venerdì 9 novembre 2012
Il card. Koch si congratula con il Rev.do Justin Welby, nuovo primate anglicano
Il card. Koch si congratula con il Rev.do Justin Welby, nuovo primate anglicano
La Chiesa d’Inghilterra e l’intera Comunione anglicana hanno un nuovo Primate. Si tratta dell’attuale vescovo di Durham, nel nord d’Inghilterra, reverendo Justin Welby, 56 anni, che diverrà il 105° arcivescovo di Canterbury, succedendo a Rowan Williams, che ricopriva la carica dal 2003. Le prime congratulazioni al reverendo Welby sono giunte proprio da quest’ultimo. La nomina è stata accolta favorevolmente anche dal cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Il porporato ha detto che parteciperà l’anno prossimo in Inghilterra alla cerimonia di intronizzazione e che, al più presto, lo inviterà in Vaticano per un incontro con Benedetto XVI. Per conoscere meglio la figura di Justin Welby, Philippa Hitchen ha intervistato il direttore del Centre for Catholic Studies, prof. Paul Murray, dell’Università di Durham:
R. – R. – A number of people asked me the question: “Who’s Justin Welby?”…
Molti mi hanno chiesto: “Chi è, Welby? Non ne abbiamo sentito parlare molto, non sappiamo neanche da dove venga…”. Ci sono state persone che mi hanno fatto questa domanda circa un anno, un anno e mezzo fa, qui a Durham. Posso dire che, se l’esperienza di Durham avrà modo di tradursi a Canterbury, subito dopo il conferimento dell’incarico i dubbi si trasformeranno in certezze e si coglierà l’unicità della persona che è stata loro donata.
D. – In che modo ha accolto la nomina?
R. – Well, my reaction – I guess- is twofold. One is admiration that it made …
La mia reazione è duplice. Da un lato, l’ammirazione per aver fatto una scelta così intelligente, creativa e coraggiosa, non affatto di ripiego. So che qualcuno aveva predetto il suo nome… Ma c’è anche un inevitabile senso di perdita per la diocesi di Durham e più in generale per le chiese e le persone qui, nel Nordest. Infatti, anche se solo per un breve periodo, il vescovo Justin Welby ha lasciato una traccia profonda ed è stato palesemente un grande operatore di cambiamenti. E ora potrà fare cose molto buone per la Chiesa nazionale d’Inghilterra, ma anche più semplicemente per le persone di questo Paese.
D. – Come lei dice, il vescovo Welby è stato considerato un personaggio importante a Durham. Che tipo di leader è stato in questo anno?
R. – I would characterize him…
Io lo caratterizzerei: è contraddistinto da una combinazione poco comune. È molto intelligente, ha una grande prontezza di spirito, ha una mente strategica con una grandissima esperienza nel trattare problemi organizzativi complessi, tensioni, sfide e le possibilità che le stesse offrono che gli vengono dalla sua attività passata, nel ramo dell’industria petroliera. E’ ovvio che egli trasferisca l’acume organizzativo con grande precisione nel contesto ecclesiale. E’ sicuramente un elemento di cambiamento, una persona con una fede cristiana profondamente impegnata, che gli viene da una tradizione fondata sul Vangelo, pur con un profondo e sincero impegno ecumenico. Per quanto ne so, il suo direttore spirituale è un benedettino cattolico, che è anche il suo confidente; ha da lungo tempo rapporti con un movimento cattolico per la dottrina sociale di lingua francese… E’, quindi, una figura un po’ inusuale, ma con un alto profilo pastorale, coinvolgente, impegnato a cercare la via per la quale il Vangelo e la pratica nella Chiesa possano diventare distintivi, affascinanti ed arricchenti per il nostro Paese e possano dare un contributo concreto: non basandosi solamente sulle strutture e sui luoghi della Storia, ma con la forza e la tensione creativi che il Vangelo e il messaggio cristiani hanno ancora da proporre.
D. – Lei ha parlato della dimensione ecumenica che forse, per il vescovo Welby, non rappresenta una priorità per la Chiesa d’Inghilterra, oggi. Ma le sue speranze su questo fronte quali sono? Il suo Centro è ovviamente molto impegnato nell’attività ecumenica…
R. – I think that one of the interesting…
Credo che uno degli aspetti interessanti – e il vescovo Justin l’ha colto molto presto, nel suo ministero a Durham, e vi si è dedicato molto – è che tutti si chiedono quali siano i doni particolari di ciascuna tradizione e come le diverse tradizioni possono imparare e ricevere l’una dall’altra, in modo che tutti possiamo più liberamente, pienamente, con maggiore grazia, rendere la nostra specifica testimonianza davanti a un altare comune. Questo, credo, sarà il contributo che egli porterà al dibattito ecumenico. Lui ama vedere le cose trasformarsi in azione: non rimanere semplicemente sul tavolo della discussione o chiuse nei libri, ma osservare quali siano poi le implicazioni pratiche. Ora, ciascuna delle Chiese si trova di fronte a sfide comuni: il numero dei ministri che scende, il numero di laici impegnati in diminuzione, risorse ridotte… Come si può trasformare tutto ciò nella domanda di senso, in questo contesto? Noi siamo comunque sempre chiamati a predicare e a vivere il Vangelo, però ci chiediamo quali possano essere le forme particolari della nostra testimonianza, quale testimonianza siamo chiamati a rendere in questo nostro contesto.
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1 commento:
Ho letto che questo (non)vescovo è favorevole alle vescovesse, nonostante abbia un padre spirituale cattolico.
Cosa ci sia da rallegrarsi francamente non so.
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