domenica 30 settembre 2012

Loreto, la seconda volta del Papa (Carla Falconi)



Loreto, la seconda volta del Papa

Carla Falconi

Benedetto XVI torna nella città mariana ripercorrendo le orme di Giovanni XXIII

Cinquantanni dopo il pellegrinaggio di papa Giovanni XXIII, Benedetto XVI tornerà nella città mariana di Loreto. 
La visita, annunciata ufficialmente lo scorso giugno dall’arcivescovo delegato pontificio di Loreto, monsignor Giovanni Tonucci, avverrà il prossimo 4 ottobre. Per il Pontefice si tratta del ritorno in un luogo che ha già visitato nel settembre del 2007, questa volta però il suo viaggio ha un valore simbolico più forte perché questa visita vuole ricordare quella compiuta il 4 ottobre del 1962 da Angelo Giuseppe Roncalli, il “Papa buono”, o forse, più semplicemente, il primo Pontefice ad entrare nelle case degli italiani attraverso la televisione. Con tutta la sua serena umanità.
Giovanni XXIII fu protagonista allora di un viaggio dal significato memorabile: in treno da Roma a Loreto, con migliaia di fedeli in attesa in tutte le stazioni ferroviarie e nei due santuari meta del tragitto. Ad Assisi, persino i frati per vederlo salirono sui tetti di fronte alla Basilica di San Francesco. E una volta arrivato nella città marchigiana il vescovo di Roma affidò alla benedizione della Madonna di Loreto il Concilio Vaticano II che si sarebbe aperto di lì a poco e che avrebbe modificato il corso e la storia della Chiesa cristiana. 
Per la prima volta dall’Unità d’Italia, un Papa varcava i confini del Lazio ripercorrendo proprio quei territori che anticamente erano appartenuti allo Stato pontificio. Quel tragitto fu breve ma nell’immaginario cristiano ripristinò l’antica figura del Pontefice pellegrino, esempio che poi è stato seguito anche dai suoi successori. In particolar modo da Giovanni Paolo II. 
Il mesaggio della visita del quattro ottobre, allora, è quanto mai chiaro e quello che si vuole ricordare o commemorare, infatti, non è solo la visita di Giovanni XXIII ma anche l’apertura del Concilio Vaticano II a cinquanta anni di distanza, per rinnovare o riflettere su tutti gli impegni presi dalla Chiesa. Non a caso, pochi giorni dopo questo evento, esattamente il 7 ottobre, si aprirà il Sinodo dei vescovi che sarà dedicato proprio ai temi all’evangelizzazione. 
Benedetto XVI arriverà in elicottero al Centro Giovanni Paolo II di Montorso, verso le dieci del mattino, e raggiungerà Loreto in auto. Alle undici celebrerà la messa, che sarà trasmessa in diretta Tv, sul sagrato della Basilica della Santa Casa, insieme al segretario di Stato cardinal Tarcisio Bertone, a monsignor Salvatore Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e a monsignor Nikola Eterovi, segretario generale del Sinodo dei vescovi. 
Poi, il fitto programma della giornata loretana prevede il ritorno al Centro Giovanni Paolo II per il pranzo e l’incontro con i religiosi. La partenza per Roma avverrà intorno alle cinque del pomeriggio dopo che l’amministrazione del comune marchigiano avrà offerto in dono a Sua Santità “La corona della luce”, ossia la corona dei misteri della luce istituiti da Karol Wojtyla. Si tratta di un rosario di oro giallo, ambra ed ebano che simboleggia il legame tra uomo e Dio, l’umano e il divino. All’inizio di ogni decina ci sono dei tondi di ebano che rappresentano l’icona del mistero che viene meditato: battesimo di Gesù, nozze di Cana, Annuncio del Regno, Trasfigurazione e istituzione dell’Eucaristia. 
«La scelta di regalare al Santo Padre proprio questo oggetto - ha spiegato il sindaco di Loreto Paolo Niccoletti - è scaturita dalla volontà di fare un dono capace di racchiudere in sé sia il valore devozionale che la tipicità produttiva di una zona come la nostra dove la produzione di oggetti sacri è profondamente radicata e sviluppata. Un oggetto che sarà sicuramente apprezzato e che racconta la storia della nostra città e della realtà in cui viviamo, una realtà dove l’aspetto sacro e spirituale ha coinvolto e coinvolge da sempre ogni sfera della vita e delle attività dei suoi abitanti».
Questo però non è l’unico omaggio della città mariana al Pontefice. Presso il Palazzo Apostolico di Loreto, infatti, è stata allestista una mostra dedicata a “Giovanni XXIII pellegrino a Loreto e Assisi”. La rassegna, che resterà aperta fino al 27 gennaio del 2013 nelle Cantine del Bramante, documenta tutti i momenti salienti del viaggio-pellegrinaggio papale del 1962 attraverso l’esposizione di oggetti liturgici, foto, resoconti giornalistici, testimonianze e la proiezione di filmati storici. 
Saranno esposti centinaia di documenti e di oggetti come, ad esempio, la Mercedes Benz 300d che condusse il Papa dalla stazione ferroviaria di Loreto al Santuario, il Triregno con cui fu incoronato Giovanni XXIII e il faldistorio in legno dorato del XVIII secolo. Fra gli oggetti personali di papa Roncalli: la corona del rosario, i suoi guanti bianchi ed i calzari, l’anello in oro con smeraldo e brillanti, la mitria, il razionale, la croce pettorale donata a Sua Santità dall’allora sindaco di Loreto e il cappello papale con cui si recò in viaggio. Fra gli oggetti sacri e d’arte, invece, le gestatorie di Pio IX e di Pio VII, il paravento giapponese, omaggio del primo ministro del Giappone. Molto ampia è anche la sezione in cui sono allestiti gli Atti della Visita Apostolica di S. Carlo Borromeo a Bergamo (1575) a cura di Angelo Giuseppe Roncalli, le Lettere di Giovanni XXIII (1958-1963) a cura di monisgnor Loris Francesco Capovilla, il regesto dei documenti di Loreto, corrispondenza fra la Santa Casa e la Santa Sede.

© Copyright La Discussione, 30 settembre 2012 consultabile online anche qui.

Joseph Ratzinger ha deciso di affrontare gli scandali che stanno investendo la Chiesa cattolica in questi anni con spirito di trasparenza (Scaramuzzi)



Vaticano, una lezione di trasparenza

di Iacopo Scaramuzzi

Tra slanci di trasparenza e impulsi alla segretezza l’opinione pubblica e i mass media di tutto il mondo possono curiosare in uno dei luoghi più segreti del mondo, l’appartamento personale del romano pontefice, vicario di Cristo in terra e sovrano assoluto di uno Stato plurisecolare.
Paolo Gabriele assisteva Benedetto XVI come un’ombra, ne conosceva i segreti, ne ha tradito la fiducia. Pensava di aiutarlo - o almeno così ha detto - denunciando al mondo la corruzione che aveva visto in Vaticano, ma ha provocato uno dei più gravi scandali degli ultimi anni per lo Stato pontificio.
Ora la Santa Sede è combattuta. Il Papa proclama il messaggio evangelico ‘urbi et orbi’, ma i sacri palazzi non sono abituati a esporre in pubblico i propri conflitti interni. Questa volta è diverso. 
Personalità schiva e integerrima, profondamente tedesco, Joseph Ratzinger ha deciso di affrontare gli scandali che stanno investendo la Chiesa cattolica in questi anni con spirito di trasparenza. Dalla pedofilia allo Ior, dalla controversia con i lefebvriani ai rapporti con ebrei e musulmani, ha preferito il linguaggio franco alle astuzie della diplomazia. A costo di qualche polemica con il mondo esterno e di qualche malumore nella Curia romana.
E ora, con il suo ex maggiordomo, Benedetto XVI ha voluto che gli inquirenti vaticani indagassero e che il processo venisse celebrato. Anche a costo di scandalizzare qualcuno che, in Vaticano, avrebbe preferito un profilo più basso. E che adesso spera che, chiudendo velocemente il processo, si concluda anche la vicenda Vatileaks. 
A parte la storia personale di Paolo Gabriele la fuga di documenti riservati ha fatto emergere divisioni e veleni, scontri tra vecchia guardia wojtyliana e nuove leve ratzingeriane, un governo a tratti malaccorto della segreteria di Stato e una fronda impietosa. 
Difficile voltare pagina come se il maggiordomo del Papa avesse agito da solo e come se gli ultimi mesi non avessero mostrato un ingranaggio inceppato. Tanto più difficile se il Papa è Joseph Ratzinger.

