Riceviamo e con piacere e gratitudine pubblichiamo:
Vatileaks, dietro il corvo i veleni nella “famiglia” tedesca del Papa
È in corso una lotta tra la vecchia e la nuova guardia dei collaboratori di Benedetto XVI
GIACOMO GALEAZZI
CITTA’ DEL VATICANO
Padre Georg Gaenswein Secondo la ricostruzione del giornale tedesco Die Welt, don Georg Gaenswein, segretario privato di Benedetto XVI, sarebbe stato in conflitto con il vescovo Clemens. Padre Georg sarà chiamato a deporre al processo
La strana gioia di essere «espunto» dalle carte processuali. «Dopo tante fantasie adesso si torna alla normalità delle cose vere», commenta seraficamente monsignor Josef Clemens coi fedelissimi. Il tribunale che processa il «corvo» ha fatto giustizia delle ombre «infondate» che incombevano su di lui spingendo fuori dall’aula la pesante ipotesi di un suo coinvolgimento in fratricide lotte di potere dentro l’appartamento papale.
Nell’austero Palazzo del Sant’Uffizio abita il prelato su cui maggiormente si sono indirizzate voci e sospetti nello scandalo Vatileaks: il vescovo Josef Clemens, storico segretario di Ratzinger e oggi «numero due» del dicastero dei Laici. «Ora devo approfondire e leggere le carte, ma di certo è una buona notizia di cui essere lieti», ha osservato a caldo monsignor Clemens con chi gli ha manifestato la propria vicinanza a pochi istanti dalla conclusione dell’udienza. La sua posizione era riservatamente al vaglio delle indagini dalla fine di maggio, pur con estrema prudenza e con tutte le cautele dovute ad un presule influente e stimato in Curia. Adesso l’ex braccio destro di Ratzinger, dopo mesi di tensione, può tirare un sospiro di sollievo. Anche se le indagini proseguono, è certo che per ora lui in aula non dovrà mettere piede.
Nella prima udienza per il furto di documenti segreti, infatti, il tribunale ha clamorosamente escluso dagli atti del processo l’articolo di «Die Welt» che ipotizzava un coinvolgimento di Clemens, oltreché del cardinale Paolo Sardi e dell’ex governante Ingrid Stampa, alla quale nel frattempo è stata ritirata la chiave dell’ascensore privato che porta direttamente in Appartamento ma non la supervisione sulle bozze del nuovo libro di Ratzinger.
La decisione di tenerli fuori dal procedimento è stata presa dal presidente del collegio giudicante Giuseppe Dalla Torre su richiesta dell’avvocato di Gabriele. L’articolo era firmato dal vaticanista tedesco Paul Badde, ritenuto vicino a don Georg Gaenswein, che è stato invece chiamato a deporre. Lo scenario di un conflitto con Gaenswein all’origine della fuga di documenti era per Clemens motivo di angoscia. «Le cose non stanno affatto così», assicura Clemens ai suoi interlocutori poco dopo la decisione del tribunale a lui favorevole. A suo giudizio alimentare questi scenari infondati da spy story non è serio e fa il male della Chiesa e di un «grande Papa».
Assicura di essere sempre stato tranquillo nella coscienza, ma ora vuole leggere tutto e capire come possa essere stato fatto il suo nome in circostanze che lo vedono «totalmente estraneo». Insomma, ora è per lui motivo di «rasserenamento e soddisfazione»“ che i giudici abbiano ritenuto non pertinente con il procedimento giudiziario in corso quella versione giornalistica dei fatti. Con Wojtyla l’Appartamento era campo della battaglia infinita tra il segretario don Stanislao Dziwisz e Wanda Poltawska, amica del cuore del Pontefice.
Con Benedetto XVI gli scontri che fanno da sfondo allo scandalo-Vatileaks sono apparsi tra la vecchia e la nuova guardia dei più stretti collaboratori papali: da un lato Clemens e Igrid Stampa, dall’altro l’attuale segretario Georg Gaenswein che sarà sentito come testimone nel processo al maggiordomo infedele Paolo Gabriele. Nel cambio di pontificato, apparentemente, si è passati dalle «faide» polacche a quelle tedesche. Il maggiordomo resta l’unico imputato in un processo su cui il mondo ha gli occhi puntati. Ciò non basta, però, a fugare nell’opinione pubblica l’inquietante impressione di un Pontefice che, nella sua azione di «purificazione» della Chiesa, abbia trovato proprio nella cerchia dei «familiari» le principali occasioni di sofferenza e di ostacolo. Anche tra i suoi connazionali.
© Copyright La Stampa, 1° ottobre 2012
Insomma, Galeazzi "tifa" per Clemens contro Gaenswein? E che ce ne importa? Mettere piede in Tribunale come testimone non è né una vittoria né una sconfitta. Può essere l'uno o l'altro, ma si vedrà dopo.
RispondiEliminaIl Presidente del Tribunale ha opportunamente stralciato tutto ciò che non entrava direttamente nel reato contestato a Paolo Gabriele in questo primo processo, che si concluderà molto presto, perché Paoletto è solo una pedina, questo ormai non lo vedono solo i ciechi.
Ma ce ne saranno altri di processi, a partire dal primo e ai quali, come già risulta dai migliori resoconti giornalistici, è legata tutta la rete di complicità e - soprattutto - di guida della guerra al Pontificato di Benedetto XVI.
Questo Galeazzi non può non averlo capito, per cui è inutile che faccia confusione.
Galeazzi ci farebbe grande cortesia se si limitasse a scrivere quando ha qualche notizia... perché il fritto e rifritto pesa parecchio sullo stomaco!!!
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