sabato 19 maggio 2012

Dino Boffo: sottrarre lettere al Papa è furto, pubblicarle è ricettazione (Izzo)


BOFFO: SOTTRARRE LETTERE AL  PAPA E' FURTO, PUBBLICARLE E' RICETTAZIONE


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 19 mag. 


Sottrarre documenti dagli archivi della Santa Sede e' "un latrocinio". Pubblicarli "e' ricettazione". Lo afferma il direttore di TV2000, Dino Boffo, al quale sono attribuite tre delle lettere inserite dal giornalista Gianluigi Nuzzi nel libro "Sua Santita'", da ieri in libreria. I documenti ai quali si riferisce Boffo sono due fax indirizzati al segretario del Papa, monsignor Georg Gaenswein, e un appunto destinato al presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, e da questo rigirato allo stesso Gaenswein. Secondo Nuzzi sarebbero stati sottoposti all'attenzione del Pontefice e contengono i nomi di personalita' vaticane indicate come esecutori e mandanti del "caso Boffo", cioe' dello scandalo basato su false accuse che nel 2009 costrinse il giornalista trevigiano a dimettersi dalla direzione di Avvenire. 
All'identificazione del professor Giovanni Maria Vian, direttore dell'Osservatore Romano, e del cardinale Tarcisio Bertone,  segretario di Stato, come responsabili della vicenda, la Santa Sede aveva risposto con una nota, voluta e approvata dal Papa, che li scagionava completamente e parlava esplitamente di "calunnie". E cio' gia' il 9 gennaio 2010, cioe' all'indomani delle tre lettere di Boffo, di cui all'epoca non si sapeva nulla, ma anche di indiscrezioni trapelate alla stampa in merito all'ipotesi di responsabilita' vaticane.  In quella nota, la Segreteria di Stato assicurava di aver verificato e appurato che le cose non erano andate cosi'.  Oggi Boffo non rinnova ne' smentisce quell'identificazione. Ma afferma che, nonostante la sua immagine possa esserne "beneficata" egli non voleva la pubblicazione di quelle lettere perche' cio' "danneggia la Chiesa".
"Non avevo nulla da nascondere, avevo scelto il silenzio perche’ parlare per meta’ sarebbe stato un parlare non giusto la verita’ o si dice o non la si dice", ha affermato Boffo ai microfoni dell’emittente della Cei. 
"Di queste rivelazioni - ha aggiunto - non sono felice perche’ l’immagine della Chiesa ne viene sporcata". 
E "salvare l’immagine della Chiesa, perche’ la chiesa e’ mia madre, e la madre e’ bella".
"Noi giornalisti - ha affermato inoltre l’ex direttore di Avvenire - rispondiamo all’assioma che la verita’ non va mai taciuta" ma questo vale "finche’ si non toccano i diritti fondamentali delle persone, i diritti di privatezza". 
E senza voler "denigrare" il "collega Nuzzi" Boffo ha chiarito che l’azione compiuta e’ quella di un "ricettatore" in quanto i documenti sono frutto di un "latrocinio". Per questo, ha aggiunto, servirebbe l’intervento del garante della privacy e della authority della comunicazione. Inoltre c’e da domandarsi - continua Boffo - come sia possibile che "lettere confidenziali scritte all’appartamento papale vengono rese note in un un libro". Servono forse, si interroga, "cambiamenti alle leggi nazionali e internazionali per evitare che si ripetano simili casi di "discutibilissimo diritto di cronaca".
L’ex direttore di Avvenire ha rivelato anche uno scambio di sms con Nuzzi, nel quale Boffo avrebbe accusato il giornalista della 7 di essere "capace di vendere la madre". 
E Nuzzi avrebbe risposto che se avesse messo da parte le lettere, di cui era a conoscenza anche il Fatto, sarebbe stato considerato "un ricattatore". "Ho sbagliato a non avvisarti e di questo mi scuso ma - avrebbe scritto ancora Nuzzi - la verita’ emerge".


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