenuto nel 1791.
La madre di un alto ufficiale appartenente alla casta privilegiata, quella degli yangban, morì e il figlio, Yun Chi-ch'ung, invece di adottare il classico rito confuciano per i morti scelse la sepoltura cattolica. Non solo: Yun si era sbarazzato delle urne contenenti le ceneri dei suoi avi, in disprezzo di una delle virtù cardinali del confucianesimo. Questo era considerato non solo un crimine contro la famiglia ma anche contro lo Stato. Yun e la sua famiglia vennero immediatamente arrestati e condannati a morte. Le autorità ordinarono il sequestro e la distruzione di tutti i libri stranieri dalle biblioteche.
Ma, nonostante le persecuzioni, proprio dalla fine del diciottesimo secolo il cattolicesimo trovò terreno fertile tra le classi coreane meno abbienti, negli spiriti frustrati da secoli di sottomissione classista. Non solo contadini, ma anche tutta quella popolazione che soffriva del pregiudizio negativo nei confronti del lavoro manuale.
Il paradosso è che furono proprio degli studiosi confuciani i primi a convertirsi al cattolicesimo. Solo l'élite intellettuale aveva infatti accesso ai testi sacri provenienti dalla Cina, e soprattutto possedeva gli strumenti concettuali per poter apprendere i testi in lingua cinese. Come gran parte delle influenze culturali straniere anche il cattolicesimo arrivò infatti dalla Cina; il primo prete cattolico a mettere piede in Corea fu proprio un cinese alla fine del Settecento. Oggi la storia del cristianesimo in Corea è ancora tutta da scrivere. La religione cattolica sta vivendo un periodo di incredibile fertilità, e i giovani coreani -- mi conferma il proprietario del sooljp e della statua della Vergine -- si incuriosiscono per questo simbolo dal forte richiamo universale. Da sempre isolati e autoreferenziali, ora si aprono al mondo, e il numero sempre crescente di conversioni è il sintomo di un'evoluzione senza precedenti.

(©L'Osservatore Romano 11 agosto 2012)

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