© Copyright Il Resto del Carlino, 30 settembre 2012 consultabile online anche qui.

Chiamato a deporre Carlo Maria Polvani, il nipote del nunzio Viganò all'origine di Vatileaks (Calabrò)



Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

Il retroscena 
Tutto partì dal trasferimento di Viganò negli Stati Uniti

Chiamato a deporre il nipote del nunzio all'origine di Vatileaks

Maria Antonietta Calabrò

Il processo all'informatico Claudio Sciarpelletti è stato stralciato ma la lista dei testimoni che saranno ascoltati nel suo caso con i nomi in chiaro è stata già fornita. 
Tra essi spicca il nome di monsignor Carlo Maria Polvani, responsabile del Centro documentazione della Segreteria di Stato, incaricato di tenere i contatti tra la Segreteria di Stato e i media vaticani, Osservatore Romano e Radio Vaticana e CTV, il capo dell'ufficio di Sciarpelletti (e che sarà sentito proprio per questo durante il dibattimento).
Un incarico non di primissimo piano nella nomenclatura vaticana, sicuramente sconosciuto all'opinione pubblica, ma strategico.
Un nome che tuttavia negli anni scorsi è venuto alla ribalta in quanto nipote dell'attuale nunzio apostolico negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò, l'ex numero due del Governatorato della Città del Vaticano, il cui trasferimento a Washington ha dato fuoco alle polveri dello scandalo di Vatileaks, all'inizio di quest'anno.
Zio e nipote sono saliti agli onori della cronaca all'inizio del 2009, quando un attacco micidiale contro monsignor Viganò era arrivato dalla Francia. Il serissimo e documentatissimo quindicinale cattolico «L'Homme Nouveau» aveva ospitato un'inchiesta in due puntate dell'abbé Claude Barthe, nella quale questo sacerdote conosciuto e stimato da Benedetto XVI aveva inserito Viganò e suo nipote, monsignor Polvani appunto, nella lista di presunti «frondisti» di Curia accusati di remare contro il Papa e il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone.
«Y a-t-il une opposition romaine au Pape?». 
Questo era il titolo — retorico nell'uso del punto interrogativo — del periodico, la cui casa editrice distribuisce Oltralpe l'edizione francese de L'Osservatore Romano.
Secondo l'articolo sarebbe esistita «une couronne sacrée», «una specie di segreteria di Stato interna alla segreteria di Stato» che avrebbe agito «con vedute divergenti dal Papa e dal segretario di Stato Tarcisio Bertone». Ne avrebbero fatto parte tra gli altri — secondo Barthe — Viganò, che a quel tempo era ancora in Segreteria di Stato, dove occupava la casella importantissima di «Capo del personale» e suo nipote Polvani, accusato da Barthe di essere anche un «ammiratore rétro di Che Guevara». Di lì a qualche mese, nel luglio del 2009, tuttavia, Viganò venne promosso a segretario (cioè numero due) del Governatorato, l'organismo che amministra lo Stato della Città del Vaticano. 
Nel 2010 una nuova campagna, a base di e-mail inviate a cardinali e a nunzi pontifici era tuttavia tornata a bersagliare Viganò con l'accusa di favorire la carriera del nipote.
Il 5 febbraio dell'anno scorso (2011) infine era uscito un articolo in cui, senza che se ne facesse il nome, Viganò era accusato di volersi intromettere in delicate questioni attinenti alla sicurezza, occupandosi di sistemi di sorveglianza ed intelligence. A maggio, dopo l'arresto di Gabriele, nel cassetto di Sciarpelletti in segreteria di Stato è stata trovata una busta con il contenuto di un capitolo del libro «Sua Santità», molto polemico nei confronti del capo della Gendarmeria, Domenico Giani, soprannominato «Napoleone in Vaticano». Una risposta a quelle vecchie accuse? Alla fine, Viganò ha dovuto lasciare il Governatorato, sia pure per il prestigiosissimo incarico di Nunzio negli Usa. Due sue lettere scritte (4 aprile e 7 luglio 2011) direttamente al Papa per protestare (scavalcando il cardinal Bertone), furono mostrate in tv nella trasmissione Gli Intoccabili, il 25 gennaio 2012. Era l'inizio di Vatileaks, e delle indagini che hanno portato all'arresto dell'ex maggiordomo del Pontefice.

© Copyright Corriere della sera, 30 settembre 2012

Paolo Gabriele resta l’unico imputato in un processo-lampo. Restano sullo sfondo ma fuori dall’aula nomi pesanti, scenari da intrigo internazionale, lotte di potere in Curia (Galeazzi)


Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:


Retroscena

La solitudine del maggiordomo tra intrighi e lotte di potere


Esclusi dal procedimento tutti i comprimari


GIACOMO GALEAZZI


CITTA’ DEL VATICANO


In aula Paolo Gabriele ieri nella piccola aula del Tribunale di piazza Santa Marta Il «corvo» si è presentato sorridente nonostante rischi una condanna di sei anni

Per chi si definisce un «infiltrato dello Spirito Santo» e si attribuisce la missione di proteggere il Papa, in fondo è una vittoria. Nessuno gli farà più ombra. Paolo Gabriele resta l’unico imputato in un processo-lampo. Restano sullo sfondo ma fuori dall’aula nomi pesanti, scenari da intrigo internazionale, lotte di potere in Curia. Del resto «Paoletto» ha già confessato.
Ha agito da solo, ha detto nel corso dell’istruttoria, per creare uno choc salutare, per «aiutare il Papa», che vedeva circondato da «male e corruzione». Ora l’unico protagonista sarà lui: rischia una condanna fino a sei anni. Stralciato Claudio Sciarpelletti, l’informatico che sarà processato «a data da destinarsi», nell’aula vaticana il quadro invece di allargarsi si focalizza sempre più sulle responsabilità di «Paoletto»: i giudici hanno persino deciso di escludere dagli atti del processo l’articolo di «Die Welt» che ipotizzava il coinvolgimento in Vatileaks del cardinale Paolo Sardi, ex responsabile della stesura dei testi papali, del vescovo Joseph Clemens, ex segretario del cardinale Ratzinger, e di Ingrid Stampa, storica collaboratrice del Pontefice tedesco. La decisione è stata presa su richiesta dell’avvocato del maggiordomo infedele, Cristiana Arrù. L’articolo era stato redatto dal vaticanista Paul Badde, considerato vicino al segretario del Papa, monsignor Georg Gaenswein, che sarà invece chiamato a deporre.
Resta fuori dall’aula giudiziaria anche Gianluigi Nuzzi (che su Twitter esorta a «non lasciare solo» l’ex maggiordomo) il giornalista al quale Gabriele ha consegnato le copie dei documenti riservati da lui sottratti dall’appartamento insieme ai valori: almeno un assegno di 100 mila euro (donato al Papa dal rettore di un’università cattolica spagnola), una pepita d’oro e una cinquecentina (una copia dell’Eneide di Annibal Caro, che vale alcune migliaia di euro). 
L’eventuale reato di ricettazione che potrebbe essere addebitato a Nuzzi sarebbe stato compiuto all’estero (cioè in Italia) e i giudici vaticani non sono competenti né le parti hanno pensato di convocarlo in qualità di testimone, accettando quindi passivamente l’improbabile versione fornita dall’imputato che ha dichiarato di averlo contattato attraverso il centralino della sua redazione a «La7». E non saranno nemmeno acquisiti i verbali delle audizioni della commissione d’inchiesta cardinalizia voluta dal Papa, il cui lavoro ha approfondito anche i rapporti di Paolo Gabriele con il mondo dei media, in particolare con alcuni giornalisti con i quali il maggiordomo del Pontefice era assiduamente in contatto, vicini anche alla sua famiglia. Il risvolto mediatico di Vatileaks sembra dunque destinato a restare fuori dal processo, sebbene il caso sia nato in questo ambito. Alla fine gli unici giornalisti che resteranno agli annali della Giustizia Vaticana saranno così i vaticanisti sorteggiati per assistere ad ogni udienza. Inoltre, con lo stralcio della posizione dell’informatico della Segreteria di Stato accusato di favoreggiamento, non deporrà nel processo a Gabriele nemmeno Carlo Maria Polvani, nipote del nunzio a Washington in rotta di collisione con il segretario di Stato Bertone .
Non verranno acquisiti neppure i verbali delle testimonianze raccolte dalla commissione cardinalizia (Herranz, De Giorgi, Tomko)incaricata da Benedetto XVI di indagare sulla fuga di documenti. «E’ una scelta “politica”, ispirata ma non dettata dal codice di diritto canonico», ammettono in Curia. La commissione è stata istituita secondo l’ordinamento canonico con l’incarico di riferire al Pontefice, per cui non ha rilevanza per l’ordinamento vaticano. «Abbiamo a disposizione quattro udienze e potrebbero bastare», spiegano i giudici. La difesa di Gabriele chiedeva una planimetria dello studio di don Georg. Negata anch’essa per motivi di sicurezza.

