Contemplazione, comunità e discernimento come priorità
Per educare gli adulti a credere
«Educare gli adulti alla fede... per la famiglia, il lavoro e la festa» è il tema del Convegno nazionale dei direttori degli Uffici di pastorale sociale delle diocesi italiane in corso a Bari dal 25 al 28 ottobre. L'appuntamento si colloca nel solco del VII Incontro mondiale delle famiglie, svoltosi a Milano l'estate scorsa, e in preparazione alla 47ª Settimana sociale dei cattolici italiani, che nel 2013 a Torino approfondirà il tema della famiglia. I lavori sono stati aperti dalla relazione del vescovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana, intitolata «Educare a una fede adulta», della quale pubblichiamo alcuni stralci.
di Mariano Crociata
Molti studi e rilevazioni concordano nel constatare la ridotta capacità di maturità di tanti adulti di oggi. Ci sono in tal senso segnali estrinseci di non poco rilievo: basti osservare il fenomeno dell'andamento demografico, pari ormai allo zero se non inferiore nella nostra Italia, e l'inaridimento della passione e della dedizione educativa che questa stagione storica conosce. L'uomo di oggi appare ripiegato su se stesso, incapace di aprirsi e di dedicarsi agli altri, di darsi a un compito, a una missione. Sembra condannarsi all'autoreferenzialità e all'incapacità di farsi carico della vita, degli altri e perfino di se stesso. La qualità che è stata sempre riconosciuta come tipica della maturità umana sembra ormai completamente dimenticata, come se essere adulti non fosse più una possibilità, qualcosa di buono e di desiderabile, qualcosa che rende la persona umana veramente se stessa. La ricerca dell'autorealizzazione e dell'appagamento fine a se stesso è diventata la cifra della condanna a un infantilismo e a una eterna adolescenza come condizione psicologica, spirituale, culturale insuperabile. E qui si coglie -- a proposito di famiglia, lavoro e festa -- come il ripiegamento egoistico e solipsistico su di sé renda ciechi a una evidenza madornale, perché la chiusura alla vita e il disprezzo per essa sono l'altra faccia della incapacità a dare soluzione ai drammatici problemi sociali, anzi denunciano le cause e l'origine ultima delle scelte e degli atteggiamenti che hanno generato la crisi anche economica in atto.
Si comprende, così, la ragione e insieme il valore della scelta compiuta dai vescovi italiani negli orientamenti pastorali del decennio di mettere al primo posto gli adulti come destinatari primi di una proposta educativa, prima di guardare a loro come educatori e prima di portare l'attenzione su ragazzi e giovani in quanto destinatari propri della dedizione educativa degli adulti anche in prospettiva cristiana.
Ma quale forma deve prendere la proposta cristiana rivolta ad adulti e l'accompagnamento che deve seguire? Per prima cosa bisogna constatare che l'istanza antropologica della maturità non può che incrociarsi e trovare adempimento nell'orizzonte cristiano. E il luogo di tale adempimento è la Chiesa. Ci è chiesto che la Chiesa si mostri, innanzitutto ai nostri stessi occhi, come il luogo in cui aspetti e dimensioni fondamentali come la visione intellettuale, l'esperienza vissuta e il coinvolgimento affettivo trovino proprio in essa lo spazio adeguato. E ciò che noi possiamo constatare in una successione che può apparire giustapposta, in realtà è destinato a rivelare l'ordine vero delle cose, e cioè il riconoscimento che in Cristo l'umanità adempiuta che noi cerchiamo e a cui siamo destinati ha trovato la suprema esemplare realizzazione, così che possiamo semplicemente riconoscerla, cioè credere.
La Chiesa è per sua natura educante: questa è la sua missione, far crescere figli di Dio, attraverso il sostegno materno offerto con la parola, i sacramenti, la guida verso coloro che sono stati resi suoi membri per la chiamata alla fede e il dono del battesimo.
Come si esprime questa attenzione specifica, questa dimensione costitutivamente educativa dell'agire ordinario della Chiesa? Io direi a diversi livelli.
Il livello più fondamentale è anche quello più dato per scontato, considerato ovvio. In realtà a plasmare la fede dei credenti è l'ascolto della Parola e la celebrazione dei sacramenti, in un clima e in uno stile di preghiera personale e comunitario che confessa con i gesti, prima che con le parole, il primato assoluto di Dio nella vita dei credenti e della Chiesa tutta.
Su questa base si innesta quell'azione pastorale chiamata a dare efficacia e concretezza personale e comunitaria all'opera istituzionale e costitutiva della Chiesa. Essa interessa innanzitutto la cura e le forme pratiche dell'ascolto e della celebrazione. Su questo punto si colloca il tratto specifico e primordiale dell'azione educativa della Chiesa, perché innanzitutto in esso opera con la massima efficacia il principale e vero educatore del suo popolo, che è Dio stesso per il suo Cristo nello Spirito. La fede in tale primato e la cura per la sua massima evidenza nella coscienza e per la forma e la qualità dell'ascoltare e del celebrare costituiscono il primo atto educativo di una comunità cristiana e la sua più grande responsabilità.
