venerdì 10 agosto 2012

La crisi economica, Marx e la Dottrina sociale della Chiesa: una riflessione di Stefano Zamagni


La crisi economica, Marx e la Dottrina sociale della Chiesa: una riflessione di Stefano Zamagni 

In questo momento di seria crisi economica, su alcuni organi di stampa compaiono commenti che a diverso titolo richiamano Karl Marx, in particolare le critiche dell’economista dell’800 al capitalismo. Alcuni sottolineano le sue previsioni del collasso del sistema capitalistico, altri soprattutto le sue fortissime critiche al mondo bancario. Delle osservazioni di Marx, dei limiti del capitalismo ma anche della dottrina sociale della Chiesa, elaborata da Leone XIII fino alla Enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, Fausta Speranza ha parlato con l’economista Stefano Zamagni: 

R. – Di fronte alle indiscutibili aporie e all’inadeguatezza del capitalismo, ci sono due atteggiamenti. L’uno, è quello di Marx e di altri che hanno seguito la sua guida, e che dice: “Il capitalismo va abbattuto”. L’altra posizione è quella di chi dice: “Il capitalismo è un sistema economico che ha una sua dinamica, che ammette l’evoluzione”, e quindi ammette di essere superato, più che abbattuto. Questa, ad esempio, è la posizione della Dottrina sociale della Chiesa.

D. – Parliamo un po’ di alcuni limiti del capitalismo che si evidenziano in particolare oggi, con questa crisi che abbiamo …

R. – Tre sono i limiti. Il primo è quello dell’aumento endemico-sistemico delle disuguaglianze sociali; il secondo limite è proprio la negazione del concetto di limite e soprattutto del limite delle risorse ambientali, energetiche eccetera. E questo oggi ha svelato il lato tragico, perché la tematica ambientale è sotto gli occhi di tutti. Il terzo limite è quello che riguarda la relazione tra l’area dell’economico, cioè del mercato, e l’area del politico: questo è un punto su cui la Caritas in veritate ha scritto e ha detto parole veramente illuminanti. E cioè l’Encliclica di Benedetto XVI ha spiegato che il capitalismo tende a fagocitare anche la sfera politico-democratica. In altre parole, la logica capitalistica va a modificare le relazioni che prevalgono dentro la sfera democratica. E questo è un problema serio.

D. – Sicuramente si rimette al centro la persona: è così? E’ questo che lei dice non da teologo ma da economista…

R. – Esatto, è chiaro. Però bisogna dire bene; bisogna dire persona umana. Perché? Perché anche altre correnti di pensiero parlano di persona per significare l’individuo isolato oppure per significare il soggetto che è parte di una collettività. Quella della Dottrina sociale della Chiesa è la prospettiva del personalismo, che rifiuta sia l’individualismo sia il comunitarismo. L’individualismo vede solo l’individuo; il comunitarismo vede solo il collettivo, la classe, eccetera...

D. – Adesso parliamo – come dire – di un sintomo, e cioè la crisi della bolla finanziaria e la crisi del sistema bancario. Tornando a Marx, leggiamo che definiva i banchieri "banditi" oppure "classe di parassiti". Senza pensare a questi termini, ma c’è qualcosa di sbagliato nel sistema?

R. – E’ chiaro che la crisi finanziaria ha avuto come suo detonatore la bolla immobiliare nella forma del subprime in America, della speculazione immobiliare in Paesi come la Spagna, eccetera. Però, attenzione: questo è il sintomo di un fenomeno più profondo. La crisi di cui stiamo parlando ha radici profondissime che sono nella perdita del concetto di persona umana e nell’esaltazione dell’avidità o – come qualcuno l’ha chiamata – l’esaltazione della società obesa. L’obeso è uno che mangia non perché abbia necessità di soddisfare un bisogno ma per un’affermazione del proprio io sugli altri. E’ esattamente la conseguenza di quanto dicevo prima, cioè della separazione tra mercato e democrazia. La crisi è incominciata nel momento in cui la democrazia ha subito un vuoto politico. C’è una grave responsabilità della classe politica tutta, - occidentale e soprattutto anglosassone – nell’aver abdicato al proprio ruolo che è quello di indicare la via per il bene comune e aver lasciato fare al mercato speculativo. Poi, questo lasciar fare ha preso – nel caso concreto– la via del subprime. Però, attenzione a non confondere, appunto, lo strumento, in questo caso il subprime, con la natura profonda di questa crisi.

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1 commento:

raffaele ibba ha detto...

Buono il concetto di "società obesa", perché rende benissimo l'idea di una economia di rapina, anche di rapina sui diritti delle persone e sulle loro vite. In particolare, e occorre lavorarci sopra, sulla rapina delle vite delle persone sottratte alla famiglia per restare (come morte) solo nel lavoro e nel consumo.
Questa è davvero la morte dell'umano, in cambio di un arricchimento spropositato di qualcuno, oltre ogni limite.
La critica di Marx, invece, è già superata ed è inutile tirarla fuori di nuovo; vede bene questo fatto nell'annichilamento del concetto di "classe sociale" e di "lotta di classe".
Ciao r