venerdì 1 giugno 2012

Il direttore artistico della Scala, Lissner: attendiamo con gioia il Papa “musicista”


Il direttore artistico della Scala, Lissner: attendiamo con gioia il Papa “musicista”


Uno dei momenti più significativi della prima giornata del Papa a Milano sarà la visita al Teatro alla Scala, dove stasera si terrà un concerto in suo onore. Sulla presenza del Pontefice nel luogo simbolo della musica classica, Antonella Palermo ha intervistato Stéphane Lissner, sovrintendente e direttore artistico del Teatro alla Scala di Milano:


R. - Prima di tutto direi che tutto il Teatro è, ovviamente, molto onorato della visita del Santo Padre, perché è chiaro che, in un momento anche di crisi, di grande difficoltà, è un evento straordinario sia per il nostro Teatro, sia per la città di Milano. Dico la città di Milano perché, ovviamente, si sa come è tanto legata la Scala alla sua città. Per noi, quindi, è un onore e un evento veramente fantastico che, per di più, al di là di Milano, attraverso ovviamente la televisione, il concerto della Nona di Beethoven, la presenza del Papa, il suo discorso sul palcoscenico tutto questo sarà diffuso nel mondo intero. 


D. - Benedetto XVI, infatti, non solo assisterà al concerto di cui gli farete omaggio, ma pronuncerà anche un discorso proprio da questo palcoscenico. Che messaggio vi attendete? 


R. - Ci aspettiamo, ovviamente, un discorso sulla pace, perché è un momento di grande violenza nel mondo, di grande confusione e soprattutto dove ci sono sempre più persone che hanno tante difficoltà a vivere, tante persone sempre più povere che sono in grandi difficoltà: basta guardare in Italia tutte le famiglie che sono in grandi difficoltà. E’ chiaro che la presenza del Papa e il suo discorso saranno ovviamente molto attesi. 


D. E’ nota la spiccata sensibilità musicale di Benedetto XVI…


R. Questo, ovviamente, è grazie alla sua nazionalità tedesca: da quattro secoli, grandi Paesi come Italia, Francia e Germania sono naturalmente i tre grandi Paesi della musica classica. E quindi è vero il fatto che il Santo Padre è un musicista ed è chiaro che noi, che cerchiamo sempre di essere all’altezza dell’evento dal punto di vista musicale, questa volta dovremo esserlo ancora di più!


D. - Come avete scelto il programma della serata dedicato al Papa? 


R. - C’erano due possibilità: o prendere quattro - cinque pezzi italiani diversi, per fare un programma, oppure fare la Nona di Beethoven, con l’Inno alla Gioia, ovviamente. E quindi abbiamo optato per questa scelta, insieme al nostro direttore musicale, Daniel Barenboim, ed un cast eccezionale, con due grandi artisti italiani – Barbara Frittoli e Daniela Barcellona – ed altri due artisti come John Botha e René Pape. 


D. - Quindi perché questa scelta? 


R. - Ci sono alcuni vincoli, come ad esempio la durata: deve essere un concerto che non vada troppo al di là di un’ora, un’ora e dieci minuti. E poi abbiamo pensato, anche attraverso l’idea della famiglia, che l’Inno alla Gioia è un po’ il prolungamento delle tre giornate dell’Incontro mondiale delle famiglie. Poi, è chiaro che è stata una scelta legata alla grande musica tedesca. Ci sono ovviamente tante motivazioni: il messaggio, naturalmente, deve essere un messaggio universale. 


D. - L’arte musicale avvicina alla fede, secondo Lei? 


R. - Sì, è un linguaggio universale. La musica, così come la pittura ad esempio, sono delle arti che hanno una qualità, più di altre forse, che permette loro di essere capite da tutti. E questo naturalmente è un punto importante. Barenboim ha deciso di formare un’orchestra con musicisti palestinesi, arabi, israeliani, proprio per mettere insieme questi due mondi che non riescono a parlare insieme, a trovare la pace. Poi, io direi anche che dal punto di vista del nostro momento così difficile, della crisi attuale, è anche per noi un segnale da dare per confermare che la musica è anche un “cemento sociale”: riesce a mettere la gente insieme e questo, in questo momento, è ancora più importante. 


D. - Un’ultima domanda riguarda proprio i tagli alla cultura che portano in uno stato di grande sofferenza chi è chiamato a promuoverla. Lei come valuta l’interesse e il contributo da parte della Chiesa oggi nella diffusione della cultura musicale, in particolare, soprattutto tra le giovani generazioni? 


R. - Ancora una volta, in questi momenti di difficoltà, è chiaro che si sa bene che la gente ha bisogno sempre più di cultura, sempre più di riflessione, che sono fondamentali in questo momento, perché non basta soltanto divertirsi e andare avanti soltanto con un’idea di leggerezza: la leggerezza è importante, però ci vuole anche attraverso l’arte e la cultura, la possibilità di riflettere e di cercare di diminuire l’egoismo, l’individualismo della gente di oggi. Per questo, prima ho parlato di “cemento sociale”: perché la cultura riesce, giustamente, a mettere la gente insieme e a farla riflettere insieme, a partire da un libro, da una musica, da una mostra…Tutto può aiutare. E quindi è dovere dello Stato, è dovere di tutti, naturalmente, aiutare lo sviluppo della cultura e permettere che un Paese come l’Italia, che ha uno dei più bei patrimoni del mondo, usi questo patrimonio e permetta a tutti, soprattutto a chi non può permettersi di andare all’Opera o di andare ad un concerto, di aprire le porte di tutto questo patrimonio, perché la cultura deve essere per tutti. 


D. - Dalla Chiesa vi sentite sostenuti abbastanza? 


R. - Ha sempre avuto, con il nostro Teatro e con la nostra cultura in Italia, un atteggiamento molto forte ed è stata sempre vicina all’arte e alla cultura. Quindi mi sembra che da secoli sia così. 



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