venerdì 18 maggio 2012

Cortile dei Gentili a Barcellona: il dialogo passa attarverso la bellezza


Cortile dei Gentili a Barcellona: il dialogo passa attarverso la bellezza


Dopo l’inaugurazione di ieri sera, il Cortile dei Gentili in corso a Barcellona sul tema “Arte, bellezza e trascendenza” è entrato oggi nel vivo con un nuovo momento di confronto fra intellettuali intrecciato con l’esecuzione di un quartetto d’archi. Anche quest’incontro della struttura vaticana dedicata al dialogo con i non credenti, che si concluderà oggi alla Sagrada Familia, è promosso, come di consueto, dal Pontificio Consiglio della Cultura. Dal capoluogo catalano il nostro inviato, Fabio Colagrande: 


‘Può la bellezza salvare il mondo?’. Dopo l’inaugurazione nel Museo nazionale di arte catalana, il Cortile dei Gentili in corso a Barcellona riprende il cammino nell’Università cittadina per rispondere a questo celebre interrogativo di Dostoevskij. Sotto gli affreschi del paraninfo accademico, accompagnati dalla musica di Beethoven e Schubert, filosofi e storici dell’arte cercano quel nesso tra estetica ed etica evocato nel novembre del 2010 da Benedetto XVI proprio nella Santa Messa di dedicazione della Sagrada Familia di Antoni Gaudì. “La bellezza è rivelatrice di Dio – disse in quell’occasione il Papa – perché come Lui, l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappa all’egoismo”. “Da Platone a Wittengstein, passando per San Tommaso d’Aquino, ricorda Francesc Torralba, filosofo e teologo catalano, nel pensiero occidentale la bellezza è sempre stata messa in connessione con la bontà”. “La bellezza è unità, come armonia delle differenze. La bellezza è verità poiché si oppone alla necessità, non la trova chi la cerca ma chi si fa sorprendere da essa”. “Tutta la bellezza del mondo – conclude - è un riflesso, una metafora dell’infinita bellezza di Dio”. Lo storico dell’arte Alessandro Zuccari, docente alla Sapienza, sottolinea invece l’identificazione tra bellezza e ‘pietas’ nelle opere di Caravaggio, che fu, al di là delle leggende nere, un “finissimo interprete dell’umanesimo cristiano”. Il Merisi rifuggiva dalla bellezza metafisica o ideale ma cercava nell’uomo l’immagine di Dio e in Dio quella dell’uomo. Insomma, come ricordava Simone Weil, già citata ieri al Cortile catalano, “Il bello è la prova sperimentale che l'incarnazione è possibile”.


Daniel Giralt-Miracle, critico e storico dell'arte catalano, ha partecipato alla prima sessione del Cortile dei Gentili a Barcellona dedicata al tema "Arte, anima della cultura, cammino di trascendenza", svoltasi ieri presso il Museo Nazionale di arte catalana. Fabio Colagrande gli ha chiesto cosa ha caratterizzato questo incontro: 


R. - La sincerità di tutti i partecipanti, sia credenti che non credenti, ha caratterizzato l’evento; la sincerità con la quale tutti hanno parlato delle proprie idee, della bellezza, della trascendenza, della fede in Dio o in qualcos’altro . Un dibattito sincero, non un dibattito imposto, accademico, artificiale: ha parlato la vera voce della coscienza di tutti coloro che sono intervenuti.


D. - In questo momento storico, l’arte, la bellezza, sono luogo di incontro fra credenti e non credenti?


R. – Tutte le persone visitano musei e mostre d’arte. La presenza dell’arte è una presenza molto viva del dibattito di oggi. Il confronto più importante è stato quello sulla vita, sulla morte, sull’esistenza. Allora io credo che, in questo momento, la bellezza e l’arte possono essere una testimonianza, la via della fede verso l’autenticità vitale dell’esistenza umana.


D. - Si è parlato anche di crisi economica, spesso ai danni della cultura: i governi tagliano subito in quel settore, l’arte, la cultura. Questo ci deve preoccupare?


R. - Il governo italiano, quello francese, quello tedesco, si comportano allo stesso modo per quanto riguarda l’economia. Ma io credo che dopo questo ciclo storico l’uomo ritornerà alla spiritualità. È stato il materialismo che ha portato alla catastrofe, alla crisi. Siamo all’inizio di questo ciclo; però, alla fine l’uomo ritornerà alla fede, alla speranza, all’infinito.


D. - Barcellona, la Catalogna, sono luoghi ideali per il Cortile dei Gentili, perché?


R. - Perché la Catalogna è piccola, si trova in due mondi: quello della laicità e quello della Fede, e perché l’arte è l’espressione più forte della nostra personalità. Basta pensare al giovane Picasso o Dalì o Mirò ... questa è un’arte profondamente spirituale e terrena, che viene dalla terra ma ha un’ispirazione cosmica. Questa è la definizione della “catalanità”: una dimensione terrena ma con una vocazione cosmica, internazionale, trascendente.


