sabato 8 settembre 2012

Alessandro Manzoni e il Cattolicesimo. Cemento dell'unità d'Italia (Sabino Caronia)

Alessandro Manzoni e il cattolicesimo

Cemento dell'unità d'Italia


di Sabino Caronia


Francesco De Sanctis nella sua Storia della letteratura italiana nel secolo XIX, dopo aver passato in rassegna i rappresentanti della scuola cattolico-liberale, così conclude la sua analisi: «E finalmente (...) è il più grande Alessandro Manzoni (...) Accanto alla sua mansuetudine era l'energia; Dio era con la patria; il suo cristianesimo era accordo di divino e di umano. E ciò spiega perché la sua memoria è così venerata universalmente, e perché, non ostante le discordie, avete visto tanta unanimità nel chinarsi innanzi a lui. Anche quelli che non credono in Dio e nel Vangelo, sono indotti a sentire simpatia verso quest'uomo; ed è naturale, perché se essi sono liberi di credere o di non credere, non sono liberi di non credere ciò che Manzoni attribuisce al suo ideale, alle idee, alle conseguenze che trae da un libro che molti possono non credere divino, ma che trattato a quel modo da Manzoni diventa consacrazione del mondo moderno. Sono costretti a credere alla voce che Manzoni fa emanare da Dio, nella quale è l'eco della loro coscienza».

Manzoni e il binomio libertà-religione. Quel binomio che animò tutta la generazione cattolico-liberale del Risorgimento, quel binomio che fa dello Stato moderno, per dirla con Arturo Carlo Iemolo, la casa comune per credenti e non credenti, Manzoni lo giudicava inscindibile.
Si è parlato di un contrasto tra cattolicesimo e civiltà moderna. A questo proposito è bene ricordare quanto scritto nelle Osservazioni sulla morale cattolica, parte seconda, capitolo secondo: «Un'accusa che si fa comunemente ai nostri giorni alla religione cattolica è che ella sia in opposizione con lo spirito del secolo (...) Quando il mondo ha riconosciuta una idea vera e magnanima, lungi dal contrastargliela, bisogna rivendicarla al Vangelo, mostrare che essa vi si trova, ricordargli che se avesse ascoltato il Vangelo, l'avrebbe riconosciuta dal giorno in cui esso fu promulgato (...) “poiché tutto quello che è vero, tutto quello che è puro, tutto quello che è giusto, tutto quello che è santo, tutto quello che rende amabili, tutto quello che fa buon nome, se qualche virtù, se qualche lode e disciplina, tutto è in quel libro divino”».
Da Manzoni la religione cattolica è stata sentita fin dall'inizio come cemento dell'unità d'Italia. Basta pensare a quel manifesto politico che è il Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia e in particolare al quinto capitolo, «Della parte che ebbero i Papi nella caduta della dinastia longobarda», dove si legge: «Questa speranza, i Romani non potevano averla in altri che ne' pontefici. Roma, così incapace per sé di farsi temere, aveva nel suo seno un oggetto di venerazione, e qualche volta di terrore, anche per i suoi nemici, un personaggio per cui verso di essa si volgeva da tanta parte di mondo uno sguardo di riverenza e d'aspettazione, per cui il nome romano si proferiva nell'occasioni più gravi. E mentre le ragioni di giustizia, di proprietà, di diritto delle genti, non sarebbero state né ascoltate né intese dai barbari, i quali avevano un loro sistema di diritto fondato sulla conquista, questo solo personaggio poteva pronunziar parole che diventavano un soggetto d'attenzione e di discussione: era un Romano che poteva minacciare e promettere, concedere e negare. A quest'uomo dunque si dovevano volgere tutti i voti, e tutti gli sguardi de' suoi concittadini; e così infatti avveniva». La sua è un'Italia libera e una, l'Italia «una d'arme, di lingua, d'altare / di memorie, di sangue e di cor» del Marzo 1821.
È significativa, relativamente al rapporto tra religione e unità nazionale, la lettera di risposta con cui il 28 luglio 1872 Manzoni, accettando la cittadinanza romana onoraria, nel ringraziare il sindaco per l'alto inaspettato onore, volle precisare come la «città generosa ha voluto ricompensare come fatti delle buone intenzioni e dare il valore di merito alle aspirazioni costanti d'una lunga vita all'indipendenza e unità d'Italia».
Particolare interesse per intendere il senso di questo rapporto ha la lettera a Edmondo De Amicis del 15 giugno 1863 con il riferimento a quelle due «verità sante» che sono la religione e l'unità nazionale: «Religione e patria sono due grandi verità, anzi, in diverso grado, due verità sante, e ogni verità può spiegare tutte le sue forze e usar tutte le sue difese senza insultarne un'altra. È vero che le persone sono naturalmente distanti dalle istituzioni; ma ci sono degli ordini di cose in cui gli oltraggi alle persone non possono non alterare il rispetto e la dignità dell'istituzione medesima».
Il predicare la libertà politica, intesa non soltanto come opzione storica ma soprattutto come deontologia etico-religiosa, risulta chiaro ove si consideri la produzione degli ultimi anni e in particolare quel libretto comparativo tra le rivoluzioni eversive, come la francese, e le rivoluzioni liberatrici, come l'italiana, che rientra nello sforzo di ritrovare Dio alle radici della storia, come aveva fatto Giovan Battista Vico.
È lo stesso Manzoni che non aveva esitato a esprimere le sue riserve su Gioberti e sulla sua idea di federalismo dichiarando: «Per me il Gioberti non riesce a persuadermi. La sua non è una fede religiosa profondamente sentita; egli vuole la Chiesa cattolica solo come un'istituzione che può essere utile a risolvere i problemi dell'Italia, mentre l'esigenza del Rosmini è un'altra; ben più vasta, fondamentale: la chiarificazione dei princìpi cattolici di contro alle imprese del mondo moderno (...) Gioberti ha fatto sue le istanze dei cattolici moderati, e ha rinunciato all'idea repubblicana. Affidare al papato compiti politici, a scapito della riforma morale della Chiesa, non piace nemmeno al Balbo né al D'Azeglio».

(©L'Osservatore Romano 8 settembre 2012)

2 commenti:

alberto ha detto...

Povero Manzoni sognava una Italia unita con un solo altare e e ci ritroviamo con un'Italia lacerata e divisa governata e tiranneggiata da 150 anni dai massoni!.
L'Italia era cattolica l'unità l'ha scristianizzata.
L'Italia mi dispiace per lui ma è solo un'espressione geografica come ben diceva il Metternich.
Unire un lombardo e un napoletano è come unire il sole e la luna....

Andrea ha detto...

Non bastavano i "grandi" fogli massonici di Milano, di Torino, di Roma: c'è anche l' "Osservatore" che fa domanda di entrare nel club "giusto", in modo da ottenere la sospirata "credibilità" in società.

Purtroppo Manzoni sarebbe d'accordo: per tutta la vita egli ebbe un piede nella Chiesa e uno nella "libertà" in senso ottocentesco.
Conseguenzialmente, la Fede diventa "opzione individuale" (De Sanctis), mentre l' "Ideale", garantito dallo Stato (A.C. Jemolo), diventa perentorio per tutti.

Non sapevo dell'infame cittadinanza onoraria romana conferita e accettata nel 1872, due anni dopo l'occupazione piemontese e un anno prima della morte dell'ottuagenario A.Manzoni