Lettera ai veneziani per l'apertura dell'Anno della fede
Il grande balzo di Abramo
di Francesco Moraglia
Abramo, protagonista della storia della salvezza, incarna la risposta esistenziale della fede e diventa l'emblema del credente. A lui si collegano le tre grandi religioni monoteiste: l'ebraismo, il cristianesimo, l'islam; un particolare che non deve essere trascurato nel contesto dell'attuale società, soprattutto del nordest italiano sempre più plurietnico, multiculturale e, per certi aspetti del vivere, fortemente secolarizzato. Inoltre nella celebrazione eucaristica, cuore della fede cristiana, la preghiera del canone romano menziona proprio Abramo qualificandolo come “padre nella fede”. Con Abramo si compie il grande balzo della storia della salvezza; con lui inizia una nuova fase e col suo apparire si affaccia sul proscenio della storia un'umanità nuova, chiamata personalmente a rispondere a Dio nella fede. Abramo, soprattutto, si pone nella storia come il nuovo punto d'unità del progetto di Dio sugli uomini e sulla storia.
Ci viene incontro come personaggio reale e concreto, interlocutore del vero Dio, colui che parla con Dio come un amico parla a un amico. Una fede intima e insieme esigente plasma il volto interiore ed esteriore di Abramo e, dopo di lui, ne plasmerà la stirpe scolpendone il profilo naturale e soprannaturale. Dio ha posto gli occhi su quest'uomo, un pastore nomade originario di Ur dei Caldei, e, da quel momento, non lo lascerà più nemmeno per un istante. La vocazione di Abramo si unisce intimamente alla promessa concreta che Dio rivolge a un uomo non più nel fiore della giovinezza: «Farò di te una grande nazione e ti benedirò».
La chiamata e la promessa di Dio si compiranno quando Abramo e Sara nei loro corpi sono, oramai, segnati dalla decadenza fisica e dalla vecchiaia. Il nome del figlio Isacco significa, tra l'altro, “colui che ride”. La notizia della sua nascita suscita infatti ilarità, ironia, burla: è l'atteggiamento di irrisione possibile ogni qualvolta non si considera che Dio è l'onnipotente. Ogni epoca, ogni uomo e ogni cultura riservano i propri, specifici, sorrisi ironici a Dio e alla sua onnipotenza. Ma in Abramo e Sara il sorriso disincantato, di fronte a quanto la logica umana faticava ad accogliere, presto cederà il passo a un sorriso diverso: il sorriso di chi, con gioia, vede compiersi nella sua vita la promessa di Dio.
Di Abramo è opportuno sottolineare il profondo legame esistente tra fede e preghiera; realtà che, fra loro, non possono essere separate. L'uomo che crede non solo prega, ma è colui che, nella preghiera, sa osare. È colui che non si tira indietro e non viene meno di fronte alla difficoltà del pregare. Abramo, nella sua preghiera, esprime la qualità della sua fede; la sua orazione appare semplice, immediata, diretta e, soprattutto, coraggiosa. Per ben sei volte Abramo -- l'amico di Dio -- osa e insiste nella sua preghiera d'intercessione affinché Dio abbia pietà della città peccatrice (Sodoma) e dei suoi abitanti. Il modo in cui Abramo si volge al Signore anticipa l'insegnamento di Gesù circa l'immediatezza e semplicità della preghiera. La preghiera, dice Gesù, non deve essere come quella di coloro che non hanno fede: tortuosa, prolissa e basata su parole ripetute e ribadite. Al contrario la preghiera di Abramo, seconda solo a quella di Maria a Cana di Galilea -- «Fate quello che vi dirà» (Giovanni, 2, 5) -- presuppone una dimestichezza, una consuetudine, un'intimità, un'amicizia che gli permettono d'osare al di là di ogni logica umana. Una preghiera libera e immediata che esprime un'altissima consapevolezza dell'alterità di Dio avvertito come Colui che sta oltre ogni intimità e che va incontrato come il Signore da cui tutto ha origine e da cui tutto assume significato.
In Abramo il coraggio dell'amico si coniuga col rispetto, la deferenza, l'ossequio di chi si trova al cospetto del Dio tre volte Santo. La supplica di Abramo è, a un tempo, espressione di familiarità e fiducia ma anche di riverente ossequio e sottomissione. Il dialogo tra Abramo e Dio si caratterizza per la franchezza, l'audacia, l'essenzialità, la fiducia. Abramo consegna la totalità del suo essere a Colui che riconosce come suo Signore, l'Onnipotente e, insieme, il Padre amorevole. Siamo dinanzi a un dialogo commovente, un dialogo possibile solo fra amici; in tale clima deve nascere, crescere e dipanarsi ogni vera preghiera. Solamente una fede che sia progressivamente cresciuta e giunta a pienezza può sbocciare in un dialogo così franco, diretto, libero, veramente filiale. Fede e preghiera non provengono dalle risorse umane: fede e preghiera nascono dalla promessa di Dio a cui l'uomo aderisce e dà credito.
Abramo è l'uomo della promessa che fonda la sua vita e, ancor più, il suo essere su tale promessa. Dio diventa il senso ultimo della vita d'Abramo e tutti gli eventi della sua storia ci avvertono che la promessa di Dio mira, in realtà, a far entrare Abramo in una nuova relazione con Dio e a una più grande comunione con Lui. Per incamminarsi su questa strada e giungere alla meta, Abramo avrà bisogno non solo della fede, ma della pienezza della fede che raggiungerà il suo acme attraverso la piena purificazione. Abramo, in tal modo, sarà plasmato e scolpito dalla sua stessa fede.
Egli è colui che, visto dal Signore attraverso il cammino della purificazione protrattosi lungo tutta la vita, potrà a sua volta vedere il Signore. Abramo, ben prima della legge mosaica e prima della circoncisione, è giustificato dalla fede. A renderlo giusto dinanzi a Dio è la fede accompagnata -- passo dopo passo -- da gesti concreti.
Abramo, nella sua persona, esprime l'immagine della porta della fede: una porta viva e reale che, tramite il suo esempio di credente che non viene meno, introduce gli uomini a una più intima vita di comunione con il Signore. Abramo raggiunge il culmine della fede come fiducia nel Dio che non può tradire anche quando tutto umanamente sembra venire meno. Solo in questo abbandono totale e fiducioso Abramo diventa pienamente l'amico di Dio.
(©L'Osservatore Romano 14 ottobre 2012)
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1 commento:
Grazie a Dio il Patriarca non ha parlato di fede come "salto nel vuoto", bensì di Abramo che realizza un "balzo nella Storia della Salvezza".
Infatti egli parla, giustamente, di Dio come "Colui che sta oltre ogni intimità e che va incontrato come il Signore..."
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