Sul senso del Cortile dei Gentili a Barcellona e sull’importanza della Sagrada Familia dal punto di vista artistico, teologico e liturgico, Fabio Colagrande ha intervistato padre Armand Puig I Tarrech, preside della Facoltà di teologia di Barcellona, organizzatrice dell’evento nel capoluogo catalano. Il sacerdote è anche autore del volume 'La Sagrada Familia secondo Gaudì, comprendere un simbolo': 


R. – Ritengo che il nostro Cortile, qui a Barcellona, abbia un grande, forte collegamento con la città, con i suoi interessi, con la sua vita ed anche con le sue speranze. Barcellona è una città vivace, moderna, aperta, e che ha sempre trovato nell’arte un modo molto preciso di esprimere se stessa. E qui, in questa città, l’arte è una realtà quotidiana, quindi non dobbiamo tralasciare questo punto ma fare in modo che il Cortile e la città camminino insieme.


D. – Possiamo dire che uno dei motivi forti per la scelta di Barcellona, per questo nuovo incontro del Cortile, è il fatto che questa sia la città della Basilica della Sagrada Familia di Antoni Gaudì …


R. – Chiaramente, il simbolo di Barcellona è la Basilica della Sagrada Familia. Gaudì lo aveva detto – quando stava ancora presentando questo suo sogno a delle persone che vedevano qui solamente un muro, un sassolino – “Faremo una grande Chiesa e questa Chiesa sarà visitata da tantissime persone e farà un gran bene spirituale a tutti”. Nessuno ci credeva: “questo progetto – dicevano - non lo finiremo mai, è troppo grande”. Ma Gaudì – come profeta mistico, come qualcuno che vedeva oltre le realtà immediate – aveva ragione. La Sagrada Familia non è soltanto una grande Chiesa, ma è diventata il simbolo della città, questo è molto importante: una città così vivace, moderna, cosmopolita che ha come simbolo la grande Chiesa di Gaudì.


D. – Il Papa – il 7 novembre 2010 – ha definito questa Basilica una sintesi di arte, tecnica e fede: cos’è che rende unica la Sagrada Familia?


R. – La forza di Gaudì si trova proprio nella sintesi: la sintesi non è soltanto una giusta posizione tra diversi elementi, ma è prendere questi elementi, organizzarli e sorpassarli, ovvero, la sintesi è una terza via, è qui la terza via è tra il gotico ed il bizantino.


D. – Il Papa ha detto ancora che in questa Basilica, noi troviamo la sintesi di tre libri: quello della natura, quello della Sacra Scrittura e quello della liturgia. Cosa significa?


R. – Il Santo Padre ci ha dato degli spunti molto interessanti, preziosi in quell’omelia del 7 novembre 2010, ed uno di questi è appunto questa triplice visione del libro. Il libro, per noi cattolici cristiani, è sempre la Sacra Scrittura, ma per Gaudì – e così per noi - anche la natura si può vedere come libro: la natura come libro significa, non soltanto che tu puoi leggere quello che la natura ti dà come riferimenti, per creare opere d’arte ma tu puoi riconoscere in questa natura le orme divine. E’ Dio che parla attraverso la natura, e per Gaudì questo era molto importante, perché lui non ha fatto queste “colonne-albero” per divertirsi, no, per Gaudì queste colonne sono l’opera di Dio, che poi le mani umane trasformano da legno in pietra. Queste colonne sono proprio alberi, ma poi nella facciata della Passione sono delle ossa, le ossa di Cristo crocifisso. Quindi, la genialità di Gaudì è appunto questa: il linguaggio architettonico può riprendere i grandi motivi teologici – la natura come opera di Dio, oppure il corpo di Cristo crocifisso – e poi far sì che diventino elementi architettonici. C’è poi la liturgia, Gaudì diceva: “Perché io voglio fare una grande Chiesa?” – questo lo diceva sempre – “perché io voglio che Dio sia lodato”. La lode è centrale, perciò sulle torri all’esterno della Basilica troviamo tante volte l’iscrizione “Sanctus, sanctus, sanctus” e lui diceva: “Io voglio che quando i taxi o quelli che passeggiano vedono questi elementi, queste scritte sulle torri, notino Dio”. Per Gaudì, quindi, la Sagrada Familia è il Vangelo in pietra, nel cuore della città e la prima voce che si sente dalla Basilica è questa: “Sia santificato il tuo nome”, lode di Dio, “Sanctus, sanctus, sanctus”. E’ chiaramente la risposta dell’uomo – travagliato da tanti affanni, preoccupazioni e difficoltà – ma che vede la luce del Signore nel cuore della città.


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