© Copyright La Stampa, 30 settembre 2012 

Il Papa: basta gelosie nella Chiesa, impariamo a stimarci a vicenda. No a bramosia dei beni materiali, serve moralità a tutti i livelli (Izzo)


PAPA: BASTA GELOSIE NELLA CHIESA, IMPARIAMO A STIMARCI A VICENDA

Salvatore Izzo


(AGI) - Castel Gandolfo, 30 set. 

"I membri della Chiesa non devono provare gelosia, ma rallegrarsi se qualcuno esterno alla comunita' opera il bene nel nome di Cristo, purche; lo faccia con intenzione retta e con rispetto". 
Lo raccomanda Benedetto XVI nel breve discorso che ha preceduto l'Angelus, commentando l'episodio evangelico dei discepoli che si lamentano perche' altri scacciano i demoni a nome di Gesu'. 
"Anche all'interno della Chiesa stessa, puo' capitare, a volte - osserva il Papa -  che si faccia fatica a valorizzare e ad apprezzare, in uno spirito di profonda comunione, le cose buone compiute dalle
varie realta' ecclesiali".
"Invece - esorta il Pontefice - dobbiamo essere tutti e sempre capaci di apprezzarci e stimarci a
vicenda, lodando il Signore per l'infinita 'fantasia' con cui opera nella Chiesa e nel mondo".
"Cari amici - e' infine la conclusione di Joseph Ratzinger, in occasione dell'ultimo Angelus di quest'anno da Castel Gandolfo - per intercessione di Maria Santissima, preghiamo affinche' sappiamo gioire per
ogni gesto e iniziativa di bene, senza invidie e gelosie". 


© Copyright (AGI)

PAPA: NO A BRAMOSIA BENI MATERIALI, SERVE MORALITA' A TUTTI I LIVELLI

Salvatore Izzo

(AGI) - Castel Gandolfo, 30 set. 

Benedetto XVI ha fatto sua oggi "l'invettiva dell'apostolo Giacomo contri i ricchi disonesti, che ripongono la loro sicurezza nelle ricchezze accumulate a forza di soprusi", che risuona anche nella liturgia odierna.  
Ed ha sottolineato che "le parole dell'apostolo Giacomo, mentre mettono in guardia dalla vana bramosia dei beni materiali, costituiscono un forte richiamo ad usarli nella prospettiva della solidarieta' e del bene comune, operando sempre con equita' e moralita', a tutti i livelli".
Il Pontefice invita dunque a riscoprire la dimensione spirituale per imparare anche a "usare saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni".
"Oggi - riassume infine parlando ai polacchi presenti nei 4mila che gremivano, per l'ultima domenica quest'anno, il cortile della residenza estiva - la liturgia della Chiesa ci ricorda che tutti abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo, che ci rende capaci di compiere il bene ed evitare il male, e unisce coloro che con un cuore sincero vogliono eseguire la volonta' di Dio: la sua luce ci aiuti nel conoscere i disegni divini, e la sua potenza ci sostenga nella loro realizzazione". 


© Copyright (AGI)

Il Papa: dobbiamo essere tutti e sempre capaci di apprezzarci e stimarci a vicenda, lodando il Signore per l'infinita 'fantasia' con cui opera nella Chiesa e nel mondo



Papa: No gelosie nella Chiesa, stimiamoci, lodiamo fantasia di Dio

Citta del Vaticano (Vaticano), 30 set. (LaPresse) 

"I membri della Chiesa non devono provare gelosia, ma rallegrarsi se qualcuno esterno alla comunità opera il bene nel nome di Cristo, purché lo faccia con intenzione retta e con rispetto". 
Lo ha affermato il Papa Benedetto XVI all'Angelus, aggiungendo che "anche all'interno della Chiesa stessa, può capitare, a volte, che si faccia fatica a valorizzare e ad apprezzare, in uno spirito di profonda comunione, le cose buone compiute dalle varie realtà ecclesiali". "Invece - ha detto il Pontefice - dobbiamo essere tutti e sempre capaci di apprezzarci e stimarci a vicenda, lodando il Signore per l'infinita 'fantasia' con cui opera nella Chiesa e nel mondo".
Le parole del Pontefice partono da un brano del Vangelo di Marco in cui i discepoli protestano con Gesù perché un tale, che non era tra i suoi seguaci, aveva scacciato i demoni in nome di Gesù. "L'apostolo Giovanni, giovane e zelante- ha spiegato il papa Benedetto XVI - vorrebbe impedirglielo, ma Gesù non lo permette, anzi, prende spunto da quella occasione per insegnare ai suoi discepoli che Dio può operare cose buone e persino prodigiose anche al di fuori della loro cerchia, e che si può collaborare alla causa del Regno di Dio in diversi modi, anche offrendo un semplice bicchiere d'acqua ad un missionario.Il Papa poi ha ricordato: "Scrive a questo proposito Sant'Agostino: 'Come nella Cattolica - cioè nella Chiesa - si può trovare ciò che non è cattolico, così fuori della Cattolica può esservi qualcosa di cattolico'". 

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Il Papa: Anche fuori della Chiesa cattolica può esservi qualcosa di cattolico (AsiaNews)


Su segnalazione di Laura leggiamo:


Papa: Anche fuori della Chiesa cattolica può esservi qualcosa di cattolico

I cristiani non devono essere gelosi per quanto si fa di bene fuori della Chiesa cattolica. E all'interno, occorre apprezzare e stimare le cose compiute dalle diverse realtà ecclesiali. Usare le ricchezze "nella prospettiva della solidarietà e del bene comune, operando sempre con equità e moralità, a tutti i livelli". Appello per i profughi della Repubblica democratica del Congo. Domani il papa ritorna in Vaticano. 

Castel Gandolfo (AsiaNews) 

