CARITÀ DEL PAPA
Il gesto largo di chi semina
Oggi in tutte le parrocchie una risposta umile e concreta che diventa abbraccio
Quando diciamo “noi” ci sentiamo forti, sicuri, appoggiati, nella grande avventura dell’esistenza con gioie, dolori, imprevisti.
“Noi” non statico, sempre in dinamico movimento, in crescita o in perdita, in luce o in ombra.
Per i cristiani il grande vincolo del “noi” è e rimane sempre l’Eucaristia, la presenza fra di noi e per noi del Risorto. Se viviamo in Lui il nostro sguardo si modifica, diventa ampio e il nostro egocentrismo si sfalda.
Nel giorno del Risorto, che ha vinto le tenebre e la grande nemica, la morte, “noi” celebriamo la Messa che ci raduna tutti per accoglierne il mistero.
Nel momento in cui il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo fanno diventare me il grande “noi” della Chiesa, la sordità è vinta e la persona è pronta e disponibile a guardare fuori di sé, al di là dei comuni confini quotidiani, a chiunque debba affrontare una realtà che lo tormenta, che non gli concede di vivere un’esistenza degna.
Per questo l’appello alla raccolta per la carità del Papa nasce oggi, durante la Messa: tutto gli viene consegnato perché avendo uno sguardo sull’umanità dell’Italia sofferente, possa allargare la mano e, con il gesto largo di chi semina non curi soltanto il suo orticello ma la semente ricada su tutti i bisogni e le urgenze, palesi o nascoste.
Solo così si costruisce la pace fondata sulla giustizia.
Non è vana retorica affermare che si ha più gioia nel dare che nel ricevere ovvero nel trattenere, è solida esperienza di condivisione, di amore incarnato.
Indubbiamente non bisogna privarsi del necessario ma il confine fra il superfluo e il necessario nella nostra contemporaneità è estremamente labile e tutta la pubblicità che ci martella contribuisce a confondere le idee.
Come se noi fossimo l’abito griffato che portiamo o le vacanze esotiche e costose ci facessero crescere nell’autostima o nella stima altrui.
Viviamo abitualmente in quella menzogna che corrode il linguaggio e perciò stesso i pensieri mentre ci vengono proposte scelte che minano e non costruiscono.
Da qui l’appello dei vescovi a diventare persone autentiche che si riconoscono nel dono, nel soccorso a chiunque provi il morso dell’indigenza, a chi è debole.
Affidarne la realizzazione al Padre di tutti, a Papa Benedetto, significa dargli i mezzi per dire e dimostrare che il Vangelo non è una serie di parole sublimi e tuttavia inconsistenti, ma il Signore Gesù presente e vivo operante in noi il grande cambiamento.
Non conta quanto si dà, Gesù ci ha lasciato il gesto della povera vedova che ha dato il suo necessario, con un’ironia sottesa: le cassette della raccolta nel Tempio avevano la forma della tromba rovesciata, la tromba silente!
Nell’anonimato, nel silenzio, senza trombe altisonanti, facciamo sì che il Papa costruisca il “noi” dell’Italia.
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