Il cardinale Bertone ai vescovi di recente ordinazione
Fedeli al Vangelo e non alle mode
«Un cristiano, tanto più un sacerdote e un vescovo, non deve conformarsi al mondo per la paura di essere criticato o per il desiderio che tutti dicano bene di lui». È un'indicazione concreta quella che il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, ha dato ai nuovi vescovi, ordinati negli ultimi dodici mesi, durante la messa celebrata mercoledì 12 settembre, al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum di Roma. I presuli stanno partecipando in questi giorni al convegno promosso dalla Congregazione per i Vescovi con l'intento di far vivere loro «un'intensa esperienza di fraternità e di approfondimento».
«Se la gente ci critica -- ha detto il cardinale -- perché non viviamo fedelmente la nostra vocazione e la nostra missione, certamente dobbiamo esaminarci e cambiare. Ma se siamo criticati perché non seguiamo i criteri del mondo e le mode del momento, dobbiamo rimanere serenamente fermi nella nostra fedeltà al Vangelo e all'insegnamento autentico della Chiesa. Così la felicità promessa dal Signore sarà in noi già fin d'ora». Parole chiare, fondate sulle Beatitudini riproposte nel Vangelo proclamato durante la celebrazione liturgica.
Riferendosi sempre alla Parola di Dio appena letta, il segretario di Stato ha anche delineato lo stile di san Paolo nell'intervenire «nelle questioni dei cristiani di Corinto, per indicare loro principi e criteri ispiratori. Fra le varie domande -- ha spiegato -- ne erano pervenute all'apostolo alcune circa il matrimonio e la scelta dello stato di vita per le diverse categorie di persone».
Così, sono le parole del segretario di Stato, «dal contesto della Lettera si desume che a Corinto un gruppo di cristiani fosse orientato per una linea di assoluta intransigenza in ambito coniugale, in contrapposizione a un altro gruppo invece permissivo. Secondo i rappresentanti del rigorismo di stampo ascetico, il matrimonio era poco conveniente per i battezzati. Paolo allora interviene per aiutare i cristiani a fare una scelta dello stato di vita ispirata dalla vera libertà evangelica, che ha il suo fondamento nel rapporto con il Signore».
«Innanzitutto -- ha aggiunto il porporato -- egli elimina i pregiudizi derivanti dalle paure e distorsioni dell'ambiente, affermando che nessuno stato di vita, matrimonio o verginità, è di per sé salvifico. Chi salva è il Signore. Perciò quello che conta è la fedeltà nei confronti di Dio, da vivere in ogni condizione».
Ecco che «dalle indicazioni di san Paolo si possono enucleare tre principi fondamentali, che diventano criteri per una scelta consapevole e responsabile». E «il primo principio -- ha affermato il cardinale -- è quello del dono o carisma che ognuno riceve dal Signore. Una persona può sposarsi se ha ricevuto il dono spirituale corrispondente, e può fare una scelta verginale e celibataria se riceve quest'altro dono».
«Il secondo principio -- ha proseguito -- è quello della chiamata di Dio. Da qui si comprende che la questione non è quella di inventarci, ma di rispondere a ciò che siamo per iniziativa e volontà divina».
Infine, ha precisato, «il terzo principio è quello della fede nel Signore risorto». Per il cardinale, dunque, «non è una svalutazione del presente e dei valori terreni, ma si tratta di collocare il presente e ogni realtà umana nella prospettiva dell'eterno». Infatti «le nostre tristezze e le nostre gioie, ogni nostra esperienza e situazione è come ri-dimensionata, nel senso che è attratta in una nuova dimensione da un polo di insuperabile forza, che tutto illumina e trasfigura. Questo polo è Gesù Cristo, il suo mistero pasquale». È, in sintesi, «un forte invito a vivere nella speranza e a comunicarla, come vescovi, al popolo cristiano».
«In questo percorso di fedeltà a Cristo e al suo Vangelo -- ha concluso il cardinale Bertone sempre rivolto ai vescovi di recente ordinazione -- la Vergine Santa è il nostro modello» e se ne può sperimentare «la forza e la dolcezza».
È una realtà, ha specificato, che «vi invita a immergervi dentro al consenso mariano; vi invita a porre il vostro ministero dentro l'obbedienza mariana. Maria si è lasciata colmare dalla presenza divina, con piena docilità, e l'obbedienza della fede l'ha resa feconda, capace di generare lo stesso Figlio di Dio nella nostra natura umana. Qui sta il fulcro della nostra vita sacerdotale ed episcopale: l'obbedienza della fede, mediante la quale trasferiamo la proprietà di noi stessi da noi stessi a Cristo nel servizio generoso e fedele della sua Chiesa». Questa è anche «la grandezza e la bellezza del nostro essere pastori e guide».
Il cardinale segretario di Stato -- che ha avuto parole di particolare gratitudine per il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e per i suoi collaboratori per aver promosso questa importante iniziativa -- ha assicurato a tutti i partecipanti la vicinanza spirituale e la benedizione del Pontefice.
(©L'Osservatore Romano 13 settembre 2012)
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