giovedì 2 agosto 2012

Erik Peterson. Esegeta dell'eccezione (Thomas Söding)




Il libro


Pubblichiamo in questa pagina un articolo di commento e stralci di alcuni degli interventi raccolti nel volume Erik Peterson. La presenza teologica di un outsider (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2012, pagine 605). Si tratta degli atti del simposio sul teologo tedesco che si è tenuto a Roma dal 24 al 26 ottobre 2010. Il volume, a cura di Giancarlo Caronello, è stato presentato in occasione del convegno «Monoteismo e Trinità in Erik Peterson» che si è svolto presso il Centro Convegni della Santa Sede. Gli atti sono disponibili anche in lingua tedesca (Erik Peterson. Die theologische Präsenz eines Outsiders, Berlin, Duncker & Humblot, 2012, pagine 625, euro 98).



(©L'Osservatore Romano 2 agosto 2012)


Esegeta dell'eccezione


di Thomas Söding


Erik Peterson ha descritto Paolo come un «apostolo dell'eccezione», un ritratto che contiene in sé il massimo del riconoscimento, ma certo non solo ammirazione. Il rapporto di Peterson con Paolo è stato intenso. Si è trattato di un autentico confronto: una critica che suscita entusiasmo e al contempo un apprezzamento che comporta un certo margine di scetticismo. Il confronto di Peterson con l'Apostolo delle genti fu talmente intenso che nell'immagine specchiata del suo ritratto paolino si riflettono i tratti della sua stessa biografia di neotestamentario. Il loro essere fuori del comune è ciò che li unisce.
Solo a partire dalla pubblicazione degli «scritti scelti» (Ausgewählte Schriften) è documentabile quanto ampio e persistente sia stato l'interesse di Peterson per Paolo. Peterson stesso ha pubblicato solo alcuni brevi contributi su di lui. Ora invece si possono leggere le sue grandi lezioni sulla Prima Lettera ai Corinzi e sulla Lettera ai Romani.
Sono così divenuti accessibili numerosi studi su Paolo, sulla sua biografia e sulla sua teologia. Essi mostrano, più chiaramente di quanto fosse sinora ipotizzabile, che anche l'ecclesiologia di Peterson, la sua critica della teologia politica, il suo Heis Theos, la sua comprensione della storia -- strutturata grazie a un preferenziale ricorso all'escatologia e profondamente ispirata dalla categoria della «riserva» escatologica -- la sua categoria della rivelazione da lui elaborata in stretto riferimento alla contemplazione dei misteri della vita di Gesù e persino i suoi commentari non solo sul Vangelo di Luca, ma anche di quello di Giovanni e dell'Apocalisse stanno, quand'anche Peterson stesso non sempre se ne sia avveduto, sotto l'influenza dell'Apostolo delle genti.
È innegabile la tensione esistente tra l'immagine paolina di Peterson e quella che l'apostolo stesso dà di se stesso nelle lettere. Una tale tensione aiuta tuttavia a cogliere la posizione di Peterson all'interno della teologia del suo tempo. Il suo sublime paolinismo, che egli stesso non ha mai perfettamente chiarito, non si dà comunque per caso. Neppure è privo di conseguenze. Peterson è un esegeta dell'eccezione.
Persino la grande e duratura sofferenza per la sua solitudine non ne costituisce una spiegazione sufficiente. Né, tanto meno, rende ragione alla sua rilevanza e al suo ruolo ciò che Karl Barth gli scrive-va, con amichevole condiscendenza, il 22 agosto 1932: “Lei resterà pur sempre in questo eone uno straordinario outsider” Risulta fuorviante anche la sua stessa pur sublime auto-stilizzazione come viandante solitario senza maestri e senza allievi. Infatti, egli non era così indipendente dalla scienza biblica del suo tempo come pure spesso egli stesso si vedeva. Neppure i suoi studenti devono essere stati così ottusi come egli, in una lettera a Karl Barth del 30 novembre 1924 si lamentava, se nel semestre estivo seguente, al corso sulla lettera ai Romani, si annoverano tra i partecipanti un Ernst Käsemann come neoiscritto e un Otto Kuß come libero uditore.
Un esegeta dell'eccezione Peterson lo è in quanto, nel suo non-conformismo, ha formulato assunti teologici di grande solidità; lo è in quanto ha visto, nella sua ossessione filologica per il dettaglio, nessi attuali dei testi biblici che a molti sono rimasti celati; infine lo è in quanto, nella sua ecclesialità, come pochi altri ha ecumenicamente ispirato, se pure contro voglia, sia l'esegesi evangelica, sia quella cattolica.


(©L'Osservatore Romano 2 agosto 2012)

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