Il restauro del complesso dell'antica basilica di Sant'Agostino sulla collina di Annaba nei pressi di Ippona
Il dono di Benedetto XVI per altri mille anni di splendore
di Tiziana Campisi
Il cantiere è stato allestito più di un anno fa. Sulla collina di Annaba, in Algeria, impalcature e ponteggi celano i dettagli architettonici in stile arabo-moresco e romano-bizantino della bella basilica dedicata a Sant'Agostino, vescovo di Ippona dal 395 al 430. Ma il prossimo anno quel luogo di culto, frutto di mani africane che hanno saputo armonizzare culture diverse, parlerà ancora, lasciando filtrare, dalle splendide facciate, dalle variopinte vetrate, dai marmi pregiati, le parole del grande filosofo numida che la Chiesa riconosce come Padre. Il progetto di restauro è finanziato da autorità pubbliche algerine e francesi, diverse istituzioni, ordini religiosi, diocesi e svariati benefattori.
Anche Benedetto XVI ha offerto un contributo personale. Dell'avanzamento dei lavori informa periodicamente un'apposita «Lettera», che descrive i particolari dei lavori. Anche il nostro giornale ha avuto modo di occuparsene nei mesi scorsi. (cfr. L'Osservatore Romano del 31 maggio 2012, pagina 4). Ora, in questa intervista, il vescovo di Costantina-Ippona, monsignor Paul Desfarges, fa il punto sullo stato di avanzamento e si sofferma sul significato che il restauro assume nel contesto ecumenico.
Anche il Papa ha donato fondi per contribuire al restauro della basilica di Sant'Agostino ad Annaba. Qual è l'importanza di questo significativo luogo di culto?
L'importanza si intuisce anche dall'attenzione mostrata da Benedetto XVI per l'iniziativa. Già la Papal Foundation aveva offerto un contributo. Tuttavia il Papa, informato della necessità dei restauri per l'antico tempio, ha tenuto in modo particolare a partecipare al finanziamento dei lavori con un suo contributo personale. Sappiamo tutti quanto sant'Agostino sia caro al cuore del Pontefice. Sa anche bene che la basilica di Annaba, in Algeria, non è soltanto un luogo di culto. Tutta la collina d'Ippona, con alla sommità la basilica, è un luogo simbolo. Un simbolo forte di convivialità, di fraternità, umana e spirituale. È un luogo transculturale, transreligioso, e ciò lo si deve anche alla figura di sant'Agostino che trasfonde questi valori attraverso il suo umanesimo, attraverso la sua fede e la sua cultura, e che conduce ogni uomo all'essenziale. Come amava ripetere: vivere è amare, torna al tuo cuore. E questo messaggio è attuale oggi tanto quanto lo è stato ieri. La basilica -- consacrata nei primi del Novecento -- si trova ad un centinaio di metri dal sito archeologico dell'antica Hippo Regius, che conserva ancora i resti della basilica Pacis, dove Agostino esercitava il suo ministero; esistono ancora la cattedra del vescovo e il battistero. Non si tratta di qualcosa che riguarda solamente la Chiesa cattolica d'Algeria, riguarda tutti gli algerini. Per questo il restauro è stato ben accolto da tutti; la gente di Annaba è fiera di sant'Agostino. Su questa collina c'è la basilica, ci sono i padri agostiniani -- ai quali è affidata la cura pastorale --, e le Piccole Sorelle dei Poveri che gestiscono una casa di accoglienza per anziani che non possono restare nelle loro famiglie o sono di condizioni molto modeste.
L'inizio dei lavori di restauro è stato reso possibile grazie alla collaborazione di diverse istituzioni, qual è il senso di tutto questo?
C'è stata la collaborazione molto importante dell'Algeria attraverso il coinvolgimento di diverse istituzioni, di imprese pubbliche. Ci sono anche imprenditori privati che sponsorizzano i lavori e poi imprese pubbliche di altri Paesi, a cominciare dalla Francia. Un contributo importante è arrivato dalla regione Rhône-Alpes che ha tre città gemellate con altrettanti comuni algerini. Annaba è gemellata con Saint-Etienne, Costantina con Grenoble e Sétif con Lione. Come le dicevo il restauro della basilica di Sant'Agostino non è unicamente il restauro di un luogo di culto, ma di un luogo simbolo di convivenza, di fraternità tra le due rive del Mediterraneo e tra cristiani e musulmani, tra Occidente e islam, tra uomini cercatori di senso e verità.
La cura pastorale della basilica è affidata ad una piccola comunità di padri agostiniani, in che cosa consiste il loro servizio?
