domenica 14 ottobre 2012

Sinodo. Mons. Onaiyekan: i cristiani in Nigeria rispondano con la pace alle violenze estremiste


Sinodo. Mons. Onaiyekan: i cristiani in Nigeria rispondano con la pace alle violenze estremiste 

La religione non venga manipolata dalla politica, ma sia uno strumento di pace. E’ con questa esortazione che i Padri sinodali hanno espresso vicinanza e solidarietà alla Nigeria. Nel Nord del Paese, scenario di attentati condotti dai fondamentalisti di Boko Haram spesso contro luoghi cristiani, la Chiesa è impegnata nella promozione della giustizia e della pace. Lo conferma l’arcivescovo di Abuja, John Olorunfemi Onaiyekan, al microfono del nostro inviato al Sinodo Paolo Ondarza: 

R. – La Chiesa in Nigeria è parte della comunità nigeriana e, in quanto parte della comunità nigeriana, si trova sotto la pressione di gruppi terroristici islamici che hanno causato tanto disordine, particolarmente nel Nord. Non credo si tratti di un attacco diretto soltanto ai cattolici o, più in generale, ai cristiani. Stiamo parlando di un problema nazionale, anche il governo nigeriano lo considera tale. Non si deve dimenticare che la Nigeria non è un Paese islamico dove i cristiani sono una minoranza sotto persecuzione. Il nostro presidente è un cristiano anglicano. Il presidente del nostro Senato è un cattolico. Insomma, non si deve pensare alla Nigeria o ai cristiani della Nigeria come ad un piccolo gruppo sotto persecuzione. Ci troviamo di fronte ad una sfida enorme: la nostra situazione richiede che i cristiani, e i cattolici in particolare, vivano la loro fede con convinzione e specialmente che siano uomini di pace.

D. – La testimonianza dei cristiani è molto importante per la Nigeria...

R. – E’ molto importante. Adesso la comunità cristiana è molto provata perché con gli attacchi alle chiese tanti fedeli cominciano a perdere il “gioiello” cristiano del perdono verso i nemici e c’è chi addirittura chi manifesta il desiderio di vendetta, di rappresaglia. Noi diciamo: no! Non è così che si vive da cristiani. E non è neanche così che si giungerà alla pace nel Paese.

D. – Il fatto che si colpiscano spesso luoghi di culto cristiani durante celebrazioni importanti per la fede cristiana, che significato ha?

R. - No, questa gente cerca bersagli facili: una chiesa nella città è un facile bersaglio, non è protetta da particolari misure di sicurezza e quindi la colpiscono. Ma quando si tratta di una celebrazione grande, per esempio dello Stato, in cui le misure di sicurezza sono elevatissime, nessuno si avvicina. Nella mia cattedrale ad Abuja abbiamo provveduto alla sicurezza in modo molto ben organizzato: ad esempio le automobili non possono avvicinarsi alla chiesa; tutti parcheggiano la macchina lontano e vengono in chiesa a piedi. E’ il prezzo che dobbiamo pagare per la sicurezza.

D. - Cosa vuol dire parlare di nuova evangelizzazione in Nigeria?

R. – In un Paese come il nostro, dove l’evangelizzazione è recente, parlare di nuova evangelizzazione vuol dire dare un nuovo slancio alle cose che come cristiani facciamo. Io sono cristiano di seconda generazione, il mio papà si è convertito e mi ha allevato come un cattolico: il mio compito è ritrovare l’entusiasmo di mio padre nella fede ed è quanto cerco di fare!

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