Intimamente connesso con tale impegno è ciò che costituisce l'effetto che ne risulta. Esso non è un risultato automatico ma un frutto personale, cioè conseguito per la grazia comunicata dalla risposta personale e comunitaria dei fedeli. Una comunità che ascolta e celebra in uno spirito di fervorosa preghiera vede crescere nel proprio seno relazioni nuove. La fede di adulti che si lasciano educare dal Signore nella Chiesa si mostra in un modo nuovo di stare insieme e di condividere l'esperienza della vita, come effetto di risposta personale e comune elaborata in una vita ordinata sotto la guida dei propri pastori.
In questo modo fiorisce spontaneamente l'elaborazione di una attenzione specifica all'educazione degli adulti nella comunità ecclesiale. Essa fondamentalmente ha un obiettivo: rendere il singolo adulto, inserito nella rete di rapporti della comunità, capace di diventare sempre più soggetto responsabile del proprio cammino di credente, all'interno della stessa comunità e in qualsiasi ambiente egli si venga a trovare. L'unico modo di educare un adulto è quello di renderlo protagonista del proprio cammino di vita, soggetto della propria formazione, responsabile della propria storia e riconciliato con il proprio passato, per riconoscere e accettare il proprio presente e procedere con impegno generoso verso il futuro. Senza questa capacità di coinvolgimento personale sarà difficile vedere risultati di percorsi educativi di sorta.
In maniera sintetica e conclusiva, allora, si potrebbe raccogliere il senso dell'impegno educativo degli adulti alla fede attorno a tre prospettive operative: innanzitutto, coltivare la dimensione contemplativa come formazione di una capacità di giudizio, frutto di ascolto e di riflessione; poi, condividere l'esperienza della vita nella luce della fede secondo le attività di comunità e il dialogo a vari livelli al fine di riappropriarsi narrativamente del senso del proprio percorso di vita, con una attenzione specifica agli ambiti antropologicamente qualificati; infine, esercitare il discernimento della storia e dei suoi segni nelle varie situazioni della vita del mondo di oggi, avvalendosi della dottrina sociale della Chiesa, per imparare la forza illuminante della fede nella comprensione della realtà e nelle decisioni da assumere, per sperimentare e mostrare che dalla fede viene un inizio di trasformazione dell'uomo e della società intera, e così capire e far capire che la fede non è estranea alla vita reale e ai suoi problemi, ma vi porta dentro in maniera originale per incidere sempre più profondamente, cioè alleandosi con il mistero pasquale che in esso è già intimamente operante.
In questo modo si potrà fare l'esperienza di scoprire ogni giorno che la fede è un dono che ti precede e ti accompagna sempre, al sorgere del giorno come al cadere della notte e nello scorrere delle ore; ma è anche e sempre, proprio per questo, l'oggetto mai posseduto definitivamente di una quotidiana libera e vigile riconquista.
(©L'Osservatore Romano 27 ottobre 2012)
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2 commenti:
"Su questa base si innesta quell'azione pastorale chiamata a dare efficacia e concretezza personale e comunitaria all'opera istituzionale e costitutiva della Chiesa."
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Molto giusto. Ma perché la pastorale sia efficace e concreta e personale e comunitaria occorrono Pastori, e non biblisti senza bussola chiacchieroni amanti del "confronto", del "dialogo" e delle discussioni infinite.
"Pastori" nella Chiesa Cattolica non è una parola vaga o retorica, vuol dire vescovi e sacerdoti con cura d'anime, che stiano nel confessionale, sappiano che cosa sono l'orazione e la contemplazione, facciano il catechismo ai ragazzi senza delegarlo alle equipe di ballerine, svolgano una buona direzione spirituale, offrano il Sacrificio sapendo quello che fanno, stiano con le famiglie con dono di consiglio, rispettino l'autonomia dei laici nelle attività loro proprie senza invasioni di campo e senza servirsene per compiti clericali... e fermiamoci qui.
Dove sono? Evidentemente si sono nascosti, dal momento che quelli che si vedono e dominano la scena sono solo i gruppi di biblisti protestantofili che hanno intimato al Papa - riuscendoci - di desistere dall'intenzione di fare di San Giovanni Maria Vianney il Patrono dei sacerdoti.
Caro anonimo delle 13.19,lei ha ragione da vendere,ma lo vada a dire a quattr'occhi ai vari preti e pretonzoli onnipresenti dove non servono e colpevolmente assenti quando servono;il mio parroco,fa il direttore di un settimanale ,diocesano finchè si vuole,ma impegnatissimo nel suo lavoro,ha anche 2 tv 'religiose'da seguire come direttore responsbile,in più dovrebbe(condizionale obbligatorio)seguire pastoralmente 2 parrocchie,risultato latita,le confessioni 1 o 2 volte all'anno,il minimo indispendsabile,catechisti raccolti agli angoli all'ultimo momento col risultato di cresimandi che non sanno neanche dov'è nato Cristo e hanno una vaga idea della religione cattolica,d'altra parte non essendo più religione di stato,meno se ne parla meglio è.Vianney,un prete vecchio,sorpassato,come il papa,lui sì fuori posto e fuori luogo con le sue anacronistiche idee sulla liturgia e la messa in latino poi;fortuna siamo in Italia definita 'oasi' in Europa stanno peggio....Scrivo dal nordItalia,non dall'altro mondo,se pubblicato ringrazio il blog per lo spazio ed il tempo offertomi.
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