I padri agostiniani, sono tre, sperano un giorno d'essere più numerosi. Sarebbe però necessario che fosse risolto il problema dei visti, che ancora oggi costituisce per i sacerdoti, i religiosi e le religiose sempre un piccolo ostacolo da superare. Riescono comunque ad assicurare l'animazione della vita pastorale; celebrano la liturgia; accolgono gli studenti e guidano le visite alla basilica. Quotidianamente molti algerini, algerine, musulmani, musulmane, ma anche pellegrini, turisti e fedeli vengono per visitare il luogo di culto ma anche per conoscere meglio sant'Agostino, per meditare. E quando oltrepassano l'ingresso della basilica capiscono di non essere entrati in un museo, ma in un luogo in cui il silenzio e la pace ti catturano. E poi gli agostiniani sono religiosi, dunque pregano, come in un piccolo monastero. Perciò la vita della basilica è ritmata dalle loro preghiere.
Il lavoro di restauro prosegue. In che modo è oggi possibile contribuire?
Anzitutto attraverso la preghiera, attraverso la comunione d'amicizia fraterna, per fare conoscere la nostra Chiesa e questo luogo simbolico, la nostra volontà di vivere in fraternità, in comunione. Dal punto di vista finanziario le posso dire che, a conti fatti, per completare l'intera opera avremmo bisogno ancora di cinquecentomila euro. Ci affidiamo alla provvidenza. Per questo chiediamo preghiere senza frontiere: per farci ascoltare dalla Divina Provvidenza.
Come si configura oggi la presenza della Chiesa in Algeria?
La Chiesa cattolica in Algeria attualmente è per lo più rappresentata da giovani subsahariani che vengono a studiare grazie a borse di studio concesse dai loro Paesi di origine, e in alcuni casi co-finanziate dallo Stato algerino. Per alcuni di loro non è sempre facile integrarsi. Col tempo, però le relazioni si approfondiscono e si trasformano in amicizia, e questo fa parte della missione della nostra Chiesa. Oltre agli studenti, poi, ci sono i lavoratori dei cantieri internazionali; filippini soprattutto, che frequentano le nostre parrocchie in particolare durante le grandi festività. Una frequenza regolare non sempre è facile per loro: per questo ci si sforza di raggiungerli nella loro quotidianità. E poi ci sono alcuni figli di questo Paese: non sono numerosi; alcuni li chiamiamo gli amici di sant'Agostino. Sono persone che hanno fatto, a modo loro, la stessa esperienza di sant'Agostino della scoperta della presenza di Dio nell'intimo del loro cuore e che oggi possono invocare Gesù. Sono il segno di questo desiderio del nostro Dio di abitare tra i suoi. Dio mostra il suo desiderio di abitare nei cuori anche attraverso questi algerini.
Quelle dell'Algeria sono piccole comunità, che ricordano un po' la Chiesa primitiva. Minoranze in aree geografiche dove per lo più si professano altre religioni. Che valore assume la loro testimonianza? Può essere d'esempio?
Non lo so. Non pretendiamo d'essere un esempio. Noi siamo una piccola Chiesa, discreta, modesta, che cerca di essere umile. Suor Magdeleine, fondatrice delle Piccole Sorelle di Gesù di Charles de Foucault, diceva che in un Paese musulmano non dobbiamo fare ombra a nessuno. Noi non vogliamo fare ombra a nessuno, cerchiamo semplicemente di esistere. Credo che questa sia la vocazione della Chiesa qui e la vocazione di tutta la Chiesa. Dio vuole abitare tra i suoi, vuole venire tra i suoi e allora: chi vi accoglie, mi accoglie e chi mi accoglie, accoglie Colui che mi ha mandato. Noi ci sentiamo accolti qui.
C'è rispetto della libertà religiosa?
Non sempre viene rispettata la libertà di coscienza di alcune persone che hanno incontrato Cristo. Non è facile, la Croce non è assente nel nostro cammino, ma qui sperimentiamo anche la bellezza di incontri spirituali e umani profondi. La Chiesa qui si fa segno dell'amore del Padre che viene nel Figlio Gesù ad abitare tra i suoi.
Quali sono i rapporti con l'islam?
Sappiamo bene che lo Spirito Santo lavora nei cuori di tutti i credenti. Definirei sorprendenti alcuni importanti e profondi incontri con la spiritualità dell'islam. Abbiamo dell'islam, spesso, la visione distorta di una religione politica e ideologica. Troppe volte si dimenticano però i suoi aspetti interiori. Noi qui incontriamo dei credenti, persone che pregano. I fratelli cristiani di Tibhirine dicevano che Cristo ha talmente amato l'Algeria da aver dato la propria vita per essa e per noi. Ebbene, siamo una Chiesa-mangiatoia, siamo qui: la mia vita per te, la mia vita per voi. Come Cristo -- deposto su una mangiatoia, con umiltà si è fatto pane per noi -- anche la Chiesa qui vuole essere un'umile presenza al fianco della gente.
(©L'Osservatore Romano 25 agosto 2012)
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