mercoledì 27 giugno 2012
Il Papa in Emilia: In mezzo a tanta distruzione non siete soli (Galeazzi)
Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
Il Papa: “Non siete soli in mezzo alla distruzione”
In visita ai terremotati:“Le case hanno crepe, i vostri cuori no” E Vasco Errani denuncia l’ombra dei clan sulla ricostruzione
GIACOMO GALEAZZI
INVIATO A ROVERETO (MODENA)
"In mezzo a tanta distruzione non siete soli". È la visita più breve del pontificato ma forse la più significativa. Due ore per rassicurare chi in un istante si è visto crollare il mondo addosso, per vigilare sugli aiuti, per impedire che si spengano i riflettori sulla tragedia, per scongiurare infiltrazioni mafiose nella ricostruzione. Raggiungere la «zona rossa» di Rovereto (una delle cittadine più colpite dal terremoto) è un percorso di guerra e draconiane misure di sicurezza negano a centinaia di fedeli la consolazione dell’incontro con il Papa. Dalle impalcature scendono gli operai: si uniscono agli sfollati, ai volontari e alle autorità che per la prima volta in un viaggio papale non hanno un’area riservata. «Le case hanno crepe, i vostri cuori no: la vita vuole ricominciare», afferma il Pontefice, contrapponendo la fede alla paura di nuove scosse. Confida di «aver sentito il bisogno di venire di persona».
Qui la Chiesa ha il volto della Caritas e delle suore che assistono gli anziani nelle tendopoli, l’episcopio non è agibile e il vescovo di Carpi, Francesco Cavina, gira in bici come don Camillo tra container e mense a cielo aperto. Ai preti, ai soccorritori e ai cittadini che si rimboccano le maniche, spalano macerie, puntellano chiese e case, il Papa cita il salmo 46: «Dio è rifugio, non temiamo se trema la terra». Al termine di una Via Crucis percorsa nell’afa con il breviario in mano, prega davanti a quel che resta della parrocchia dove don Ivan Martini è morto per salvare la Vergine. Da allora questa statua è venerata come patrona dei terremotati e il Papa si inginocchia per affidarle un popolo stremato. L’accoglienza è festosa anche se intorno è tutto un cantiere. «Non mi aspettavo tanta gioia da gente che soffre così», commenta col suo seguito Joseph Ratzinger, visibilmente commosso. Poi dal palco scandisce: «Serve la fede per ricostruire, come nel Dopoguerra».
Il governatore dell’Emilia Romagna, Vasco Errani, denuncia l’ombra dei clan sugli appalti. Il decreto tarda e al governo il Papa indica il modello del Buon Samaritano che non ignora il bisognoso. In jeep militare scoperta si muove tra il campo sportivo e il crocifisso recuperato dai vigili del fuoco.
Lancia «un forte appello alle istituzioni», sollecita la «ricostruzione del tessuto comunitario delle parrocchie». Vede «tante ferite, ma tante mani che le vogliono curare». Esorta a «non cedere alle tentazioni degli interessi individuali». Don Edoardo Ballestrazzi, parroco di Santa Maria Assunta, accompagna lavoratori di aziende devastate dal sisma. «È gente che prende i mattoni e rimette in piedi i palazzi senza credere alle promesse», scuote la testa: «Per ripartire ci serve più l’interessamento sincero del Papa dei fiumi di parole vuote dei politici».
Nelle fabbriche e nelle palazzine pericolanti, gli striscioni appesi per la visita del Pontefice sono un grido d’aiuto. «Non dimenticateci». Tanti gli extracomunitari. Quasi nessuno di loro è cattolico, ma tutti riconoscono al Papa un’autorevolezza morale che rincuora ora che, avverte il vescovo, il post-terremoto rischia di essere peggio del terremoto.Nelle giornate di terrore di fine maggio si è sgretolato anche il Cinema Teatro dove il Coro delle mondine o la Filarmonica novese alzavano il sipario ogni fine settimana."Siamo senza la nostra casa, ma non ci arrendiamo", garantisce Paolo Di Nita.
Il Pontefice ascolta la "meglio gioventù" impegnata a rimuovere calcinacci o distribuire acqua. Negozi sbarrati, atmosfera sospesa, surreale. Poche certezze e tante paure. 45mila gli edifici a rischio, solo 4700 quelli dichiarati agibili. Completamente fermo il settore produttivo. Don Roberto Montecchi, viceparroco di Finale Emilia, fa il punto:"Le nostre comunità cristiane, dopo il primo sballottamento (la perdita dei luoghi di culto e di aggregazione) si sono ritrovate nelle parrocchie-tende. Abbiamo ripreso la messa, i sacramenti, i battesimi, i matrimoni". Allo stadio di San Marino stessa scena. Papà e mamme assieme ai loro bambini, disabili in prima fila, anziane con in mano il rosario da far benedire al Papa. Il blitz di Ratzinger è "un segno d'amore e di speranza". Con un impegno:" La Chiesa non vi abbandonerà". E un dono: tre milioni e mezzo di euro. Dal finestrino dell'elicottero l'ultimo sguardo ad una terra "colpita ma non piegata". Se serve, tornerà.
© Copyright La Stampa, 27 giugno 2012
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