A colloquio con monsignor Fortunato Frezza
Dalla Porta della fede alla nuova evangelizzazione
di Gianluca Biccini
Il concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica, come «due libri per l'oggi della fede». È la suggestiva immagine scelta da monsignor Fortunato Frezza, sottosegretario del sinodo dei Vescovi, per parlare dei lavori sinodali che si apriranno il prossimo 7 ottobre.
In questa intervista, il prelato li definisce «due tavole per l'annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo», suggerendo una rilettura del motu proprio Porta fidei -- con cui Benedetto XVI ha indetto l'Anno della fede -- come «un efficace metodo di lavoro» per l'assise sinodale.
Secondo lei c'è relazione tra Porta fidei e il prossimo Sinodo?
È la fede l'elemento che accomuna il tema sinodale e quello del documento papale. Li unisce in una relazione solida, poiché «Porta della fede» ha un doppio significato, a seconda se si considera la fede come mezzo o come termine. Nel primo caso è una porta che conduce a Dio; nel secondo, essa suppone anteriormente la porta che conduce alla fede stessa. Le prime parole del Motu proprio, del resto, chiariscono esattamente tale duplice valenza: la comunione con Dio e la Parola di Dio sono gli indicatori di questo doppio significato.
In che senso?
Nel senso che la fede immette nella comunione con Dio e la Parola di Dio immette nella fede. E questo punto di connessione tra il Sinodo e il documento di Benedetto XVI vale anche per il Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica, come atti della vita della Chiesa che hanno dato alla fede un determinato punto di luce e di forza. Dunque se la fede è la porta su Dio, la Parola di Dio è la porta sulla fede.
E quali mezzi ha la Chiesa oggi, perché il Vangelo diventi effettivamente la porta della fede nel mondo?
Direi il Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica che sembra il più autorevole trattato di teologia cattolica apparso dopo il Concilio. La felice coincidenza dei due anniversari annunciati da Benedetto XVI nel Motu proprio -- il cinquantennale del primo e il ventennale del secondo -- permette di cogliere la reale portata di questi due corpi dottrinali.
Si parla tanto di Nuova evangelizzazione. Come la definirebbe?
Nel documento Porta fidei il Papa adotta solo due volte questo termine in modo esplicito, mentre insiste diffusamente sulla fede come grazia e compito, e sull'Anno della fede come tempo di particolare riflessione e riscoperta della fede. Per questo anche oggi è necessario un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione.
Come si accede oggi alla fede?
Sempre tramite il Vangelo. Nella quantità immensa di messaggi e di comportamenti, che si susseguono con una rapidità travolgente, sembra che la cultura della novità sia l'unico codice interpretativo. Nell'odierno mondo globalizzato bisogna sottrarre la fede al rischio della decadenza giornaliera, causata dal vortice autodistruttivo della novitas. In questo senso la nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana è il programma della vita della Chiesa nell'interpretare la missione dei discepoli del Signore.
Come farlo nel nostro tempo?
La novità della evangelizzazione potrebbe consistere anche nel suggerire all'uomo di oggi, con il suo linguaggio, il valore del culto di cose non effimere, che coprano una lunga durata, di cui anche gli storici laici parlano. La stessa crisi odierna dell'economia globale sembra non escludere questo fondo di ricerca di stabilità, di onestà, cioè di verità dal volto perenne. Durante il Grande Giubileo dell'anno 2000 «L'Osservatore Romano» riportava un pensiero del cardinale Joseph Ratzinger: «La nuova evangelizzazione deve sottomettersi al mistero del grano di senape e non pretendere di produrre subito il grande albero. [...] Certo, dobbiamo usare in modo ragionevole i metodi moderni di farci ascoltare -- o meglio, di rendere accessibile e comprensibile la voce del Signore. Non cerchiamo ascolto per noi -- non vogliamo aumentare il potere e l'estensione delle nostre istituzioni, ma vogliamo servire al bene delle persone e dell'umanità, dando spazio a Colui che è la Vita. Questa espropriazione del proprio io offrendolo a Cristo è la condizione fondamentale del vero impegno per il Vangelo».
Qual è allora il nucleo della nuova evangelizzazione?
Il suo oggetto, cioè l'annuncio di Gesù Cristo. C'è una cristologia dell'evangelizzazione che è l'anima dell'annuncio e ne sorregge il dinamismo in ogni tempo, stimolando anche il discepolo di oggi a farsi tutto a tutti in tutto, nel sapersi spendere, nell'interpretare le novità, nell'adottare metodi nuovi, con nuovo ardore ed entusiasmo.
E chi è il modello?
Gesù di Nazaret è l'evangelizzatore, è il Vangelo stesso di Dio per l'umanità, che ripeteva di se stesso: io sono il pane, io sono la luce, io sono la porta, io sono il pastore.
(©L'Osservatore Romano 24 agosto 2012)
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