martedì 12 giugno 2012

Dal Papa l’identikit del collaboratore davvero “fedele”


Dal Papa l’identikit del collaboratore davvero “fedele”


La gratitudine di Ratzinger ai componenti della Curia romana


Gratitudine per l’aiuto che riceve «quotidianamente da molti collaboratori della Curia romana e delle rappresentanze pontificie» e per il sostegno da «innumerevoli fratelli e sorelle di tutto il mondo». 
Nel ricevere in udienza docenti e alunni della Pontifica Accademia Ecclesiastica (che è l’istituzione in cui si formano i sacerdoti che si preparano ad entrare a far parte del Servizio diplomatico della Santa Sede presso le Nunziature Apostoliche o la Segreteria di Stato) il Santo Padre ha pronunciato nuovamente parole di stima e apprezzamento per i collaboratori curiali e per i diplomatici vaticani nel mondo. Un riferimento per nulla casuale, visto che, al suo cospetto, Benedetto XVI si è trovato i futuri operatori diplomatici della Santa Sede ed ha, quindi, tracciato una sorta di identikit del collaboratore fedele. In tempi di “corvi” e di veleni sparsi in abbondanza sulla Sede apostolica è, forse, la strategia migliore per dimostrare di non essere stanco né affaticato, ma estremamente lucido e determinato a guidare la Chiesa universale con l’umiltà e la fermezza che lo contraddistinguono. Inizialmente denominata “Accademia dei Nobili Ecclesiastici”, fu fondata, nel 1701, dall’abate Pietro Garagni, con il consiglio del beato Sebastiano Valfrè dell’Oratorio di San Filippo Neri di Torino: ne sono stati alunni i pontefici Clemente XIII, Leone XII, Leone XIII, Benedetto XV e Paolo VI.
Rivolgendosi ai componenti di scuola d’eccellenza Benedetto XVI ha sottolineato che la «lealtà che si vive nella Chiesa e nella Santa Sede non è una lealtà “cieca”. La decisione di essere fedeli al Pontefice è, infatti, illuminata dalla fede in Colui che ha detto: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”». «Cari amici - ha ammonito - nella misura in cui sarete fedeli, sarete anche degni di fede».
Ratzinger ha, poi, delineato il difficile compito che sono chiamati a svolgere gli operatori della diplomazia pontificia: «È una grave responsabilità - ha affermato durante il suo intervento che è stato preceduto dall’indirizzo di saluto di monsignor Beniamino Stella, arcivescovo titolare di Midila e presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica - ma anche un dono speciale, che con il passare del tempo va sviluppando un legame affettivo con il Papa, di interiore confidenza, un naturale idem sentire, che è ben espresso proprio dalla parola fedeltà».
«Per alcuni di voi - ha proseguito - si avvicina il giorno della partenza per il servizio nelle Rappresentanze pontificie sparse in tutto il mondo. Il Papa conta anche su di voi, per essere assistito nello svolgimento del suo universale ministero. Vi incoraggio a vivere il legame personale con il Vicario di Cristo come parte della vostra spiritualità». «Si tratta certamente - ha aggiunto - di un elemento proprio di ogni cattolico, ancor più di ogni sacerdote. Tuttavia, per quanti operano presso la Santa Sede esso assume un carattere particolare, dal momento che essi pongono al servizio del Successore di Pietro buona parte delle proprie energie, del proprio tempo e del proprio ministero quotidiano».
«Dalla fedeltà a Pietro che vi invia, deriva - ha concluso il Santo Padre - anche una particolare fedeltà verso coloro ai quali siete inviati: si richiede, infatti, ai Rappresentanti del Romano Pontefice e ai loro collaboratori di farsi interpreti della sua sollecitudine per tutte le Chiese, come anche della partecipazione e dell’affetto con cui Egli segue il cammino di ogni popolo».


© Copyright La Discussione, 12 giugno 2012 consultabile online anche qui.

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