giovedì 4 ottobre 2012

Si chiude con ogni probabilità sabato prossimo il processo a Gabriele, incertezza sul dopo


Vaticano/ Sabato si chiude processo-lampo, incertezza sul dopo

I gendarmi ribattono: Durante detenzione trattato con i guanti

Città del Vaticano, 3 ott. (TMNews) 

Si chiude con ogni probabilità sabato prossimo, una settimana esatta dopo il suo avvio, il processo a carico del maggiordomo del Papa. In una dichiarazione apparentemente contraddittoria, Paolo Gabriele, imputato unico per furto aggravato di documenti del Papa, si è dichiarato innocente ma ha riconosciuto di aver raccolto a casa sua documenti riservati della Santa Sede e del Papa e di aver tradito la fiducia del Papa. La condanna - fino a sei anni - è praticamente scontata. Probabile, anche se non è chiaro quando, la grazia concessa da Benedetto XVI. Incerto, invece, il futuro.
Paolo Gabriele è rimasto l'unico imputato dopo lo stralcio della posizione di un secondo imputato, Claudio Sciarpelletti, tecnico informatico della segreteria di Stato vaticana, accusato di favoreggiamento del furto. Stralciate, a monte, anche tutti i capi d'accusa che esulano dal furto (delitti contro i poteri dello Stato, vilipendio delle istituzioni dello Stato, calunnia, diffamazione, violazione dei segreti) e la questione di eventuali complici e mandanti. Con l'udienza odierna - la terza - si sono esaurite le audizioni ai testimoni. Sabato vi saranno la requisitoria del 'promotore di giustizia' (pm) Nicola Picardi, l'arringa dell'avvocata del maggiordomo, Cristiana Arru, repliche, verrà data l'ultima parola a Paolo Gabriele. Poi, salvo colpi di scena, si dovrebbe riunire la camera di consiglio per la sentenza. Di condanna.
A quel punto in Vaticano viene dato sostanzialmente per scontato che, di fronte al pentimento di Paolo Gabriele, il Papa gli conceda la grazia, come lo stesso maggiordomo gli ha chiesto in una lettera che gli recapitò mesi fa. Quando avverrebbe questa concessione sovrana dal Pontefice, però, non è dato di sapere. Ancora meno chiaro è quale sarebbe il destino di Paolo Gabriele una volta graziato.
E' escluso un suo ritorno nell'appartamento pontificio. Sembra problematico che l'ex assistente di camera del Pontefice torni libero senza garanzie, capace di muoversi tra Italia e Vaticano, appetito da giornalisti e case editoriali. L'ipotesi di un cambio di personalità verso una destinazione nascosta e lontana viene data per fantasiosa nel Palazzo apostolico. Meno improbabile un impiego in Vaticano - dove del resto vivono moglie e tre figli - o, comunque, in seno alla Chiesa cattolica, da qualche parte in Italia. Ragionamenti e prospettive che, comunque, non trovano conferme ufficiali.
All'udienza odierna i giudici tribunali hanno ascoltato gli ultimi quattro testimoni, quattro dei gendarmi che avevano perquisito la casa del maggiordomo il giorno dell'arresto, il 23 maggio scorso: Stefano De Santis, Silvano Carli, Luca Cintia e Luca Bassetti . Gli uomini del corpo guidato dal comandante Domenico Giani hanno raccontato che sono "un migliaio" i documenti di "interesse", "tra fotocopie e originali", sequestrati. Più, dunque, di quelli pubblicati da Gianluigi Nuzzi nel suo bestseller 'Sua Santità'. I gendarmi hanno confermato di aver sequestrato da casa di Paolo Gabriele "centinaia di migliaia" di documenti, che hanno riempito 82 scatoloni da trasloco (approssimativamente 50x60 cm), due grandi buste gialle e due borse di pelle nera. Tra di essi, appunto, un "migliaio" di fogli relativi a documenti del Papa, della segreteria di Stato, dei dicasteri vaticani, carte sulla "privacy personale" del Papa, "lettere scritte da cardinali al Papa per fare proposte o chiedere consigli", "risposte del Papa ai cardinali", "documenti con firma autografa del Papa", "documenti cifrati", carte di "politici", "documenti che portavano la scritta in tedesco 'da distruggere'". Tutti fogli "mescolati per nasconderli" tra una "infinità" di documenti di tutt'altro genere. Paolo Gabriele, del resto, lo aveva detto durante l'istruttoria: "Nei miei interessi c'è sempre stato quello per l'intelligence". E infatti i gendarmi hanno trovato carte relative "alla massoneria, all'esoterismo, alla P2, alla P4, a Luigi Bisignani, al caso Calvi, a Berlusconi, allo Ior e all'Aif (Autorità di informazione finanziaria del Vaticano, ndr.), al caso Vatileaks, a cristianesimo e yoga, a cristianesimo e altre religioni, al buddhismo, a come nascondere file .jpg e word, a come registrare video, a come usale il cellulare in modalità velata".
Nell'ennesimo faccia-a-faccia, non poteva non tornare il tema delle accuse rivolte ieri da Paolo Gabriele ai gendarmi, accusati di averlo detenuto, inizialmente, in condizioni inumane. Già ieri la gendarmeria ha reagito con un lungo comunicato. Il vicecommissario Cintia, apparso desideroso di parlare in modo circostanziato, ha precisato che "fin dal primo momento il comandante della Gendarmeria Domenico Giani ha dato ordine di tutelare Gabriele e la sua famiglia" e l'ex assistente di camera del Pontefic "è stato trattato con i guanti bianchi". Ancora, ha sottolineato Cintia, che ha chiesto che le sue affermazioni venissero messe a verbale, "Gabriele ha ringraziato più volte per il trattamento ricevuto". Il maggiordomo ha chiosato con un sorriso sardonico. "Gabriele - ha detto ancora il vicecommissario della Gendarmeria - è stato trattato nel modo migliore possibile". Il presidente del tribunale, Giuseppe Dalla Torre, ha tuttavia ricordato che su questo aspetto è stato aperto un nuovo fascicolo.
Alcune delle persone menzionate da Paolo Gabriele nella sue deposizione di ieri, intanto, hanno preso le distanze. Il maggiordomo non li ha definiti complici, ma personalità che costituivano un ambiente umano dal quale si era sentito suggestionato. Mons. Francesco Cavina, vescovo di Carpi ed ex officiale della segreteria di Stato, ha confermato di aver conosciuto Gabriele ("qualche volta abbiamo parlato dei problemi della Chiesa, soprattutto per la questione della pedofilia") ma di essere del tutto estraneo alla sua attività ("Nel 2006 non lo conoscevo ancora e già da allora lui trafugava"). L'ex cappellano dei gendarmi, mons. Giulio Viviani, ha ricordato di aver lasciato il Vaticano in un frangente "poco sereno", ed ha poi precisato: "Non c'è collegamento con la vicenda di Paolo Gabriele". Accenti diversi per Ingrid Stampa, ex collaboratrice di Ratzinger, che ha detto al 'Corriere della sera': "Certo che ha danneggiato il Papa e la Chiesa. Ma non credo ne avesse intenzione. Anche sua moglie non sapeva nulla di quello che stava facendo. Avesse parlato con qualcuno, forse tutto questo non sarebbe successo".

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