giovedì 14 giugno 2012

Dove osano i corvacci (Giuseppe Rusconi)


Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:


ROSSOPORPORA ospitata da ‘TEMPI’ 24/2012 in edicola – di GIUSEPPE RUSCONI

DOVE OSANO I CORVACCI

Occuparci di quel che sta succedendo in Vaticano non ci appassiona per niente. A noi piace ascoltare all’alba, nell’incanto di una baita montana, il cinguettio degli uccelli (ne hanno tante di cose da dirsi…); non siamo invece predisposti a porgere l’orecchio al gracchiare di corvi umani nei corridoi curiali (in ogni caso da una parte si faccia pulizia, dall’altra si eviti di prestare il fianco a critiche di inefficienza!) Ci piace la Chiesa solare, quella che annuncia il Vangelo senza se e senza ma, che – come a Milano per bocca del Papa – fa giungere alle moltitudini (in primo luogo ai giovani) parole non effimere sul senso della vita, che nel concreto aiuta anche materialmente chi soffre in ogni parte della Terra (quanti bei colori diversi, di bandiere e di volti, nel VII Incontro mondiale delle famiglie!). E, tuttavia, anche in questa rubrica, può essere utile cercare di misurare – attraverso le considerazioni di alcuni porporati – gli effetti delle attuali vicende interne ai Sacri Palazzi.
Proprio da uno di questi Sacri Palazzi - quello del Sant’Uffizio - rileva il cardinale Elio Sgreccia, che il dolore per quanto accade è grande e proprio per questo spinge i cattolici ad abbracciare il Papa: “Non è solo una mia impressione che la figura del Santo Padre non risulti macchiata dalle ultime vicende, ma rifulga per l’affetto e la solidarietà portati dai fedeli. In fondo in ogni famiglia può capitare che un figlio venga scoperto dai genitori mentre trasgredisce gravemente: ciò arreca un grande dispiacere a chi lo scopre e nel contempo fa soffrire la famiglia intera. Però non diminuisce la considerazione per i genitori e la speranza per tutti di uscirne”. Qualcuno, eminenza, annota che nella storia della Chiesa ne sono successe di peggio: “Non è una grande consolazione. Certo accadeva anche di peggio, ma non sarebbe dovuto accadere”. Continua il presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita: tuttavia quanto è successo non ci deve portare a concludere che sia “tutto da buttare”: “So per esperienza quanti in Curia lavorano in silenzio, con grande efficienza; so quanto aiuti la Chiesa i deboli, i poveri, i terremotati in Italia e all’estero”. Però, eminenza, questo è messo un po’ in ombra nella comunicazione massmediatica… “La verità vorrebbe che i massmedia si riequilibrino nelle loro cronache, evidenziando anche il tanto bene che la Chiesa fa quotidianamente nel mondo”. Non sarà tanto facile… “Purtroppo molti massmedia non riconoscono alla Chiesa gli aspetti sacrali e di fede. Non solo, ma guardano ad essa con un atteggiamento pessimista, nichilista, che fatalmente è portato a enfatizzare il marcio che esiste in alcuni uomini dell’istituzione, analogamente a quanto accade in tutte le istituzioni. Come fanno allora a vedere il bene, che – scriveva Romano Guardini – è l’unico ad esistere, poiché il male è soltanto carenza dell’essere”?
Spostiamoci in un altro Palazzo, quello trasteverino di San Calisto. Lì, tra gli altri porporati, c’è Antonio Maria Vegliò, marchigiano come Sgreccia. Il presule settantaquattrenne - che considera “un privilegio” collaborare con il Santo Padre,  essendo “onorato e contento di servire la Chiesa avendolo come guida” - ci tiene a evidenziare che “la Chiesa supererà la crisi”, poiché essa “opera per mano dell’uomo, ma la sua essenza è divina”. In effetti, “quando il Signore ha creato la Chiesa non ha detto agli apostoli: Fondo questa associazione e la metto nelle vostre mani, ma Fondo la mia Chiesa”. Perciò “ci si deve sempre ricordare che la Chiesa è di Gesù”. La Chiesa, poi, “non va identificata solo con il Vaticano, la Curia, i preti”: è una “concezione sbagliatissima”, dato che essa è costituita da “tutto il popolo di Dio”. Anche nel passato la Chiesa ha conosciuto vicende cupe, da valutare con un metro di ragionevolezza: “Ogni azione umana è condizionata dalla cultura del proprio tempo e del proprio ambito sociale, dai quali non si può prescindere nel considerarne la gravità. Perché atti considerati crimini gravi in un’epoca, appaiono di minore entità in un’altra, pur restando imperdonabili”. Eminenza, qual è la novità in quel che accade oggi? “Credo sia rappresentata