"Come nella Cattolica - cioè nella Chiesa - si può trovare ciò che non è cattolico, così fuori della Cattolica può esservi qualcosa di cattolico": questa citazione di sant'Agostino (Sul battesimo contro i donatisti: PL 43, VII, 39, 77) è al centro della riflessione che Benedetto XVI ha offerto ai pellegrini radunati oggi nel palazzo apostolico di Castel Gandolfo in occasione dell'Angelus. Il papa - come fa spesso - si riferiva all'episodio narrato dal vangelo della messa di oggi (Marco 9, 39-41): "un tale, che non era dei seguaci di Gesù, aveva scacciato dei demoni nel suo nome. L'apostolo Giovanni, giovane e zelante, vorrebbe impedirglielo, ma Gesù non lo permette".
"Gesù - continua il papa - prende spunto da quella occasione per insegnare ai suoi discepoli che Dio può operare cose buone e persino prodigiose anche al di fuori della loro cerchia, e che si può collaborare alla causa del Regno di Dio in diversi modi, anche offrendo un semplice bicchiere d'acqua ad un missionario (v. 41)".
Benedetto XVI ha riportato l'insegnamento "ecumenico" di Gesù al nostro tempo:" i membri della Chiesa non devono provare gelosia, ma rallegrarsi se qualcuno esterno alla comunità opera il bene nel nome di Cristo, purché lo faccia con intenzione retta e con rispetto". Allo stesso tempo, egli ha insistito che spesso gelosie e voglia di bloccare l'azione di qualcuno esistono anche all'interno della Chiesa: "Anche all'interno della Chiesa stessa - ha aggiunto -  può capitare, a volte, che si faccia fatica a valorizzare e ad apprezzare, in uno spirito di profonda comunione, le cose buone compiute dalle varie realtà ecclesiali. Invece dobbiamo essere tutti e sempre capaci di apprezzarci e stimarci a vicenda, lodando il Signore per l'infinita 'fantasia' con cui opera nella Chiesa e nel mondo".
Il papa ha poi commentato anche la seconda lettura della messa di oggi, tratta dalla lettera di san Giacomo, che riguarda "l'invettiva... contro i ricchi disonesti, che ripongono la loro sicurezza nelle ricchezze accumulate a forza di soprusi" (cfr Gc 5,1-6).
"Le parole dell'apostolo Giacomo - ha sottolineato il pontefice - mentre mettono in guardia dalla vana bramosia dei beni materiali, costituiscono un forte richiamo ad usarli nella prospettiva della solidarietà e del bene comune, operando sempre con equità e moralità, a tutti i livelli".
Dopo la preghiera mariana, Benedetto XVI ha rivolto un appello per la situazione del Congo- Kinshasa, Paese africano con una grande comunità cattolica, caratterizzato da grandi ricchezze naturali, ma anche profondamente instabile dal punto di vista politico ed etnico. Fra gli ultimi sviluppi si segnalano alcune accuse dell'Onu al Rwanda, che sosterrebbe gruppi di guerriglia all'interno dei confini del Congo.  "Seguo con affetto e preoccupazione - ha detto il papa - le vicende della popolazione dell'Est della Repubblica Democratica del Congo, oggetto, in questi giorni, di attenzione anche da parte di una Riunione di alto livello, presso le Nazioni Unite. Sono particolarmente vicino ai profughi, alle donne e ai bambini, che a causa dei persistenti scontri armati subiscono sofferenze, violenze e profondi disagi. Invoco Dio, perché si trovino vie pacifiche di dialogo e di protezione di tanti innocenti e affinché torni al più presto la pace, fondata sulla giustizia, e sia ripristinata la convivenza fraterna in quella popolazione così provata, come pure nell'intera Regione".
Il pontefice ha anche salutato i fedeli di Castel Gandolfo, dato che da domani egli ritorna a trasferirsi in Vaticano.

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Il Papa all’Angelus: appello per le popolazioni congolesi; no a gelosie nella Chiesa; invettiva contro i ricchi disonesti (R.V.)



Su segnalazione di Laura leggiamo:

Il Papa all’Angelus: appello per le popolazioni congolesi; no a gelosie nella Chiesa; invettiva contro i ricchi disonesti 

Appello del Papa stamane, dal Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, per le popolazioni congolesi travolte dal conflitto civile. Prima dell’Angelus Benedetto XVI ha puntato il dito contro “i ricchi disonesti” ed ha ricordato che Dio può operare il bene anche fuori della Chiesa. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Si è detto preoccupato Benedetto XVI per le popolazioni nell’Est della Repubblica democratica del Congo, sofferenti per le violenze armate che continuano ad insanguinare il Paese, e di cui si è parlato nei giorni scorsi in ambito Onu. 

“Sono particolarmente vicino ai profughi, alle donne e ai bambini, che a causa dei persistenti scontri armati subiscono sofferenze, violenze e profondi disagi. Invoco Dio, perché si trovino vie pacifiche di dialogo e di protezione di tanti innocenti e affinché torni al più presto la pace, fondata sulla giustizia, e sia ripristinata la convivenza fraterna in quella popolazione così provata, come pure nell’intera Regione”.

Prima dell’Angelus, il Papa, ispirato dal Vangelo domenicale, ha ricordato “che Dio può operare cose buone e persino prodigiose” fuori della cerchia dei fedeli e “che si può collaborare alla causa del Regno di Dio in diversi modi, anche offrendo un semplice bicchiere d’acqua ad un missionario”. Sant’Agostino insegna infatti che come nella Chiesa “si può trovare ciò che non è cattolico”, così fuori della Chiesa “può esservi qualcosa di cattolico”.

“Perciò, i membri della Chiesa non devono provare gelosia, ma rallegrarsi se qualcuno esterno alla comunità opera il bene nel nome di Cristo, purché lo faccia con intenzione retta e con rispetto”.

Al tempo stesso “anche all’interno della Chiesa” – ha osservato Benedetto XVI - “può capitare”, “che si faccia fatica a valorizzare e ad apprezzare”, “le cose buone compiute dalle varie realtà ecclesiali”. 

“Invece dobbiamo essere tutti e sempre capaci di apprezzarci e stimarci a vicenda, lodando il Signore per l’infinita ‘fantasia’ con cui opera nella Chiesa e nel mondo”.

Traendo ancora spunto dalla Liturgia il Papa ha ripreso “l’invettiva dell’apostolo Giacomo contro i ricchi disonesti che ripongono la loro sicurezza nelle ricchezze accumulate a forza di soprusi”. 

“Le parole dell’apostolo Giacomo, mentre mettono in guardia dalla vana bramosia dei beni materiali, costituiscono un forte richiamo ad usarli nella prospettiva della solidarietà e del bene comune, operando sempre con equità e moralità, a tutti i livelli”. 

Nei saluti finali ai fedeli raccolti nel cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, Benedetto XVI non ha dimenticato alla ripresa delle attività accademiche gli studenti universitari e tutti gli educatori ed insegnanti, incoraggiandoli “nella loro alta missione a servizio della gioventù. L’università – ha detto può essere un luogo dove si vive già la fraternità. Un luogo nel quale Dio non può essere assente.

“J’invite les adultes à éduquer en toutes circonstances les plus jeunes à l’estime mutuelle, à l’attention à l’autre et à la recherche de Dieu.”

Da qui l’invito “agli adulti ad educare in tutte le circostanze i più giovani alla stima reciproca, all’attenzione all’altro e alla ricerca di Dio”.

Infine un affettuoso “arrivederci” a tutta la comunità di Castel Gandolfo: Benedetto XVI rientrerà infatti domani in Vaticano.

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Appello del Papa per il Congo: l'Onu aiuti la pace ed a accogliere i profughi. Benedetto XVI saluta la parrocchia di Castel Gandolfo, domani rientra in Vaticano (Izzo)


PAPA: APPELLO PER IL CONGO, ONU AIUTI PACE E AD ACCOGLIERE PROFUGHI

Salvatore Izzo

(AGI) - Castel Gandolfo, 30 set. 

Benedetto XVI segue "con affetto e preoccupazione" le vicende della popolazione dell'Est della Repubblica Democratica del Congo, e invoca che "si trovino vie pacifiche di dialogo e di protezione di tanti innocenti

e affinche' torni al piu' presto la pace, fondata sulla giustizia, e sia ripristinata la convivenza fraterna in quella popolazione cosi' provata, come pure nell'intera Regione".
Nel suo intervento, letto dopo la preghiera dell'Angelus, il Papa tedesco ha voluto attirare l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale anche sulla "Riunione di alto livello" che si tiene presso le Nazioni Unite proprio su questa crisi. 
"Sono particolarmente vicino - ha assicurato infine - ai profughi, alle donne e ai bambini, che a causa dei persistenti scontri armati subiscono sofferenze, violenze e profondi disagi". 

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PAPA: DOMANI RIENTRA IN VATICANO, SALUTA PARROCCHIA CASTEL GANDOLFO

Salvatore Izzo



(AGI) - Castel Gandolfo, 30 set. 

Benedetto XVI, che domani lascera' definitivamente, per quest'anno, la residenza estiva di Castel Gandolfo, ha salutato dopo la preghiera dell'Angelus i membri del rinnovato Consiglio pastorale della parrocchia locale, intitolata a San Tommaso di Villanova.  
"Cari amici - ha detto loro - come sapete, domani rientrero' in Vaticano; con affetto vi dico 'arrivederci' e vi prego di portare il mio saluto all'intera comunita'".
Al termine dell'Angelus, il Papa e  anche rivolto il suo augurio alla nuova missione "Gesu' al centro", della Diocesi di Roma, "che in questa settimana - ha ricordato - si svolgera' nel territorio di Ostia". "Prego - ha assicurato - per questo momento forte di testimonianza e di annuncio".

