Benedetto XVI apre l’Anno della fede nel cinquantesimo anniversario dell’inizio del Vaticano II
Un pellegrinaggio nei deserti del mondo
Il Papa insiste sulla necessità di tornare alla “lettera” del concilio per trovarne l’autentico spirito e riscoprire l’essenziale per vivere
«Un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo». È la suggestiva immagine scelta da Benedetto XVI per «raffigurare l’Anno della fede», inaugurato stamane, giovedì 11 ottobre, con una messa solenne in piazza San Pietro a cinquant’anni esatti dall’apertura del concilio Vaticano II e nel ventennale della pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica.
All’omelia il Papa ha sottolineato come l’Anno della fede sia «legato coerentemente a tutto il cammino della Chiesa» nell’ultimo mezzo secolo: «dal Concilio, attraverso il Magistero del servo di Dio Paolo VI, il quale indisse un “Anno della fede” nel 1967, fino al Grande Giubileo del 2000, con il quale il beato Giovanni Paolo II ha riproposto all’intera umanità Gesù Cristo quale unico Salvatore, ieri, oggi e sempre».
Del resto Benedetto XVI ha più volte insistito sulla necessità di tornare alla “lettera” del concilio, per trovarne l’autentico spirito e riscoprire l’essenziale per vivere. E «se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evangelizzazione — ha spiegato — non è per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa».
Infatti — ha constatato il Pontefice — «in questi decenni è avanzata una “desertificazione” spirituale». Ecco allora che «proprio a partire dall’esperienza di questo deserto» è possibile scoprire di nuovo «la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne». Proprio «nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita».
«E nel deserto — ha concluso — c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e tengono desta la speranza». Al termine della celebrazione ha preso la parola il Patriarca Bartolomeo I, che ha messo in luce i progressi compiuti in campo ecumenico.
(©L'Osservatore Romano 12 ottobre 2012)
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