lunedì 11 giugno 2012

Strage di Cristiani. Il grido d'allarme di monsignor John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja (Galeazzi)


Riceviamo e con gratitudine pubblichiamo:


«Il mondo non può stare a guardare. Ma noi sapremo difenderci da soli»


Il grido d'allarme di monsignor John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja


GIACOMO GALEAZZI


CITTÀ DEL VATICANO


«È un calvario quotidiano. Il mondo non può restare indifferente di fronte a una strage senza fine». John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo della capitale federale Abuja e presidente dell’Associazione cristiana della Nigeria, denuncia lo «Stato assente» nell’escalation di attacchi mortali alle chiese.


Abuja è sede dell’Onu e quartier generale della polizia, com’è possibile che nessuno protegga i cristiani?


«Sono scioccato e sconvolto. Attentati kamikaze, raid armati, chiese date alle fiamme, festività cattoliche bagnate dal sangue di innocenti. Le autorità non difendono i nostri fedeli. Boko Haram dice di voler instaurare la “sharia” in Nigeria, ma la religione è solo un pretesto per fini politici ed economici. Chi uccide in nome di Dio è un assassino blasfemo».


I «taleban nigeriani» vogliono cacciarvi dal Paese?


«Questa è la nostra casa, non scapperemo. Non è un conflitto religioso, c’è manipolazione politica e rivalità fra gruppi contrapposti. Lo scontro per l’egemonia distrugge la convivenza pacifica tra le fedi. A farne le spese è la gente comune che deve convivere con la paura e la disperazione. Il governo promette sempre investimenti sulla sicurezza, ma la situazione peggiora ed ormai è uno scandalo agli occhi del mondo intero. La leadership musulmana li condanna, ma ci sono imam che predicano l’odio contro i cristiani. Il terrorismo non è amico di nessuno».


Qual è la vostra reazione?


«Ci massacrano e noi seguiamo l’esempio e le parole di Gesù. Quindi perdoniamo e preghiamo per la conversione degli attentatori. È gente che si lascia dominare dallo spirito del male: lanciare bombe contro bambini è opera del diavolo. Ma avere fiducia nella salvezza di Dio non significa rimanere con le mani in mano. Dobbiamo essere vigili e attenti alla sicurezza attorno a noi. Nelle nostre case, nei luoghi di lavoro e, soprattutto, nei luoghi di culto. Abbiamo fedeli con esperienza e competenza. Ci difenderemo con un attrezzato servizio di sicurezza, nei limiti della legge».


Qual è la posta in gioco?


«Questo orrore è venuto da lontano. La cultura dei terroristi non è nigeriana. Si vuole dividere il Paese per appropriarsi delle risorse naturali. Non abbiamo una salvaguardia adeguata. Poter contare sulle forze dello Stato è un nostro diritto come cittadini e un dovere dello Stato. C’è chi, anche fuori dalla Nigeria, vuole mettere i cristiani contro i musulmani per alimentare la guerra tra i due gruppi. Ciò causa un enorme danno alla nazione. Alla fine di ogni messa, prima della benedizione, recitiamo una per la Nigeria in pericolo».


Perché la Chiesa è nel mirino?


«Colpire noi significa colpire chi desidera l’accordo, cercare il caos e imporre fratture violente nelle stesse nostre religioni, cristianesimo e islam. I radicali accusano di debolezza i correligionari aperti al dialogo, ma il conflitto religioso è un alibi. Le lotte hanno origini tribali, politiche ed economiche».


© Copyright La Stampa, 11 giugno 2012 

2 commenti:

raffaele ibba ha detto...

Occorre scrivere al Governo Monti di chieder conto all'Eni di cosa fa in Nigeria, e così di ritirarsi dalla raccolta petrolifera nel paese.
Perché l'attuale dirigenza Eni è complice degli assassini di nigeriani. Cristiani e non cristiani.
ciao r

Anonimo ha detto...

E' una questione politico-economico-religiosa, come ovunque i cristiani vengono perseguitati.
Alessia