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martedì 30 ottobre 2012
Messaggio del Papa per i migranti. Il parroco di Lampedusa: serve una grande generosità del cuore
Messaggio del Papa per i migranti. Il parroco di Lampedusa: serve una grande generosità del cuore
“Fede e speranza” riempiono spesso “il bagaglio di coloro che emigrano”. E’ uno dei passaggi forti del Messaggio del Papa per la Giornata del Migrante e del Rifugiato, pubblicato ieri. Un documento che ribadisce come ogni cristiano e ogni persona di buona volontà sia chiamata a vedere nel migrante innanzitutto la ricchezza inestimabile della sua persona. Alessandro Gisotti ha chiesto a don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, quale parte del Messaggio l’abbia colpito maggiormente:
R. – Mi ha colpito quando cita in particolare la Gaudium et Spes del Papa, parlando dell’umanità che la Chiesa deve sperimentare nell’incontro con l’altro: le gioie e i dolori dell’altro sono le gioie e i dolori della Chiesa tutta. Mi pare che lì si colga molto bene il significato di questo incontro che sperimentiamo nel viaggio della speranza dei migranti.
D. – Questo aspetto dell’arricchimento reciproco, lei lo ha sperimentato? La sua comunità di fedeli di Lampedusa lo ha sperimentato?
R. – Sì: anche se spesso il primo impatto è quello di una forma di timore mista ad un po’ di preoccupazione, di paura… Però, il confronto con l’altro, con la storia dell’altro, con il dolore dell’altro aiuta a rivedere anche la nostra storia, il nostro dolore e la nostra sofferenza. Perché spesso, nella rinascita dell’altro che viene accolto nella nostra terra noi vediamo provocare le nostre stesse aspettative: provocare in positivo, perché significa che ci dobbiamo rimettere in discussione, anche e soprattutto, direi, nel rapporto con il Vangelo e quindi con la Parola di Dio. Lì andiamo a verificare la nostra stessa speranza alla luce della loro speranza, la nostra stessa fede nell’esperienza della loro fede.
D. – Il Papa, d’altronde, sottolinea che la Chiesa deve evitare il rischio dell’assistenzialismo: la Chiesa deve evitare questo rischio e favorire invece l’autentica integrazione…
R. – Sicuramente, è la sfida più grande che è posta dinanzi a noi. Perché è vero che noi, come comunità parrocchiale, facciamo l’esperienza dell’incontro primo, della prima accoglienza, qui. Però, bisogna riconoscere che la difficoltà più grande è quella dell’integrazione, perché sicuramente comporta un percorso molto lungo e spesso faticoso. E’ la sfida più importante o più grande, quella dell’integrazione, alla quale credo che non siamo perfettamente preparati. In questo, ritengo che da parte nostra serva una riflessione maggiore e forse una generosità del cuore ancora più grande.
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Il primo dovere del parroco, come quello di ogni cristiano e' quello di convertirli, altro che integrazione!
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