Selva di documenti, ma non oscura
di Riccardo Burigana
Il dibattito sull'ermeneutica del concilio Vaticano II è stato un tema centrale non solo per la comprensione del concilio ma per la sua stessa ricostruzione storica; questo dibattito è nato quando ancora doveva concludersi e si è venuto sviluppando nel corso degli anni, dando origine a una pluralità di posizioni che possono essere ricondotte a due categorie generali: da una parte coloro che pongono l'accento sul fatto che ha promosso un processo di rinnovamento in continuità con le vicende storico-teologiche della tradizione bimillenaria della Chiesa, dall'altra c'è chi ha insistito sulla discontinuità, che avrebbe segnato una rottura con la tradizione.
Negli ultimi anni, soprattutto grazie al rinnovato interesse per il concilio, che deve molto alle parole e ai gesti di Benedetto XVI per una riscoperta a partire dalla conoscenza dei documenti promulgati, il dibattito sull'ermeneutica si è ulteriormente sviluppato dal momento che è apparso sempre più evidente come esso influenzi la ricostruzione storica, la lettura dei documenti e la valutazione della recezione del concilio; soprattutto nel campo della ricostruzione storica l'ermeneutica gioca un ruolo fondamentale, tanto più in un momento nel quale appare fondamentale procedere a nuove ricerche storiche, a partire dalle tante fonti ancora inedite e da alcuni temi, lasciati, stranamente, inevasi negli anni passati, come il contributo dell'oriente cristiano, solo per fare un esempio. In questa prospettiva, della necessità cioè di conoscere sempre meglio la storia del concilio e di indicare quanto deve essere ancora fatto, si colloca la pubblicazione del volume (Il Concilio Vaticano II. Per la sua corretta ermeneutica, Città del Vaticano, 2012), che raccoglie una serie di interventi di monsignor Agostino Marchetto.
Da molti anni Marchetto sostiene l'importanza di proporre una lettura del concilio della riforma nella continuità come chiave interpretativa in grado di promuovere la sua piena recezione. Il volume è una raccolta di 35 scritti, dei quali 16 sono inediti e due in forma integrale rispetto a precedenti pubblicazioni, che costituisce un significativo e prezioso contributo non solo alla comprensione del dibattito storiografico sul Vaticano II, ma alla conoscenza dello stesso concilio dal momento, come si coglie fin dalle prime pagine, Marchetto si propone di rafforzare la “corretta ermeneutica”, mettendo anche in evidenza i limiti e le debolezze dell'idea che il concilio debba essere letto come un momento di rottura. Questa raccolta è organizzata in sei parti secondo un percorso tematico e non cronologico; le prime cinque parti vogliono essere un “contrappunto” all'ermeneutica della rottura attraverso un'attenta lettura di scritti e interventi che hanno voluto alimentare, anche in modo indiretto e talvolta inconsapevole, questa ermeneutica, verso la quale monsignor Marchetto non fa mancare le sue osservazioni critiche.
La sesta parte è invece interamente dedicata alle ricchezze dell'ermeneutica della riforma nella continuità. Sono sei tappe con le quali monsignor Marchetto si propone, riuscendovi, di introdurre il lettore nel mondo degli studi sul Vaticano II, rendendo la “selva” di questi studi molto meno “oscura” di come può apparire a chi si accosti a una bibliografia che conosce, ora, una nuova stagione di sviluppo con pubblicazioni tra di loro molto differenti nella metodologia e nel contenuto.
La lettura degli interventi di monsignor Marchetto -- arricchiti e non appesantiti da riferimenti puntuali ai testi presi in esame -- permette di cogliere quanto ancora deve essere fatto per conoscere il Vaticano II nella sua complessità per consegnarlo alle generazioni che non l'hanno vissuto.