proprio dai massmedia, da voi giornalisti che, con l’aiuto della rete, diffondete notizie in tempo reale senza avere il tempo di valutarne tutti gli aspetti con saggezza. E’ evidente che l’uomo contemporaneo agisce e reagisce in contesti e situazioni umane del tutto differenti, che risentono di una nuova sensibilità globalizzata”. Rileva il presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti che certo comprende la situazione non comoda in cui si trovano molti giornalisti: “E’ vero che scrivono a volte parole che mi fanno dubitare della loro intelligenza. Però so che devono scrivere e devono metterci un po’ di sensazionalismo. Se dovessero scrivere cose semplici, normali di cui magari sono intimamente convinti, rischierebbero di non vedersi pubblicare il loro pezzo”. Dentro il Vaticano è comunque successo (e continua a succedere) qualcosa di realmente disdicevole… Osserva qui argutamente il cardinale Vegliò: “Lei sa che il verbo ‘vigilare’ è tra i più utilizzati nel nostro linguaggio ecclesiale. Ciò non toglie tuttavia che una maggiore attenzione sia comunque utile”.
Incontriamo il cardinale Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga in un altro Palazzo, quello della Radio Vaticana, dove è venuto per presentare un saggio di Eugenio Fizzotti su “Psicologia e maturità nella vita consacrata”(Libreria editrice vaticana). E’ reduce dalle Giornate di Milano e gli brilla ancora negli occhi e nel cuore “il lunghissimo applauso” con cui le centinaia di migliaia di fedeli hanno ringraziato il Papa la domenica mattina, scandendo anche “Benedetto, Benedetto”: “E’ stata la grande riaffermazione dell’amore che il popolo cattolico ha per la Chiesa e per il Santo Padre”. Il sessantanovenne porporato ha visto il Papa “tranquillo e felice”: “Ho anche avuto la fortuna di mangiare vicino a lui; stava veramente bene, rilassato, contento per la grande risposta data da tantissime famiglie convenute a Milano da tutto il mondo”. Ciò, osserva il presidente di ‘Caritas Internationalis’, “dà speranza per il futuro”. Riguardo agli avvenimenti vaticani il porporato honduregno osserva che, essendo Roma il centro del Cattolicesimo, “i giornali di qui insistono quotidianamente su queste vicende, trasformandole quasi in un romanzo a puntate”. E in America latina? “Le notizie vengono pubblicate, ma poi – dopo un paio di giorni – sono ridotte a ‘brevi’ e l’eco si spegne”. Quanto incidono tali vicende sull’atteggiamento dei cattolici latino-americani verso Roma? “Contrariamente a quel che si può pensare per i cattolici europei, non incidono per niente, ma proprio per niente. Da noi la gente capisce che la Chiesa è di Gesù Cristo. Ne ha già sopportate tante di prove: però le ha sempre superate, confidando nella promessa di Gesù: ‘Io sarò con voi fino alla fine dei tempi’.
Torniamo in Europa, finendo questa breve carrellata di reazioni con Praga. Dal Palazzo dell’Arcivescovado sulla piazza del Castello, da dove il cardinale Miloslav Vlk premette che nella Repubblica Ceca non ci sono quotidiani cattolici, ma solo un settimanale. I massmedia cechi hanno pubblicato le notizie, commentate a seconda dell’orientamento ideologico. Tuttavia nel Paese c’è un dato di fondo: “Il panorama massmediatico è sempre segnato dai lunghi anni di regime comunista”. Ciò comporta che “la Chiesa sia guardata solo superficialmente, considerata solo come un’istituzione umana, fondata dagli uomini”. La conseguenza è che i giornali anticlericali gongolano e evidenziano che “anche la ‘santa’ istituzione della Chiesa” è stata colpita dalle stesse magagne della società: “Anche lì c’è una lotta di potere tra diverse correnti”. Per il porporato ottantenne, però, “questo scandalo, come è stato per il precedente relativo agli abusi sessuali, può servire per purificarci, rendendo coscienti i fedeli che la Chiesa è un’assemblea di uomini deboli, di peccatori”. Non ci si deve stupire di quel che accade: “Gesù, incominciando la sua missione salvifica, ha scelto un gruppo di uomini deboli. Qualcuno l’ha anche tradito. Ai piedi della Croce c’era un unico discepolo che amava Gesù”. Anche questa faccia – conclude l’arcivescovo emerito di Praga – “appartiene alla Chiesa”.
