Su quale sia il valore della visita del Papa in Emilia, e in particolare della vicinanza della Chiesa ai terremotati, Massimiliano Menichetti ha raccolto la testimonianza di don Massimo Dotti, rettore del seminario diocesano di Carpi:
R. – Sta nel fatto che non siamo soli, nel fatto che nonostante tutte le inquietudini, le difficoltà e anche gli scenari non troppo ottimistici che abbiamo di fronte – perché in realtà non abbiamo tantissime risposte su come sarà la nostra città, come sarà la nostra chiesa, come saranno le nostre istituzioni – tuttavia la Chiesa si fa vicina a noi, il Papa ci viene incontro e l’affetto, il legame ecclesiale, è qualcosa di reale, di effettivo e di forte.
D. – Di fatto, cosa avete portato voi al Papa?
R. – Penso la voglia di andare oltre, di crescere anche dentro questa vicenda che ci è capitata in modo così improvviso e il desiderio di sentirsi legati alla Chiesa universale. Così come Gesù si avvicinava alle persone in difficoltà, il Papa ci viene incontro e vediamo un segno tangibile che l’appartenenza alla Chiesa è un qualcosa che si sente anche nei momenti di grande difficoltà.
D. – Voi qui come avete vissuto e come state vivendo questa emergenza?
R. – Noi abbiamo accolto in seminario diverse realtà diocesane che hanno bisogno, in questi giorni, di speranza, di forza, di voglia di rimettersi in gioco, specialmente i ragazzi, i giovani che più di tutti vogliono andare oltre questo momento così difficile.
D. – I sacerdoti come stanno vivendo, a fianco della popolazione, questo momento?
R. – I sacerdoti hanno dato un esempio di dedizione e di attaccamento alle loro comunità esemplare: i sacerdoti anche anziani – che erano legati alle loro chiese, che le tenevano proprio come dei gioiellini – si trovano ora senza niente. Ma sentono la loro missione e il loro ruolo è nel tenere unita la comunità. Adesso abbiamo bisogno che le nostre comunità rimangano unite e il sacerdote è chiaramente un punto di riferimento in tutti i sensi: da una chiacchierata alla vita sacramentale, all’annuncio della Parola, all’organizzazione delle attività estive, che non si sono fermate, come i centri estivi. Tutte quelle cose che sono abituati a fare, pur se con qualche difficoltà in più, stanno funzionando e si stanno attivando.
D. – Alcuni mi hanno detto che, in questa situazione drammatica, molti hanno riscoperto la vicinanza, la presenza della comunità…
R. – Effettivamente, vicino alle nostre comunità, le persone si sono strette. I nostri campi, i nostri oratori sono diventati improvvisamente e spontaneamente delle piccole tendopoli o delle grandi tendopoli. Le cucine delle parrocchie hanno cominciato a funzionare e hanno fatto da mangiare per giorni, quasi ininterrottamente. La gente istintivamente si è unita e si è unita in un posto simbolico che, anche nei paesi, è la chiesa, la parrocchia, il campetto parrocchiale: è simbolicamente, ma realmente è un po’ il centro di tutta la vita, anche civile.
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