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Paolo Gabriele parlerà martedì prossimo. Il segretario del Papa sul banco dei testimoni (Galeazzi)


Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:


INIZIATO IERI IL PROCESSO. È ACCUSATO DI FURTO AGGRAVATO NELL’APPARTAMENTO DI BENEDETTO XVI

Corvo in Vaticano, verso la sentenza-lampo

Paolo Gabriele parlerà martedì prossimo. Il segretario del Papa sul banco dei testimoni

GIACOMO GALEAZZI

CITTA’ DEL VATICANO

Chi entrava e usciva da casa Gabriele è rimasto catturato in una telecamera piazzata dai gendarmi sul pianerottolo. Ma quelle immagini sembrano l’unica incognita in un processo apparentemente già segnato, tanto che in quattro udienze il tribunale vaticano conta di sentire l’imputato e i testimoni (tra i quali il segretario papale Georg Gaenswein e la governante Cristina Cernetti) e arrivare a sentenza. Nella minuscola aula d’Oltretevere, identica ad una pretura di provincia, il reo confesso Paolo Gabriele, sorridente e impassibile, confida nella grazia papale.
Non è un capro espiatorio, ha colpe incontestabili, però nessuno in Curia crede davvero che abbia fatto tutto da solo. Eppure lui sembra reggere sulle sue spalle con disinvoltura l’intero peso di uno scandalo senza precedenti. Gli sono state sequestrate 82 casse di documenti e piazzata una telecamera sul portone di casa, ma l’ex maggiordomo papale ascolta serafico le dispute giuridiche e la sfilza di eccezioni (respinte) del suo legale sull’incompetenza del collegio in questioni legate al segreto pontificio e di nullità del rinvio a giudizio per genericità del capo di imputazione. Alle spalle dei giudici campeggiano un crocifisso e lo stemma papale. Sulla parete sinistra, un ritratto di Benedetto XVI. Completo grigio chiaro, ben rasato, l’ex assistente di camera è entrato salutando silenziosamente, poi si è seduto su una panca braccia spesso conserte, pochi segni di nervosismo, lo sguardo a tratti assente..
Nell’ora della verità al «corvo» non viene chiesto di parlare perché la prima udienza è una guerra legale da cui esce di scena l’altro imputato Claudio Sciarpelletti che verrà processato a parte: ieri non era presente all’udienza per un imprevisto dovuto all’agitazione. E’ stato arrestato in Vaticano per una notte il 25 maggio perché trovato in possesso di una busta con alcuni documenti: una corrispondenza mail e la relazione «Napoleone in Vaticano» riprodotta da Gianluigi Nuzzi nel volume «Sua Santità» e relativa alla gendarmeria vaticana. In un primo momento Sciarpelletti aveva affermato che la busta (con timbro a secco sul retro della segreteria di Stato) gli era stata data da Paolo Gabriele, poi ha rettificato dicendo che gli era invece stata consegnata da un monsignore (coperto da «omissis», lettera W) per l’ex maggiordomo. È così che il tecnico informatico ha indirizzato gli inquirenti verso Gabriele, ma il favoreggiamento si configura a carico del monsignore. 
«Tra me e Paolo Gabriele non c’era una grande amicizia,ci conoscevamo e scambiavamo opinioni», ha puntualizzato Sciarpelletti per bocca del suo avvocato. E in aula l’ex maggiordomo ha annuito come a benedirne l’uscita di scena. La ribalta è tutta sua. Martedì tocca a lui parlare. In una settimana sarà tutto finito.

© Copyright La Stampa, 30 settembre 2012 

Peloso parla di processo "dimezzato" e fa il nome di "W"

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Ovviamente ciascuno si assume le proprie responsabilità.

Il presidente del tribunale vaticano: «Abbiamo a disposizione quattro udienze la prossima settimana e potrebbero bastare» (Rodari)


Sentenza lampo per il Corvo 
Il Vaticano vuol chiudere il caso

di Paolo Rodari

I tempi di Dio non sono quelli degli uomini. Solitamente sono molto più lunghi. Non così in Vaticano, dove i tempi della giustizia sono di gran lunga più brevi di quelli di ogni altro paese. Apertasi ufficialmente ieri nell'aula del tribunale vaticano la prima udienza del processo a Paolo Gabriele, ex maggiordomo del Papa, e Claudio Sciarpelletti, dipendente della segreteria di stato vaticana, accusati rispettivamente di furto aggravato di documenti riservati e favoreggiamento, i rispettivi processi - i giudici del tribunale hanno accolto la richiesta della difesa di Sciarpelletti di separare la posizione del loro assistito da quella di Gabriele - potrebbero chiudersi in tempi brevissimi, addirittura prima dell'apertura dell'anno che il Papa ha voluto dedicare alla fede e che avrà luogo con cerimonia solenne il prossimo 11 ottobre.«Giornalisti non tacete il male ma non amplificatelo», ha detto ieri monsignor Angelo Becciu, numero due della segreteria di stato, alla Radio Vaticana che festeggiava il suo partrono san Gabriele. Parole che dicono che, in generale, la speranza d'oltre Tevere è che le notizie, non soltanto quelle relative a Gabriele, vengano trattate con la dovuta ponderazione e senza spettacolarizzarle. Quanto all'ex maggiordomo, il pensiero che maggiormente ricorreva fra presuli e prelati vaticani era: «Facciamo in fretta». Il timore, infatti, è che il processo a Gabriele offuschi l'anno della fede sul quale, cadendo anche in concomitanza con i quarant'anni dall'apertura dl Concilio Vaticano II, Benedetto ha puntato molto. Non solo, fra pochi giorni i vescovi di tutto il mondo saranno a Roma per l'inizio del sinodo dei vescovi dedicato alla nuova evangelizzazione, un altro appuntamento capitale che senza la dovuta comunicazione all'esterno dei propri lavori rischia di rivelarsi un boomerang. Di qui ecco le parole del presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Dalla Torre: «Abbiamo a disposizione quattro udienze la prossima settimana e potrebbero bastare».Gabriele è arrivato ieri nell'aula del tribunale vaticano da solo, scortato dai gendarmi ma senza l'accompagnamento di alcun familiare, e con qualche minuto di anticipo sull'orario fissato per l'udienza, le nove e trenta. Ha assistito impassibile allo svolgersi della prima udienza durata circa due ore e un quarto. Completo grigio chiaro, cravatta grigio scuro, camicia bianca, Gabriele è sembrato essere un po' teso, seppure ogni tanto gli sia scappato qualche sorriso. Ha ascoltato il dibattimento per la maggior parte del tempo seduto e a braccia conserte. Di tanto in tanto, in particolare durante la sospensione dell'udienza per la camera di consiglio, ha scambiato qualche commento con il suo avvocato, Cristiana Arru, che gli sedeva davanti nella piccola aula del tribunale, che tra testimoni, spettatori, membri della corte, cancellieri e legali ha contenuto circa una trentina di persone. E' stata Arru a chiedere che il tribunale facesse in qualche modo proprie anche le conclusioni alle quali è arrivata la commissione d'inchiesta cardinalizia voluta dal Papa. La richiesta però è stata respinta: la commissione è costretta al segreto pontificio e può riferire solo a Benedeto XVI. Sarà poi il Papa, eventualmente, a prendere decisioni di governo laddove venissero verificate responsabilità interne diverse da quella dello stesso Gabriele.Nelle prossime udienze sarà chiamato a parlare come testimone il segretario del Papa, monsignor Georg Gaenswein. Del resto non poteva che essere così. Fu lui, nel mese di giugno, a convocare nel suo studio tutti i familiari del Papa e a chiedere a Gabriele se c'entrasse qualcosa con la fuga di documenti dall'appartamento papale. Da quell'incontro, che molti osservatori hanno definito "drammatico", ha avuto inizio l'iter che ha portato fino al processo di ieri, in sostanza la soluzione del giallo Vatileaks. Oltre a Gaenswein, è prevista anche la testimonianza di Cristina Cernetti, una delle quattro "memores domini" (laiche consacrate di Comunione e liberazione) che servono il Papa in appartamento, e poi sei gendarmi vaticani: Giuseppe Pesce, Costanzo Alessandrini, Luca Cintia, Stefano De Santis, Silvano Carli, Luca Bassetti. Sono invece previsti cinque testimoni al processo a carico di Sciarpelletti: lo stesso maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, monsignor Carlo Polvani, responsabile informazione della segreteria di Stato vaticana, il vicecomandante della Guardia svizzera William Kloter, il comandante della gendarmeria vaticana Domenico Giani e il gendarme Gianluca Gauzzi Broccoletti. La seconda udienza si terrà martedì prossimo alle nove e trenta del mattino: è in programma l'interrogatorio dello stesso ex-maggiordomo papale.

