Citta' del Vaticano, 23 ott. - (Adnkronos)
Alcune contraddizioni emergono dalle dichiarazioni di Paolo Gabriele circa il numero delle copie fatte dei documenti trafugati. E' questo uno dei particolari che emerge dalle motivazioni della sentenza con la quale il tribunale vaticano ha condannato a un anno e sei mesi l'ex maggiordomo del Papa Paolo Gabriele per il furto di documenti riservati dall'appartamento del Pontefice.
''Le dichiarazioni dell'imputato - si legge nel dispositivo - presentano qualche contraddizione, per esempio laddove afferma di aver fatto solo due copie (quella data al Nuzzi e quella data al confessore), quando invece di molti documenti si è trovata anche una terza copia, reperita nel corso della perquisizione dell'abitazione vaticana e sequestrata; o laddove afferma di avere effettuato le fotocopie durante l'orario di ufficio, mentre, sempre in dibattimento, dichiara: 'preciso che non c'era un orario prestabilito'''.
''L'imputato invece - prosegue il testo - non nega di aver fatto le fotocopie anche in momenti nei quali, non essendo presenti entrambi i Segretari (i due segretari del Pontefice, ndr), rimaneva solo in ufficio: difatti nelle ricordate dichiarazioni rese in dibattimento ha affermato che le fotocopie sono state effettuate 'a volte anche in presenza di altre persone'''.
In ogni caso, si spiega nelle motivazioni della Sentenza, ''la sostanza dei fatti per i quali il Gabriele è sottoposto a giudizio trova conferma nelle deposizioni dei testi ascoltati nel corso del dibattimento. A cominciare da quella di Mons. Georg Ganswein, Segretario particolare di Sua Santità Benedetto XVI, che confermando quanto già dichiarato avanti al Giudice Istruttore a domanda del Promotore di Giustizia risponde: 'Ho rilevato nel libro di Nuzzi dei documenti che non erano circolati nei dicasteri della Santa Sede e sui quali avevo solo riferito verbalmente al Santo Padre. In particolare, si trattava di una lettera del giornalista Vespa, di una lettera del Direttore di una banca del nord e della stampa di una email inviatami dal padre Lombardi relativa al caso Orlandi. La scoperta nel libro di questi documenti, che non poteva conoscere nessun altro, mi ha insospettito'''.
Se dal processo non sono emerse prove di un eventuale vantaggio economico da parte dell'imputato, è pur sempre riscontrabile un profitto di tipo morale e intellettuale.
''Il dolo specifico, nel furto - si spiega - è rappresentato dal fine di trarre profitto per sé o per altri, ma, ai fini della consumazione del reato, d'altra parte, non è di per sé necessario che il profitto sia di fatto conseguito, ma è sufficiente l'intenzionalità''.
''Per cui - prosegue la sentenza - anche se il Gabriele ha dichiarato, sia in sede istruttoria sia in sede dibattimentale, di non aver avuto 'danaro in cambio della dazione di documenti anche perché ciò era una condizione essenziale' (così, da ultimo, nell' interrogatorio in udienza dibattimentale del 2 ottobre 2012) - a parte il fatto che di tale dichiarazione non risulta agli atti nessun riscontro né confermativo né contrario - rimane pur sempre che egli ha usato ed abusato della cosa invito domino''.
Tuttavia, affermano i giudici, ''a prescindere da ciò, si osserva che il Gabriele ha comunque tratto un profitto dalla sottrazione dei documenti: non economico forse, ma certamente intellettuale e morale''.
In particolare Gabriele, nei vari interrogatori, ha affermato di voler raccogliere documenti per studiare in modo approfondito le vicende vaticane, quindi ha affermato: 'ebbi l'impulso di fare qualcosa che consentisse in qualche modo di uscir fuori dalla situazione che si viveva all'interno del Vaticano'. ''Dalle ragioni che hanno determinato le operazioni delittuose - rilevano i giudici nella sentenza - si deduce, quindi, la sussistenza di un profitto da parte dell'agente''.
Inoltre, si legge come il collegio giudicante abbia ritenuto ''di dover osservare come l'azione posta in essere dal Gabriele sia in realtà lesiva nell'ordinamento vaticano della persona del Pontefice, dei diritti della Santa Sede, di tutta la Chiesa cattolica e dello Stato della Città del Vaticano; così come tale azione è stata oggettivamente lesiva di diritti ed interessi di persone fisiche ed istituzioni, da cui i documenti illegalmente sottratti pervenivano od a cui erano diretti''.
''In particolare - si afferma - l'azione del Gabriele ha violato non solo il fondamentale diritto alla buona fama e alla riservatezza di tutti i soggetti coinvolti, ma anche il segreto proprio degli atti di un soggetto sovrano''.
Padre Lombardi, intanto, ribadisce: la grazia del Papa a Paolo Gabriele è sempre possibile, il Pontefice può decidere in qualsiasi momento ma non c'è ancora nulla di deciso in proposito. Il direttore della Sala stampa della Santa Sede ha anche confermato che, in ogni caso, Gabriele sconterebbe eventualmente la pena in Vaticano e non in Italia.
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