lunedì 14 maggio 2012

Il Papa in Toscana. Parole più forti del maltempo (Di Cicco)


Parole più forti del maltempo


Le parole di Benedetto XVI sono state più forti del maltempo che gli ha impedito di tornare alla Verna, memoria della mistica francescana, dove avrebbe voluto pronunciare parole sull'anima della vita cristiana, importanti specialmente quando ai cattolici si sollecita l'impegno nella città secolare, afflitta nel nostro tempo da crisi e scoramento.
Arezzo e Sansepolcro, le due tappe del 27° viaggio apostolico in Italia, con La Verna, alla fine irraggiungibile a causa di fitta nebbia, solo apparentemente tra loro disgiunte, in realtà hanno costituito un itinerario sul perché e sul come essere cristiani al servizio del bene comune nella società.
Per esserlo davvero -- è il messaggio del pontefice -- occorre salire spiritualmente alla Verna, ascoltare la voce di Dio e poi discendere dal monte, trasformati e pronti a servire non i propri interessi, ma i bisogni degli altri, specialmente i più poveri e bisognosi. Tuttavia -- avverte -- fare il bene di tutti, promuovere «città dal volto sempre più umano» non riesce «con logiche puramente materialistiche». Occorre sempre e specialmente nel presente, un sussulto etico.
Neppure i credenti possono riuscirvi se dicono solo parole, o fanno del bene senza conformare la loro vita a Cristo, sull'esempio di san Francesco. Il cuore dell'esperienza della Verna sta, infatti, nel seguire Cristo cercando di imitarlo e di conformarsi a Lui.
Benedetto XVI ha voluto raccontare la storia dei fondatori di Sansepolcro che, di ritorno da Gerusalemme, pensarono a un modello di città nella quale i discepoli di Gesù erano chiamati ad essere il motore della società e della pace, attraverso la pratica della giustizia. Obiettivo possibile a una condizione: mantenere l'occhio e il cuore fisso in Dio che non aliena dalla vita quotidiana, propria dell'umanità, ma la orienta e la fa vivere in modo ancora più intenso. Dio non vuole restare confinato nella solitudine della Verna, ma scende con gli uomini nella città dove essi abitano.
A questo tipo di cristiani pensa il Papa: presenti, intraprendenti, coerenti con la propria fede. Non primariamente attivisti sociali o politici, ma portatori di una speranza che non delude, fondata sulla risurrezione di Gesù, storicizzata nell'amore fraterno verso tutti, vicini e lontani. Si tratta di un'intima convinzione teologica di Joseph Ratzinger, riemersa con forza negli incontri da Papa con la comunità aretina e di Sansepolcro: anche oggi, come lo è stato fruttuosamente nelle epoche passate del medioevo e del Rinascimento, essere cristiani ha un senso se si è sale della società; se cessano di essere tali, rinunciando alla loro diversità, diventano superflui come il sale che, perso sapore, viene gettato via. Per questo, nonostante le prove e le difficoltà, Benedetto XVI resta ottimista per la Chiesa alla quale Dio non lascerà che manchino santi, buoni samaritani, i migliori amici specialmente nei periodi difficili della storia.
Di qui il suo evidente dispiacere nel dover rinunciare alla tappa della Verna, esperienza francescana emblematica e uno dei modelli coinvolgenti dell'essere cristiani. Quanti pellegrini vi sono infatti saliti alla ricerca di Dio «che è la vera ragione per cui la Chiesa esiste: fare da ponte tra Dio e l'uomo». E, infine, l'incoraggiamento all'Italia -- manifestato anche con il rapido ma cordialissimo incontro con il presidente del Consiglio dei ministri -- e in particolare ai giovani a pensare in grande, a saper osare, pronti a dare «nuovo sapore» all'intera società «con il sale dell'onestà e dell'altruismo disinteressato».


c.d.c.


(©L'Osservatore Romano 14-15 maggio 2012)

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