© Copyright Il Giornale, 30 settembre 2012 consultabile online anche qui.

Su Rai Storia il Papa in Libano

Su Rai Storia il Papa in Libano

Pax vobis Benedetto XVI in Libano è il titolo del reportage sul viaggio del Papa in Libano trasmesso domenica 30 settembre alle ore 21 su Rai Storia e in replica  mercoledì 3 ottobre 2012 alle ore 15. Curato da Antonia Pillosio, il documentario racconta l'itinerario libanese con immagini e interviste a tre testimoni: il cardinale Koch, padre Lombardi e il nostro direttore.

(©L'Osservatore Romano 29 settembre 2012)

Stralciata la posizione di Sciarpelletti. Chi è il monsignore che ha consegnato a quest'ultimo una busta contenente una mail ed un "libello"?



Il processo a Gabriele

È iniziato ieri il processo a carico dell'ex maggiordomo del Papa Paolo Gabriele e del collaboratore informatico Claudio Sciarpelletti.
I giudici del Tribunale Vaticano hanno accolto la richiesta della difesa di Claudio Sciarpelletti, l'informatico della Segreteria di Stato accusato di favoreggiamento, di separare la propria posizione da quella dell'ex maggiordomo del Papa accusato di furto aggravato.
Il legale, avvocato Gianluca Benedetti, ha motivato l'istanza con il fatto che il reato contestato sarebbe stato commesso dal suo assistito «in una manciata di ore» ed è dunque marginale. La corte ha deciso quindi di processare Sciarpelletti separatamente, in data da destinarsi Sciarpelletti, che ieri non era presente all'udienza a causa, ha detto il suo avvocato, di «un imprevisto dovuto all'agitazione», attraverso lo stesso legale si è dichiarato «non colpevole». Nello stesso modo l'informatico della Segreteria di Stato, ha tenuto a far sapere di essere stato «colpito dal modo gentile» con il quale è stato trattato dagli inquirenti nelle diverse fasi dell'inchiesta. La separazione dei processi consentirà ora all'informatico di ritornare a una vita anonima, come evidentemente desidera. Ed ha visto comunque affermata la marginalità del suo ruolo. Tra le dichiarazioni fatte dall'avvocato Benedetti in questo senso una è stata salutata da Paolo Gabriele con un cenno di assenso: «il mio assistito - ha detto il legale - non è in rapporti di grande amicizia con il maggiordomo del Papa, né «c'era una intensa frequentazione, solo si conoscevano e scambiavano opinioni». L'avvocato rotale ha anche ammesso che «è stato positivo per il diritto alla difesa il fatto che i due procedimenti fossero uniti, perché questo ha permesso di vedere gli atti, ma le imputazioni più gravi sono tutte decadute e l'episodio contestato è circoscritto in una manciata di ore». Secondo Benedetti, inoltre, le dichiarazioni rilasciate da Sciarpelletti negli interrogatori non favoriscono Paolo Gabriele, anzi quando l'informatico ha cambiato versione affermando che la busta ritrovata dalla Gendarmeria nel suo ufficio gli era stata consegnata non da Paolo Gabriele ma da un monsignore che voleva farla avere al maggiordomo egli avrebbe ammesso implicitamente di aver semmai favorito quest'ultimo. Su tale circostanza farà luce il nuovo processo, e se saranno confermati i testimoni elencati oggi, potrà spiegare meglio cosa è accaduto il sacerdote Carlo Maria Polvani, il nipote del nunzio a Washigton Carlo Maria Viganò, le cui lettere riservate al Papa e al segretario di Stato Tarcisio Bertone su presunti scandali economici del Governatorato, hanno dato l'avvio al caso Vatileaks. Nella busta di Sciarpelletti - secondo quanto è emerso ieri - non c'erano documenti riservati ma un libello definito «inqualificabile» e una mail. Per quanto riguarda la perquisizione avvenuta a Castel Gandolfo, è stato chiarito in aula dal promotore di giustizia Piccardi che il corpo della Gendarmeria aveva chiesto l'autorizzazione al sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Angelo Giovanni Becciu, che è responsabile dei rapporti con le autorità italiane. In ogni caso restano di certo agli atti ben 82 scatole di documenti sequestrati nell'abitazione di Paolo Gabriele in Vaticano, come ha potuto precisare lo stesso Giani in aula, correggendo il pm che parlava di 52. Tali materiali comprendono anche supporti informatici e la Arrù ha chiesto di non acquisirne la «disamina» in quanto il codice Zanardelli attualmente in vigore in Vaticano non prevedeva questa possibilità, ma i giudici hanno risposto che dal 2008 vige in Vaticano una legge sulle fonti del diritto in base alla quale su materie non regolate si segue la legislazione italiana. Tra le richieste respinte c'era l'esclusione dagli atti delle riprese fatte dalla Gendarmeria con una telecamera posizionata sul pianerottolo dell'abitazione vaticana del maggiordomo. Martedì alla ripresa del processo dovrebbe essere interrogato Paolo Gabriele, che ieri è apparso - hanno detto i presenti in aula - «elegantissimo e impassibile come una statua di sale».

© Copyright Il Tempo, 30 settembre 2012 consultabile online anche qui.

Senza protagonismi al servizio della verità. Il sostituto della Segreteria di Stato per la festa del patrono della Radio Vaticana (Angelo Becciu)


Il sostituto della Segreteria di Stato per la festa del patrono della Radio Vaticana

