Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 13 ago.
La sentenza di rinvio a giudizio rappresenta una "chiusura parziale" dell'istruttoria su Vatileaks.
Lo precisa il giudice istruttore Piero Bonnet nella sentenza con la quale rinvia a giudizio il maggiordomo infedele del Papa, Paolo Gabriele, e l'informatico della Segreteria di Stato Claudio Sciarpelletti. Nella sentenza e nella requisitoria del promotore di giustizia Nicola Piccardi compaiono altri personaggi che potrebbero essere inquisiti in seguito, ma i due magistrati li indicano con semplici sigle.
"Per una ragione di rispetto delle persone, si e' proceduto a togliere tutti i nomi che compaiono nella requisitoria e nella sentenza, alcuni dei quali pero' possono essere abbastanza facilmente intuiti", ha detto padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, in merito al fatto che non compaiono per esteso nei documenti diffusi oggi i nomi di alcune delle presunte fonti di documenti raccolti da Paolo Gabriele, di un giornalista che potrebbe essere coinvolto, e di altri che sono stati interrogati. Alle domande dei cronisti su cosa accadra' ora ai possibili complici, padre Lombardi ha poi risposto: "nella sentenza e nella requisitoria e' scritto con chiarezza che l'indagine continua sia nei confronti dei due imputati che per altre persone, e per una serie di altri reati". "Piu' in generale - ha poi aggiunto Lombardi - non si puo' dire che Paolo Gabriele fosse l'unico a far uscire documenti sottratti, alcuni infatti sono stati dati a giornalisti quando il maggiordomo era in arresto". Il riferimento del portavoce e' probabilmente alla lettera a firma di monsignor Georg Gaenswein sbianchettata nel suo contenuto e che era stata pubblicata insieme a una dichiarazione ricattatoria di un sedicente altro "corvo".
Il giudice istruttore Piero Bonnet ha disposto in effetti solo "la parziale chiusura dell'istruttoria" con la sentenza di rinvio a giudizio pubblicata oggi affermando nella sentenza che "le indagini, che non hanno ancora portato piena luce su tutte le articolate e intricate vicende che costituiscono l'oggetto complesso di questa istruzione, si sono dispiegate in varie direzioni". E nella sua requisitoria il promotore di giustizia Nicola Picardi scrive: che l'inchiesta in corso riguarda "tutta una serie di reati: delitti contro lo Stato (art. 104 e ss. C.p.); delitti contro i poteri dello Stato (art.117 ess. C.p.); vilipendio delle istituzioni dello Stato (art. 126 C.p.); calunnia (art. 212 C.p.); diffamazione (art. 333 C.p.); furto aggravato (artt. 402, 403 e 404 C.p.); concorso di piu' persone in reato (art. 63 C.p.); favoreggiamento(art. 225 C.p.); inviolabilita' dei segreti (art. 159 C.p.)".
"In tale situazione - spiega il pm vaticano - l'istruttoria si presentava complessa e laboriosissima e, quindi, suscettibile di durare per un periodo molto lungo. Si e' posta pertanto la necessita' di stabilire un ordine nella trattazione dei vari capi di accusa e il giudice istruttore, su parere conforme del promotore di giustizia, ha dato la precedenza al furto aggravato, anche perche' per tale reato vi erano due imputati in stato di detenzione".
"Contestati i fatti preveduti dalla legge come reato, effettuate le perquisizioni, sentiti i testimoni, proceduto agli interrogatori degli imputati, espletata la perizia, il sottoscritto ritiene che, nell'economia dei giudizi", il professor Picardi e' stato possibile dunque, si legge nella requisitoria, "chiudere l'istruttoria formale, limitatamente al solo reato di furto aggravato e nei confronti degli imputati Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti, restando ovviamente aperta l'istruttoria per i restanti fatti costituenti reato nei confronti dei predetti imputati, di altri".
© Copyright (AGI)
VATICANO: P.GABRIELE SI E' AVVALSO SPESSO FACOLTA' NON RISPONDERE
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 13 ago.
"L'imputato Paolo Gabriele pur avendo asserito di dare la 'collaborazione piu' piena ai fini dello scoprimento della verita'', si e' poi sostanzialmente avvalso frequentemente della facolta' di non rispondere". In ogni caso, scrive il pm, "la generale credibilita' degli elementi confessati, almeno in linea generale e per quanto riguarda il fatto materiale, trova conferma negli altri elementi di prova, costituiti cosi' dalle deposizioni testimoniali come dai riscontri positivi concretizzati in particolare con la perquisizione del 23 maggio e con i raffronti con quanto e' stato pubblicato nel libro di Gianluigi Nuzzi 'Sua Santita'. Le carte segrete di Benedetto XVI'".
© Copyright (AGI)
VATICANO: PM CONFERMA, A CASA GABRIELE GRANDE MASSA DOCUMENTI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 13 ago.
"Nella perquisizione eseguita a carico del sig. Paolo Gabriele, era stata rinvenuta una gran massa di documenti di proprieta' e di stretto interesse della Santa Sede e dello Stato, taluni dei quali, gia' ad un primo esame, risultavano pubblicati nel libro di Gianluigi Nuzzi". E successivamente, riferisce il promotore di giustizia Nicola Picardi, sono stati ritrovati altri 37 documenti anche nell'abitazione di Gabriele a Castelgandolfo.
Rispondendo ad una domanda precisa posta dal giudice istruttore, racconta il pm nella requisitoria, "Gabriele ha esplicitamente affermato di avere egli stesso formato la documentazione sequestrata nella sua casa vaticana, fotocopiandola da quella che rinveniva sulla scrivania di monsignor Georg Ganswein o che era in giacenza sul piano che si trovava di fronte alla scrivania "senza mai andare a spulciare i dossier quando erano riposti fuori dalla scrivania".
Sul dossier di trentasette documenti "rinvenuti nell'abitazione che aveva in uso a Castel Gandolfo", il pm riferisce che "l'imputato Paolo Gabriele, che dice di non ritenerlo propriamente una raccolta, al riguardo specifica: 'nella mia sbadataggine poiche' vivevo a Castel Gandolfo durante il periodo delle vacanze estive del Santo Padre, avro' dimenticato li' quei documenti e non li ho portati con me. Pertanto non li ho consegnati al Nuzzi'".
Quanto alle ragioni che lo hanno portato a sottrarre i documenti, Gabriele ha dichiarato: "anche se il possesso di tali documenti e' cosa illecita ho ritenuto di doverlo effettuare spinto da diverse ragioni quali i miei interessi personali, inoltre ritenevo che anche il Sommo Pontefice non fosse correttamente informato su alcuni fatti. In questo contesto fui spinto anche dalla mia fede profonda e dal desiderio che nella Chiesa si dovesse far luce su ogni fatto". "La ragione - ha detto ancora Gabriele al giudice - era quella di poter analizzare e capire il 'sistema', non avendo la possibilita' di farlo in ufficio".
© Copyright (AGI)
Nessun commento:
Posta un commento