domenica 21 ottobre 2012

Al Sinodo, il cardinale Sistach: la nuova evangelizzazione parli il linguaggio dell’amore


Al Sinodo, il cardinale Sistach: la nuova evangelizzazione parli il linguaggio dell’amore 

La nuova evangelizzazione, come ricordato da Benedetto XVI, è rivolta principalmente alle persone che, pur essendo battezzate, si sono allontanate dalla Chiesa. L’indebolimento della fede in Paesi storicamente legati al Cristianesimo è dunque oggetto di riflessione da parte dei Padri sinodali in queste settimane di lavori in Vaticano. Lo conferma il card. Lluis Martinez Sistach, arcivescovo di Barcellona. Paolo Ondarza lo ha intervistato: 

R. – La nuova evangelizzazione è assolutamente necessaria. Oggi dobbiamo annunciare Gesù e il suo Vangelo a tutte le persone, in un momento in cui - almeno, nell’Occidente europeo – poche persone vanno a Messa. Dobbiamo uscire dalle chiese e andare lì, dove si trovano le persone e imparare a conoscere anche il contesto socio-religioso e culturale del nostro mondo. Siamo chiamati a trovare i metodi, il linguaggio e l’ardore necessario per annunciare Gesù.

D. – Una sfida per l’Europa, per il Vecchio Continente, depositario dei valori cristiani ma che sembra averli dimenticati. Quali le frontiere di questa sfida?

R. – Sì: ci sono tante persone che vivono come se Dio non esistesse. La secolarizzazione è forte. Ma l’uomo, la donna conservano ancora un senso religioso, sono alla ricerca del senso della vita. Dobbiamo credere nella presenza di Dio scritta nel profondo dei cuori dell’uomo e della donna, perché Dio lavora forse più di quanto noi pensiamo. C’è un linguaggio che penso che tutti capiscano, ed è il linguaggio dell’amore. Perché il linguaggio dell’amore è compreso da tutti? Perché tutti vogliono essere amati e amare!

D. – Oggi la sfida che si pone di fronte al mondo occidentale è quella del relativismo, più volte indicata anche dal Papa, e questo fa sì che quando si annuncia il Vangelo, e lo si annuncia presentandolo come la verità, si viene identificati come arroganti, presuntuosi …

R. – Sì, e questa è una difficoltà importante. Noi proponiamo il messaggio di Gesù con fiducia, e lo facciamo per due ragioni: perché amiamo molto Gesù. Gesù ha dato la sua vita, il suo sangue sulla Croce, è morto e risorto, per la salvezza di tutti gli uomini e le donne, per l’umanità. E per questo noi vogliamo che tutti conoscano il messaggio di Gesù. Poi c’è anche un’altra ragione: noi amiamo i nostri fratelli e vogliamo offrire loro il meglio di ciò che abbiamo ricevuto: il tesoro della fede, il tesoro della salvezza, quello che Gesù ci ha dato. Per questo noi vogliamo annunciare il messaggio di Gesù. E dobbiamo farlo con convinzione, affinché quelli che ci ascoltano dicano: “Questa gente ci crede davvero, e lo vive, anche!”. Credo che anche la crisi economica che stiamo vivendo induce tante persone a riflettere. Quella del relativismo sarà la strada migliore per l’umanità? Il fatto che ciascuno possa fare della propria vita quello che vuole, che non ci sia un ordine … questo è buono o non è buono? E dove conduce tutto questo? Ci ha condotto certamente all’egoismo, all’individualismo, a cercare ciascuno il proprio vantaggio prescindendo dagli altri … Penso quindi che anche la crisi economica induca a pensare che questa non possa essere la strada.

D. – Si vive un momento di disorientamento a causa della crisi: manca il lavoro, non ci sono più riferimenti, anche da un punto di vista politico … la Chiesa in questa fase storica di disorientamento, rappresenta un punto di riferimento?

R. – Sì, e questo per due ragioni. La prima è perché la Chiesa, attraverso le parrocchie e le Caritas, fa molto per le persone e le famiglie che hanno tante e gravi necessità; fa molto per i poveri, ai quali il mondo non guarda. E poi la seconda ragione è che la Chiesa annuncia un messaggio di austerità, di rigore, di conversione, di abbandono dell’egoismo, di invito alla ricerca del bene di tutti …

D. – Qui al Sinodo è stata ribadita anche l’importanza del rilancio di alcuni Sacramenti, in particolare quello della penitenza, definito il Sacramento della nuova evangelizzazione …

R. – Certamente, perché se non c’è la conversione del cuore non può esserci vera evangelizzazione. E’ molto importante questo sacramento perché ci aiuta a riconoscere la nostra debolezza e la misericordia di Dio. Nel Sacramento della penitenza c’è anche una dimensione antropologica molto importante: la verità della persona umana, del peccato originale e delle sue conseguenze, della salvezza di Dio, della misericordia di Dio, dell’amore di Dio che perdona.

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