Senza protagonismi al servizio della verità

di Angelo Becciu

La notizia che l'arcangelo Gabriele viene a comunicare costituisce veramente una grande notizia, anzi “la” notizia, la “buona novella”, foriera di gioia per Maria e per tutta l'umanità: «Rallegrati!».
L'annuncio viene dato con parole essenziali. L'angelo riporta i fatti così come sono, riferendo con oggettività quanto gli è stato trasmesso.
Maria però non si accontenta della notizia. Ne vuole anche la spiegazione: «Come è possibile?». Così Gabriele entra dentro la notizia, l'apre e, argomentando, la rende comprensibile nel suo profondo significato. Una volta che il suo annuncio è giunto a destinazione e ha provocato l'adesione, egli si ritira: «E l'angelo partì da lei». Niente protagonismo da parte sua; è semplicemente mediator, tutto a servizio della verità da trasmettere.
A ragione egli è stato posto a patrono dei comunicatori, che in lui possono intravedere tratti fondamentali della loro missione.
Qui alla Radio Vaticana siete particolarmente fortunati, perché chiamati a far conoscere il pensiero della Chiesa e specificamente del Papa. Siete eco dell'annuncio della buona novella che, partita dall'angelo, non ha cessato di diffondersi per tutta la terra. 
Al pari dell'agire “professionale” di Gabriele, che si faceva voce di un altro, anche tra voi non dovranno prevalere le idee personali. Il vostro compito primario è far conoscere insegnamenti e indicazioni del Papa. La sua voce, attraverso di voi, si moltiplica in mille lingue, giunge nei luoghi più remoti, e ripresa e diffusa a sua volta da centinaia di altre radio, televisioni, giornali, siti web. Accade come per l'annuncio dell'angelo a Maria: avvenuto nel segreto della casa di Nazareth, si è diffuso per tutta la terra portando la gioia e la speranza: «Rallegrati, rallegratevi genti tutte».
Quanti dei vostri colleghi hanno notizie e idee e parole così positive e costruttive da diffondere? E quanti hanno la possibilità di giungere così lontano? Siete veramente corresponsabili della missione universale del successore di Pietro e del collegio apostolico, partecipi dello stesso mandato: «Andate in tutto il mondo, annunciate la buona novella ad ogni creatura». Anche voi, a servizio di Pietro e degli apostoli, siete con loro e in loro dei mandati, degli annunciatori, in un servizio silenzioso e generoso che spesso scompare dietro la parola del Papa. Anche voi, dopo essere stati strumento di notizie che riecheggiano la grande notizia, scomparite come l'angelo. Ma la sostanza dell'annuncio resta. L'angelo «partì da lei», la voce era svanita, direbbe sant'Agostino, ma la Parola rimase in Maria: il Verbo si fece carne. La missione dell'angelo aveva raggiunto il suo scopo.
Non sempre però le notizie che siete chiamati a trasmettere sono eco della “buona notizia”. A volte ne sembrano la negazione. Non di rado per professione vi dovete trattenere anche su notizie negative che mostrano la presenza del male nel mondo. Penso che anche Maria abbia vissuto un'esperienza analoga, non nel giorno della buona notizia a Nazareth, ma in quello della dolorosa notizia sul Golgota, quando si vide calare tra le braccia il figlio morto. A voi, come ad ogni comunicatore che si trova a contatto con una società che sembra quasi “uccisa” dalla cattiveria umana, è chiesta la fede di Maria. Una fede che sa andare oltre il fatto contingente, oltre il fatto doloroso e come Maria siamo invitati a credere nell'alba nuova della Risurrezione.
Certo, il negativo di persone e fatti non va taciuto, ma se voi l'avete sofferto, l'avete superato attingendo luce dalla Pasqua, troverete il modo adeguato per comunicarlo. Saprete prevenire la domanda sul come e sul perché che il lettore e l'ascoltatore si pone e vi pone. Saprete vedere che accanto al male, e più forte del male, c'è tanto bene che agisce silenziosamente e dona speranza e luce. L'informazione non può essere scaraventata ai quattro venti senza una seria riflessione che consideri tutta la realtà. Vi si chiede di interpretare i fatti nei loro contesti e nelle loro prospettive: il modo più vero per leggerli nella loro oggettività. Non si tratta di sovrapporre le proprie opinioni o interpretazioni, ma di guardare le notizie da una prospettiva cristiana del mondo, lasciandole prima depositare nella «meditazione del cuore» come Maria, facendole oggetto di condivisione tra tutti i membri della redazione, tra tutti i collaboratori.
Il vostro lavoro non si limita al mondo ecclesiale, o meglio, legge la vita della Chiesa nel suo vasto orizzonte mondiale. Oggi abitualmente non siete più voi che andate in cerca di notizie. Sono le notizie che vi piovono a valanghe sulla scrivania e sul computer. Una quantità di materiale difficile da gestire, che richiede discernimento. Accanto al controllo delle fonti, alla verifica, al confronto, quello che si attende da operatori a servizio della Sede Apostolica è la capacità di stabilire gerarchie di valori, cercando di porre in rilievo il positivo, i fattori di crescita, le notizie che accendano la fiducia.
Celebrando i cinquant'anni dall'inizio del concilio Ecumenico Vaticano II, mi sembra opportuno richiamare in proposito la pregiudiziale positiva, contro i «profeti di sventure», impressa fin dall'inizio dal beato Giovanni XXIII, il suo invito a guardare alla società contemporanea nel rispetto verso tutti, anche verso coloro che sono nell'errore, con un atteggiamento di profonda benevolenza e accoglienza per i valori umani autentici, da qualunque parte provengano, un moto di simpatia, di apertura, d'amore, di solidarietà e di condivisione verso il mondo di oggi, che sfociò nel famoso incipit della costituzione Gaudium et spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».
I nostri mezzi di comunicazione dovrebbero far rinascere quella forza propositiva. Essa chiede al comunicatore la stessa capacità di ascolto attento ed amoroso della nostra società, di ogni singola persona, fino a penetrare nel suo mondo per capirlo dal di dentro.

(©L'Osservatore Romano 30 settembre 2012)

Il Papa: la visita a Loreto per ricordare Roncalli ed il Concilio. Castel Gandolfo gareggia con Roma. Tutto passa, ma la Vergine veglia sempre su di noi (Izzo)


PAPA: VISITA A LORETO E' PER RICORDARE RONCALLI E IL CONCILIO 

Salvatore Izzo

(AGI) - Castel Gandolfo, 29 set. 

Con la sua visita a Loreto, giovedi' prossimo 4 ottobre, Benedetto XVI desidera "ricordare il 50esimo anniversario del pellegrinaggio del Beato Giovanni XXIII, compiuto a quel Santuario mariano per affidare a Maria il Concilio Ecumenico Vaticano II". 
Lo ha detto lo stesso Pontefice nel breve discorso di commiato da Castel Gandolfo, pronunicato ieri. Il Papa ha fatto cenno anche agli altri importanti eventi di questo mese di ottobre: il Sinodo dei vescovi, "che riflettera' sulla nuova evangelizzazione nell'oggi della Chiesa e del mondo"; e infine - nel 50esimo dell'inizio del Concilio - "l'apertura dell'Anno della fede, indetto per aiutare ogni uomo a spalancare il proprio cuore e la propria vita a Gesu' Signore e alla Parola di salvezza".
Sono dunque "ormai vicini alcuni eventi molto significativi", ha commentato Papa Ratzinger nel suo saluto ai cittadini di Castel Gandolfo. 
"Affido percio' alla vostra preghiera, cari amici - ha aggiunto - questi importanti momenti ecclesiali che siamo chiamati a vivere. Il Signore ci assista, perche' essi aiutino ciascuno di noi a crescere nella fede, a riscoprire Gesu' come la perla preziosa e vero il tesoro della nostra vita". "Il mese di settembre, che ormai sta alle nostre spalle - ha quindi concluso il Pontefice - e' sempre il tempo di un positivo rilancio, dopo le ferie estive": per i ragazzi e' ricominciata la scuola; per tutti e' ripreso il lavoro piu' intenso ed assiduo. "Anche nella Chiesa, per molte comunita' cristiane sparse nel mondo, questo che Dio Padre ci dona e' il tempo di un nuovo anno pastorale che inizia".
"Benedetto XVI - sottolinea da parte sua in una nota il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi - va a Loreto il prossimo 4 ottobre, nel 50esimo anniversario del famoso pellegrinaggio di Giovanni XXIII una settimana prima della solenne apertura del Concilio Vaticano II". "L'idea - spiega il geduita - e' di raccomandare alla Madre di Dio le grandi intenzioni di preghiera della Chiesa in questo tempo, in particolare l'imminente Anno della Fede e il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione. Non e' la prima volta che Papa Benedetto va pellegrino a Loreto. Da cardinale vi e' stato almeno sette volte, e gia' una da Papa. Quella che nella devozione del popolo cristiano e' l'umile casa di Maria e della Sacra Famiglia, fonte di memoria viva dell'Annunciazione e del mistero dell'Incarnazione, e' luogo spiritualmente e simbolicamente quanto mai adatto per prepararsi a vivere un tempo forte di rinnovamento nella missione di annunciare il Vangelo al mondo di oggi". Nella nota trasmessa da Radio Vaticana, il portavoce del Papa ricorda che "il Concilio Vaticano II, aperto e chiuso nelle due festivita' mariane della Maternita' divina e dell'Immacolata Concezione, dedica il capitolo conclusivo del grande documento sulla Chiesa, la 'Lumen Gentium', proprio a Maria segno di certa speranza e di consolazione per il popolo di Dio in cammino". "La Chiesa, il popolo di Dio in cammino, e' - conclude padre Lombardi - mariana. Mettendoci dunque in cammino, come Giovanni XXIII, con Papa Benedetto, per rivivere in umilta' il mistero e la gioia dell'Annunciazione e dell'Incarnazione del Figlio di Dio, potremo vivere un mese sinodale e un Anno di grazia, accompagnati e incoraggiati dalla Madre di Gesu' e nostra". 

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PAPA: CASTEL GANDOLFO GAREGGIA CON ROMA 


Salvatore Izzo


(AGI) - Castel Gandolfo, 28 set. 

"Nel periodo estivo Castel Gandolfo si conferma come una 'seconda sede' del Vescovo di Roma, che gareggia con la 'prima' nella capacita' di accogliere i visitatori e pellegrini venuti a pregare per l'Angelus domenicale o per le udienze generali del mercoledi'". 
Papa Ratzinger ha voluto manifestare con queste parole il suo amore per la cittadina laziale dove risiede dallo scorso giugno e che si appresta lasciare per riientrare in Vaticano. Giovanni Paolo II aveva definito Castel gandolfo il secondo Vaticano. 

