martedì 5 giugno 2012

Le "correzioni" paterne di Benedetto XVI e l'invito alla conversione per i suoi "delatori". Il commento del Prof. Nicola Di Bianco


Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:


LE “CORREZIONI” PATERNE DI BENEDETTO XVI E L’INVITO ALLA CONVERSIONE PER I SUOI “DELATORI”

Nicola di Bianco 
(Professore all'Istituto Teologico Salernitano)


Fin dall’inizio del suo pontificato e già in alcuni pronunciamenti come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto riferimento all’urgenza di una radicale riforma della Chiesa. Nella metafora evocata nelle prime parole pronunciate come Papa dalla loggia della basilica Vaticana - «Cari fratelli e sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto un semplice eumile lavoratore nella vigna del Signore …»,  si percepì che Egli si sarebbe occupato principalmente della cura della vigna (Chiesa), della sua ripulitura dagli abusi e della riforma della Chiesa. Già Paolo VI nell’Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi (1975) scriveva: «La Chiesa evangelizzatrice comincia a evangelizzare se stessa». A molti è stato perciò chiaro che l’eminente teologo, il cardinale Josef Ratzinger,  divenuto Papa con il nome di Benedetto XVI, si sia posto in ideale continuità (oltre che con il suo venerato e oggi beato predecessore Giovanni Paolo II) con il pontificato di Paolo VI, segnato dalla conclusione e dalla prima attuazione del Concilio Vaticano II. Proprio alla corretta interpretazione dei testi Conciliari Benedetto XVI dedicò un importante discorso alla Curia romana (2009), per invitare tutti a riannodare i fili della “continuità storica” della riforma dell’unico soggetto Chiesa e ricusare l’ermeneutica della “rottura”, che pericolosamente si annidava in alcune espressioni ecclesiali.
A conclusione del suo settennato da pontefice e a circa cinquanta anni da quell’evento (non ancora ben compreso e soprattutto non ancora rettamente attuato) il “vecchio” papa (85 anni suonati) impegna tutte le sue energie residue per traghettare la Chiesa fuori dalle pericolose correnti “relativistiche” verso l’orizzonte luminoso della “nuova evangelizzazione”. L’aperta condanna della “dittatura del relativismo”, la “mite fermezza” mostrata nel gestire gli scandali sulla pedofilia del clero e gli abusi in materia finanziaria e monetaria, le aperture verso i lefevriani desiderosi di riconciliazione da una parte e verso gli anglicani intenti al riavvicinamento dall’altra, l’attenzione dedicata ai dossier per la selezione e la nomina dei vescovi, le scelte oculate dei suoi più stretti collaboratori (i nuovi cardinali), l’orientamento impresso al collegio cardinalizio e l’intensa produzione magisteriale, unita alla pubblicazione dei due volumi sul Gesù di Nazareth, stanno connotando questo pontificato come “riformatore”. Ogni “riforma” in qualsiasi ambito (economico, politico, finanziario, …) appare ai più verticistica, monocratica, poco rispettosa della collegialità,… e soprattutto poco gradita dalla base, perché comporta inevitabilmente l’umile accoglienza delle “correzioni” di rotta suggerite. Ecco il vero problema e il nodo della questione: la correzione (“sostituzione della forma giusta a quella sbagliata”). Di qui l’invito della CEI ad affrontare con responsabilità e coraggio l’urgenza dell’ emergenza educativa. “Correggere” deriva dal latino cum-regere (governare insieme) e significa rendere consapevole qualcuno di aver fatto un errore : un verbo caduto in declino nel lessico pedagogico dei nuclei familiari, dei sistemi educativi e sociali (e forse anche nella mentalità di alcune espressioni ecclesiali) dopo la rivoluzione del ’68, proprio all’indomani della chiusura del Concilio. La scomparsa del tema è probabilmente legata, come giustamente teorizza Papa Ratzinger, all’imporsi del “relativismo etico” conseguente all’affermarsi del “relativismo teoretico”. Se non si distinguono più il “vero” dal “falso” e, conseguentemente, il “bene” dal “male”, come sarà possibile correggere? Omettere la “correzione”, enfatizzare la “libertà soggettiva” e temere le conseguenze della coercizione, favorisce il degradare della persona e della società verso la “corruzione” e il disfacimento dei valori morali. E ce ne stiamo accorgendo.


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Il “saggio” pontefice, tuttavia, da buon teologo conosce la Sapienza biblica e non deflette dai suoi principi.  Dalla cattedra di Pietro con il suo autorevole magistero sembra ripeterci paternamente: “Figlio mio, non disprezzare l’istruzione di Jhwh e non ti stancare dei suoi rimproveri, perché Jhwh corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto” (Pr 3,12); “Cammina verso la vita chi accetta la correzione, chi trascura il rimprovero si smarrisce” (Pr 10,17); “Chi ama la correzione ama la scienza, chi odia il rimprovero è stupido” (Pr 12,1); “Chi risparmia il bastone odia suo figlio, chi lo ama è pronto a correggerlo” (Pr 13,24); “Correzione severa per chi abbandona il retto sentiero; chi rifiuta il rimprovero morirà” (Pr 15,10); “Correggi tuo figlio finché c’è speranza, ma non ti trasporti l’ira fino a ucciderlo” (Pr 19,18); “Correggi il figlio e ti farà contento e ti procurerà consolazioni” (Pr 29,17); “Non ti vergognare delle cose seguenti … di correggere spesso i tuoi figli …” (Sir 42,1.5); “Meglio ascoltare il rimprovero di un saggio che ascoltare la lode degli stolti” (Qo 7,5). E con l’apostolo ci esorta: “Vi preghiamo poi fratelli di aver riguardo per quelli che faticano tra di voi, che vi sono preposti nel Signore e vi ammoniscono; trattateli con molto rispetto e carità, a motivo del loro lavoro” (1Tes 5,14-15); “Certo, sul momento ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati” (Eb 12,11). Egli con san Tommaso ci ricorda: “Anche nel Nuovo Testamento ci sono uomini carnali, che ancora non hanno raggiunto la perfezione della legge, e che bisogna indurre alle azioni virtuose con la paura del castigo o con la promessa di beni temporali” (Summa Teologica I-II, q. 107, 1, ad 2).
Se nel cuore del Papa in questi giorni c’è “tristezza” (e come potrebbe non essere altrimenti) per i recenti avvenimenti non manca tuttavia la “ferma certezza … che la Chiesa è guidata dallo Spirito santo”. I suoi “delatori” troveranno perciò motivo di resipiscenza ponendosi in ascolto delle seguenti salutari esortazioni: “Guardatevi dunque da inutili mormorazioni, preservate la lingua dalla maldicenza, perché neppure una parola segreta sarà senza effetto; una bocca menzognera uccide l’anima” (Sap 1,11); “Non ripetere mai la parola udita (diceria) e non ne avrai alcun danno” (Sir 19,7); “Scompaiano  da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità” (Ef 4,31); “Allontanate dunque ogni genere di cattiveria e di frode, ipocrisie, gelosie e ogni maldicenza” (1Pt 2,1); “Chi calunnia in segreto il suo prossimo io lo ridurrò al silenzio” (Sal 101,5); “Maledici il calunniatore e l’uomo che è bugiardo” (Sir 28,13); “Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore” (1Pt 4,15); “La tramontana porta la pioggia, la lingua maldicente (parlare male in segreto) provoca lo sdegno sul volto” (Pr 25,23); “Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, anche tutto ciò che è occulto, bene o male” (Qo 12,14).

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