Che gli statunitensi, in particolare, siano avvezzi a un clima battagliero e non temano le critiche di chi invece per lunga storia preferisce (quasi) sempre la via del compromesso, è dimostrato dalla partecipazione del cardinale Raymond Leo Burke alla seconda ‘Marcia per la vita’, promossa domenica 13 maggio tra molte polemiche sotterranee dalle associazioni ‘Famiglia domani’ e ‘Movimento europeo difesa vita’. “Qual è il primo precetto della legge morale? – osserva alla partenza, all’ombra del Colosseo, il prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica – La testimonianza in favore della dignità inviolabile. Una testimonianza in cui dobbiamo mettere tutta la nostra forza”. Eminenza, se l’anno scorso a Desenzano sul Garda i partecipanti sono stati cinquecento, stavolta bisogna moltiplicarli per venti… “Questa manifestazione è voluta dalla gente, che ha una grande voglia, una voglia crescente di esprimere il suo amore per la vita. Lo si vede dal numero di quelli che sono qui. Anche negli Stati Uniti è stato così. E una marcia di questo genere rincuora, infonde coraggio, accresce la speranza”. Alcuni sostengono che manifestazioni come questa non sono utili, dividono, meglio seguire altre strade… “Per me, per la mia esperienza, invece la marcia è molto utile, dà un contributo fondamentale alla battaglia per la vita”. Eminenza, almeno la metà dei manifestanti è fatta di giovani… “Proprio come in America. I giovani penso comprendano meglio di noi adulti la crisi della nostra cultura, sanno che ha radici profonde, sanno che cresce la necessità di pretendere rispetto per la vita umana in ogni sua fase”. La marcia procede… piazza Venezia, Largo Argentina, Ponte di Castel Sant’Angelo… diecimila cristiani festanti sotto il sole. Il cardinale Burke c’è per tutto il percorso, non ha fatto solo passerella per le tv. E alla fine… “E’ stato un evento splendido, pieno di speranza per tutti. Speriamo di poterlo rinnovare ogni anno, con sempre più gente!”. A conclusione della ‘marcia’, che ha visto una folta partecipazione anche internazionale (polacchi in prima linea) il cardinale Angelo Comastri ha presieduto una messa in San Pietro, ribadendo durante l’omelia che “l’aborto è un assassinio”. La domenica seguente l’Aula Nervi (circa tremila i partecipanti) ha invece ospitato la manifestazione organizzata dal Movimento italiano per la Vita, presente il cardinale Ennio Antonelli, in cui si è lanciata la petizione “Uno di noi” per ottenere che il tema della protezione del concepito sia discusso in sede europea: in un anno di tempo si dovrà raccogliere un milione di firme in almeno sette Stati dell’UE. 
Recentemente all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede è stata presentata la Fondazione ‘Flyings Angels’, che si propone di raccogliere i fondi necessari per il trasferimento rapido di bambini malati negli ospedali pediatrici. Promossa da genovesi, è stata ‘battezzata’ ufficialmente dal cardinale Angelo Bagnasco con una meditazione sulla sofferenza dei bambini. Che – come del resto quella di tutti i malati - deve trovare la più ampia solidarietà della società nel suo insieme e dello Stato “nelle sue proprie forme”. Essi “devono farsi carico in ogni modo e con ogni mezzo di quel patrimonio unico ed irrinunciabile che è la vita di ogni persona”. Del resto “la malattia si risolve curando ed accompagnando, sapendo che la malattia più temuta e il dolore più grande sono la sofferenza e l’abbandono”. Per i bambini questo vale ancora di più: “Urge così la necessità che i genitori non si sentano soli con il loro dramma, soli a portare la croce del figlio per il quale vorrebbero dare la loro stessa vita”. Si chiede poi il presidente della Cei: “Tra i bambini chi è più indifeso di coloro che non hanno ancora voce per affermare il proprio diritto? E che spesso non hanno neppure un volto da opporre?” Analogamente “come non ricordare quanti la voce e la coscienza non ce l’hanno più, come i malati cosiddetti terminali”? Perciò “se queste vite, che somigliano a dei lumini appena o ancora accesi, fossero spente, quanto buio scenderebbe sulla società intera!” E’ una “questione di civiltà, quella vera, che si fa carico della fragilità anche con sacrifici non lievi”. L’Italia odierna corre un rischio, ha concluso il cardinal Bagnasco: quello di “perdere” tale senso di responsabilità sociale incarnata nella sua storia, “prestando ascolto a parole ammantate di libertà e che rispondono invero a visioni oscure di efficienza, di mercato e di comodo”.



ROSSOPORPORA ospitata da ‘TEMPI’ 24/2012 in edicola – di GIUSEPPE RUSCONI

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