Nelle prime cinque parti vengono presentate molte delle pubblicazioni sul concilio di questi ultimi anni: dagli atti del convegno internazionale di Salamanca sulla ricezione e comunione delle Chiese del 1996, pubblicati dalla Editrice Dehoniane di Bologna nel 1998, fino a un volume di Brunero Gherardini del 2009, Concilio Vaticano II. Un discorso da fare. In questo vasto orizzonte, sempre descritto con appassionata e lucida acribia critica, ampio spazio è dedicato alla “scuola di Bologna”, della quale si mette bene in luce il tentativo di egemonizzare la ricostruzione storica e l'interpretazione del concilio, come appare evidente, tra l'altro, nella pubblicazione del volume Chi ha paura del Vaticano II?, curato da Alberto Melloni e Giuseppe Ruggieri; per Marchetto questo volume, già nel titolo, «mette gli oppositori alla cosiddetta scuola di Bologna (e alleati) nella categoria dei paurosi che certo bella non è».
Proprio le pagine dedicate a questo volumetto, già pubblicate nella rivista «Archivum Historiae Conciliorum», mostrano i limiti dell'ermeneutica della rottura, tanto più alla luce delle numerose fonti e degli studi che in questi anni hanno aperto nuove prospettive alla conoscenza del Vaticano II.
Da questo punto di vista è interessante l'attenzione particolare riservata da Marchetto alla lettura di «alcune fonti conciliari private», pubblicate negli ultimi anni.
Si tratta di cinque interventi, tre dei quali finora inediti, sul diario del gesuita Sebastian Tromp, segretario della Commissione teologica, un diario che copre solo il primo anno della Fase Preparatoria, sulle note di Gerard Philips, segretario della Commissione dottrinale a partire dal dicembre 1963, sulle agende del futuro cardinale Johannes Willebrands, segretario del Segretariato per l'unità dei cristiani, sui diari conciliari del gesuita Henri De Lubac che erano stati utilizzati da Philippe Levillain per una pionieristica ricostruzione del concilio, e infine su un'interessante testimonianza del cardinale Jorge Mejia, giovane teologo dell'episcopato argentino al tempo del Vaticano II.
Dei due volumi del diario di De Lubac, solo per fare un esempio, monsignor Marchetto propone una lettura tematica che parte dalla considerazione che «il diario risulta di grande aiuto per conoscere il procedere delle questioni all'interno della Commissione teologica e circa l'evolversi di quello che, finalmente sarà lo schema 13 e l'altro circa l'apostolato dei laici».
Continui sono i richiami agli interventi di Benedetto XVI sull'ermeneutica della riforma nella continuità, con i quali il Pontefice, come mette bene in evidenza Marchetto, ha proseguito la sua opera per la promozione della recezione del concilio come parte integrante di una tradizione bimillenaria della Chiesa.
A distanza di sette anni dal suo volume Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Contrappunto per la sua storia, nel quale erano confluite molte delle sue osservazioni critiche alla Storia del concilio, in cinque volumi, diretta da Giuseppe Alberigo, edita dall'editore Peeters, monsignor Marchetto torna così a offrire un ampio e articolato contributo per una rilettura.
Rispetto al primo volume che ha suscitato interesse e critiche come mostrano le numerose recensioni e le traduzioni in inglese, russo e spagnolo, questa raccolta propone accanto a una fondata critica dell'ideologizzazione del Vaticano II degli elementi sui quali Marchetto era già tornato in altre occasioni, indicando la necessità di procedere a un ulteriore approfondimento della storia del Vaticano II.
Con questa raccolta Marchetto pone ancora una volta in luce, sempre con maggiore chiarezza e profondità, quanto l'ermeneutica della riforma nella continuità costituisca l'unica strada percorribile per comprendere il concilio a partire dai documenti promulgati, alla luce della bimillenaria tradizione della Chiesa così da essere veramente «una bussola» per la nuova evangelizzazione alla quale sono chiamati i cristiani del XXI secolo.
(©L'Osservatore Romano 8 novembre 2012)
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