(AGI) - CdV, 11 ott.
Salvatore Izzo
La grande processione d'ingresso che l'11 ottobre 1962 ha dato inizio al Concilio Vaticano II e' stata ripetuta oggi da piu' di quattrocento vescovi di tutto il mondo (14 dei quali sono tra i 96 padri conciliari superstiti, quasi tutti ultranovantenni) e 20 mila fedeli convenuti per l'occasione in piazza San Pietro. Una processione, ha spiegato Papa Ratzinger nella sua omelia, "che ha voluto richiamare quella memorabile dei Padri conciliari quando entrarono
solennemente in questa Basilica". Benedetto XVI ha sottolineato anche gli altri gesti con i quali ha voluto ricordare la storica giornata: "l'intronizzazione dell'Evangeliario, copia di quello utilizzato durante il Concilio e la consegna dei sette messaggi finali del Concilio e del Catechismo della Chiesa Cattolica".
Esprimendo "grande gioia oggi", per aver potuto dare inizio all'Anno della Fede a 50 anni dall'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. In particolare, il Papa si e' detto "lieto" di rivolgere il suo saluto a Sua
Santita' Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli, e a Sua Grazia Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury. "Un pensiero speciale" lo h arivolto anche ai patriarchi e agli arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche, e ai presidenti delle Conferenze Episcopali, che hanno concelebrato insieme ai 262 padri sinodali.
Rivolgendosi poi direttamente ai conciliari superstiti, i piu' anziani tra i presenti in piazza San Pietro erano i cardinali ultranovantenni Roger Etchegaray e Giovanni Canestri, i piu' giovani gli ottuageneri Francis Arinze e monsignor Luigi Bettazzi, il Pontefice ha sottolineato che la celebrazione del Concilio non serve solo a "solo ricordare", ma vuole "andare oltre la commemorazione" per "entrare piu' profondamente nel movimento spirituale che ha caratterizzato il Vaticano II, per farlo nostro e portarlo avanti nel suo vero senso" che e' "la fede in Cristo, la fede apostolica, animata dalla spinta interiore a comunicare Cristo ad ogni uomo e a tutti gli uomini nel pellegrinare della Chiesa sulle vie della storia".
"L'Anno della fede che oggi inauguriamo - ha quindi concluso - e' legato coerentemente a tutto il cammino della Chiesa negli ultimi 50 anni: dal Concilio, attraverso il Magistero del Servo di Dio Paolo VI, il quale indisse un Anno della Fede nel 1967, fino al Grande Giubileo del 2000, con il quale il Beato Giovanni Paolo II ha riproposto all'intera umanita' Gesu' Cristo quale unico Salvatore, ieri, oggi e sempre".
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CONCILIO: PAPA, ATTENERSI A LETTERA DEI TESTI, NO FUGHE AVANTI
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 11 ott.
Denunciando il rischio corso dalla Chiesa nel post-Concilio di piegarsi alla "mentalita' dominante, mettendo in discussione le basi stesse del depositum fidei", Benedetto XVI e' tornato a insistere oggi "sulla necessita' di ritornare, per cosi' dire, alla 'lettera' del Concilio, cioe' ai suoi testi, per trovarne anche l'autentico spirito". Ed ha ripetuto agli oltre 400 vescovi di tutto il mondo che erano con lui in piazza San Pietro, che "la vera eredita' del Vaticano II si trova in essi". "Il riferimento ai documenti - ha scandito nell'omelia della solenne celebrazione per i 50 anni del Concilio e l'apertura dell'Anno della Fede - mette al riparo dagli estremi di nostalgie anacronistiche e di corse in avanti, e consente di cogliere la novita' nella continuita'".
Secondo Papa Ratzinger che, allora 35enne professore di teologia fondamentale all'Universita' di Bonn, partecipo' ai lavori come perito, "il Concilio non ha escogitato nulla di nuovo come materia di fede, ne' ha voluto sostituire quanto e' antico. Piuttosto - ha sottolineato - si e' preoccupato di far si' che la medesima fede continui ad essere vissuta nell'oggi, continui ad essere una fede viva in un mondo in cambiamento".
"Se ci poniamo in sintonia con l'impostazione autentica, che il Beato Giovanni XXIII volle dare al Vaticano II, noi - ha esortato il Pontefice di oggi - potremo attualizzarla lungo questo Anno della Fede, all'interno dell'unico cammino della Chiesa che continuamente vuole approfondire il bagaglio della fede che Cristo le ha affidato". I Padri conciliari - ha spiegato - volevano ripresentare la fede in modo efficace; e se si aprirono con fiducia al dialogo con il mondo moderno e' proprio perche' erano sicuri della loro fede, della salda roccia su cui poggiavano".
"Negli anni seguenti, invece - ha denunciato Joseph Ratzinger nella sua omelia - molti hanno accolto senza discernimento la mentalita' dominante, mettendo in discussione le basi stesse del depositum fidei, che purtroppo non sentivano piu' come proprie nella loro verita'". Contro tale impostazione, il Pontefice ha fatto ricorso anche al racconto della propria esperienza: "durante il Concilio - ha confidato - vi era una tensione commovente nei confronti del comune compito di far risplendere la verita' e la bellezza della fede nell'oggi del nostro tempo, senza sacrificarla alle esigenze del presente ne' tenerla legata al passato: nella fede risuona l'eterno presente di Dio, che trascende il tempo e tuttavia puo' essere accolto da noi solamente nel nostro irripetibile oggi". "Percio' - ha scandito Benedetto XVI - ritengo che la cosa piu' importante, specialmente in una ricorrenza significativa come l'attuale, sia ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva tensione, quell'anelito a riannunciare Cristo all'uomo contemporaneo". "Ma affinche' questa spinta interiore alla nuova evangelizzazione non rimanga soltanto ideale e non pecchi di confusione, occorre - ha concluso - che essa si appoggi ad una base concreta e precisa, e questa base sono i documenti del Concilio Vaticano II, nei quali essa ha trovato espressi".
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