lunedì 25 giugno 2012

Nel segno della speranza: attesa per la visita del Papa alle popolazioni terremotate del Nord Italia (Radio Vaticana)


Nel segno della speranza: attesa per la visita del Papa alle popolazioni terremotate del Nord Italia


Le popolazioni terremotate del Nord Italia attendono con trepidazione l’arrivo del Papa che domani visiterà alcune delle zone maggiormente colpite dal sisma. Benedetto XVI arriverà in elicottero a San Martino di Carpi, alle 10.15, dove lo accoglierà, con l’affetto della popolazione, il vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina, e il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli. Prima tappa sarà la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria a Rovereto di Novi, dove ha perso la vita, schiacciato dalle macerie, il parroco don Ivan Martini. Al centro di Rovereto, poi, l’abbraccio con la comunità e il saluto del cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, presidente dell’episcopato dell’Emilia Romagna, e quello del presidente della Regione, Vasco Errani. Il servizio del nostro inviato Massimiliano Menichetti:


I campanili lesionati con gli orologi fermi sono l’immagine simbolo ormai nota di questa realtà, ciò che si respira però è anche il raccoglimento e la semplicità: si lavora per togliere le macerie e si attende l’arrivo del Papa. Il Successore di Pietro sarà, per quasi due ore, nella diocesi di Carpi, una delle più colpite, abbraccerà nel cuore e nella preghiera tutti i luoghi devastati dal terremoto: Mantova, Modena, Ferrara e Bologna. E mentre la terra ancora trema, la gente guarda all’incontro di domani con la speranza nel cuore, il desiderio di ricevere comprensione, incoraggiamento, la vicinanza della Chiesa proprio come ha sottolineato, ieri, Benedetto XVI all’Angelus in Piazza San Pietro. Intanto, fervono gli ultimi preparativi per allestire il grande gazebo al centro di Rovereto di Novi dove, intorno alle 11.15, il Papa terrà il suo discorso alla popolazione, dopo i saluti del cardinale Carlo Caffarra, presidente della Conferenza episcopaledell’Emilia Romagna, e del presidente della Regione, Vasco Errani. Circa 50 persone delle zone terremotate potranno parlare con il Papa: rappresentano tutti coloro che sono stati colpiti da questa tragedia, che ha ucciso decine di persone, e messo in ginocchio l’economia della zona. Ad abbracciare Benedetto XVI anche i vescovi, sindaci, parroci, ma anche i rappresentanti della Protezione civile e dei tanti volontari impegnati a rimuovere calcinacci e nell’assistenza a chi soffre o vive nelle tende con poca certezza e tante paure. Secondo gli ultimi dati della Protezione civile sono 45mila gli edifici a rischio, solo 4700 quelli dichiarati agibili. Completamente fermo il settore produttivo. 


E per una testimonianza sullo spirito con il quale le comunità terremotate attendono il Papa, Antonella Palermo ha raggiunto telefonicamente, in Emilia Romagna, don Roberto Montecchi, viceparroco di Finale Emilia, uno dei centri più colpiti dal terremoto:  


R. – Aspettavamo questa visita, la desideravamo, perché credo che sia uno di quei segni di Chiesa per noi importanti, di comunione di Chiesa. Ci sono ancora tante difficoltà. Lo stato d’animo è uno stato d’animo di paura, ma è anche uno stato d’animo di speranza. Le nostre comunità cristiane, dopo il primo sballottamento - la perdita dei luoghi di culto, la perdita dei luoghi di aggregazione - si sono ritrovate in quelle che sono le nostre tende. Piano, piano abbiamo ripreso la vita normale: la celebrazione dell’Eucarestia, i Sacramenti, i Battesimi e i matrimoni. Ci ritroviamo anche per altri momenti, come quelli di preghiera, quelli di aggregazione. Anche la nostra vita, proprio, la vita spirituale, sta ripartendo dopo quello che è stato un primo smottamento... Quindi, la visita del Papa non può che arricchirci, darci uno sprone, farci sentire vicini come Chiesa e vicini pure alla Chiesa, che prega e che sta lavorando anche per noi.


D. – Ritiene che ormai i riflettori dell'informazione si siano spenti sul terremoto?


R. – Se non ci sono altre catastrofi, è naturale che non si parli più del terremoto. Il principale protagonista era il terremoto, ma nel momento in cui il terremoto è venuto meno, è naturale che se ne parli molto meno... Credo, però, che la gente dell’Emilia, la gente di Finale, la gente della Bassa, preferisca così. Quello che ci interessa è rimboccarci le maniche e costruire. Conosco quasi tutta la gente di Finale e la prima cosa che ha fatto dopo le varie scosse è stato "ricominciare". Credo che questo sia lo spirito. Certo, gli aiuti dall’esterno sono sempre una cosa buona, ma penso che l’attenzione non venga tanto dall’informazione, quanto dai tanti che telefonano e dicono: “Noi vorremmo fare questa piccola cosa”. E’ quella l’attenzione che noi accogliamo in maniera più forte, in maniera più vera.


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