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PAPA: TUTTO PASSA, MA LA VERGINE VEGLIA SEMPRE SU DI NOI


Salvatore Izzo


(AGI) - Castel Gandolfo, 29 set.

"Tutto passa in questo mondo! Ogni cosa che inizia, anche la piu' positiva e piu' bella, porta poi con se', inevitabilmente, la propria conclusione". 
Con queste parole il Papa ha salutato i dipendenti delle Ville Pontificie, ringraziandoli per il "generoso servizio" svolto durante la sua permanenza a Castel Gandolfo e "per il tempo sereno e tranquillo" che ha potuto trascorrere durante questa estate, respirando "un clima di famiglia e di viva cordialita'". "La Vergine Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra, che invocheremo fiduciosi nel prossimo mese di ottobre con la recita quotidiana del santo Rosario, vi protegga sempre e vi sostenga - ha poi concluso Benedetto XVI - nel realizzare tutti i propositi di bene che portate nel cuore". 

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Prima udienza per Gabriele. Il resoconto di TMNews e quella relazione dal titolo "Napoleone in Vaticano"...



Vaticano/ Maggiordomo resta unico imputato in processo-lampo

Martedì parla Paolo Gabriele, possibile conclusione in 4 udienze

Città del Vaticano, 29 set. (TMNews) 

Lui ha già confessato. Ha agito - ha detto nel corso dell'istruttoria - per "aiutare il Papa", che vedeva circondato da "male e corruzione". E ora Paolo Gabriele, il maggiordomo di Benedetto XVI arrestato il 24 maggio per furto aggravato dei documenti riservati della Santa Sede finiti sui giornali italiani e, da ultimo, nel bestseller 'Sua Santità' di Gianluigi Nuzzi, rischia una condanna fino a sei anni. In un processo che si annuncia breve fin dalla prima seduta, quella che si è svolta stamane nell'aula del tribunale vaticano alle spalle della basilica di San Pietro. Tanto più che la posizione dell'altro imputato, il tecnico informatico della segreteria di Stato Claudio Sciarpelletti, è stata stralciata e verrà esaminata in un successivo processo che verrà celebrato "a data da destinarsi". 
Alla prossima udienza, martedì due ottobre, deporrà lo stesso Gabriele. Poi verranno sentiti i testimoni, tra cui il segretario personale di Benedetto XVI, mons. Georg Gaenswein. Il processo - è l'auspicio espresso dal presidente del tribunale, Giuseppe Dalla Torre - potrebbe esaurirsi nel giro di altre quattro sedute, comunque entro la prossima settimana. Prima che si celebrino due appuntamenti molto attesi in Vaticano, l'avvio del sinodo sulla nuova evangelizzazione, il sette ottobre, e l'avvio dell'anno della fede, l'undici ottobre.
In una sala del tribunale 15 metri, alla presenza di un pubblico composto da un 'pool' di dieci giornalisti e pochi altri dipendenti vaticani, Paolo Gabriele è apparso "impassibile". Completo grigio chiaro, ben rasato, l'ex assistente di camera di Benedetto XVI è entrato salutando silenziosamente, poi si è seduto su una panca alla destra dello scranno dei giudici e, sempre silenziosamente, ha seguito la prima udienza braccia spesso conserte, pochi segni di nervosismo, lo sguardo a tratti assente. Solo durante la pausa per la camera di consiglio - con un colloquio fitto e qualche risata - con la sua avvocata, Cristiana Arru, e l'avvocato dell'altro imputato assente. La seduta, iniziata alle 9.30, si è conclusa alle 11.50 ed è stata interrotta per un'ora e venti, dalle 10.20 alle 11.40, per la camera di consiglio. Durante la seduta il comandante dei gendarmi vaticani, Domenico Giani, ha precisato che presso le abitazioni di Paolo Gabriele sono stati sequestrati documenti e file informatici che hanno riempito 82 scatoloni di cartone. Tra le tante carte, anche quelle trafugate o fotocopiate nel Palazzo apostolico.
Nella mattinata di oggi il collegio giudicante (composto dal presidente Dalla Torre e dai giudici Paolo Papanti-Pelletier e Venerando Marano) ha preso in esame - e per lo più respinto - le eccezioni sollevate dagli avvocati Cristiana Arru (legale di Paolo Gabriele) e Gianluca Benedetti (legale dell'assente Sciarpelletti) e contestate dal pm Nicola Picardi. L'avvocata Arru - unica rimasta a difendere il maggiordomo del Papa dopo la defezione improvvisa, questa estate, dell'altro legale, il focolarino Carlo Fusco - ha avanzato alcune contestazioni tanto raffinate da un punto di vista giuridico quanto difficili da accogliere per i giudici vaticani. Cristiana Arru ha chiesto l'annullamento della sentenza di rinvio a giudizio, ha contestato l'incompetenza del collegio giudicante, ha chiesto una planimetria dello studio del segretario del Papa. Tutte istanze rigettate, come è stata respinta la richiesta di acquisire nel dibattimento le testimonianze rese sul caso Vatileaks ad una commissione cardinalizia creata 'ad hoc' dal Papa. La commissione, ha ricordato il presidente del tribunale, è stata istituita secondo l'ordinamento canonico con l'incarico di riferire esclusivamente al Pontefice, per cui non ha rilevanza per l'ordinamento vaticano. "Me lo aspettavo", ha ammesso l'avvocata ai cronisti che le hanno potuto rivolgere una domanda. Bocciata - in quanto infondata - anche la contestazione che l'avvocata ha avanzato nei confronti di una telecamera installata sul pianerottolo di casa di Paolo Gabriele. Il dispositivo, ha argomentato il tribunale, era stato autorizzato dalle competenti autorità l'otto giugno (Paolo Gabriele era stato arrestato il 23 maggio).
L'avvocata Cristiana Arru ha poi chiesto di espungere alcune delle prove documentali che erano state inserite nel fascicolo. Per alcune di essere il tribunale vaticano ha acconsentito. In particolare, salta un articolo apparso settimane fa sul quotidiano tedesco 'Die Welt' nel quale il giornalista Paul Badde focalizzava la propria attenzione sul coinvolgimento dell'ex segretario di Ratzinger Josef Clemens, della sua ex governante Ingrid Stampa e e dell'ex 'ghostwriter' del Pontefice Paolo Sardi. Espunti anche i due interrogatori che il comandante dei gendarmi Domenico Giani ha condotto con Paolo Gabriele nella cella di sicurezza della caserma della gendarmeria senza la presenza degli avvocati, nonché il colloquio avuto tra lo stesso Giani e mons. Georg Gaenswein a proposito della possibilità di riscuotere un assegno di centomila euro intestato al Papa e rinvenuto a casa di Paolo Gabriele. Al processo a carico di Paolo Gabriele è prevista la testimonianza di otto persone: il segretario del Papa, mons. Ganswein, Cristina Cernetti, una delle quattro 'memores domini' (laiche consacrate di Comunione e liberazione) che servono il Papa in appartamento, e sei gendarmi vaticani: Giuseppe Pesce, Costanzo Alessandrini, Luca Cintia, Stefano De Santis, Silvano Carli, Luca Bassetti.
Il tribunale vaticano, oggi, ha accolto la richiesta sollevata dall'avvocato del coimputato Sciarpelletti, Gianluca Benedetti, di stralciare la propria posizione. Sciarpelletti, al contrario di Paolo Gabriele, si dichiara "non colpevole". E' stato arrestato in Vaticano per una notte il 25 maggio perché trovato in possesso di una busta con alcuni documenti "non riservati", ha precisato il legale, una "corrispondenza mail" e un "libello inqualificabile" ossia - lo aveva rivelato la requisitoria del 'promotore di giustizia' (pm) Nicola Picardi - "una relazione dal titolo 'Napoleone in Vaticano' riprodotta da Nuzzi nel volume 'Sua Santità'" e relativa alla gendarmeria vaticana. In un primo momento - è sempre la ricostruzione del pm - Sciarpelletti aveva affermato che la busta (con timbro a secco sul retro della segreteria di Stato ufficio Informazioni e documentazioni) gli era stata consegnata da Paolo Gabriele, poi ha rettificato dicendo che gli era invece stata consegnata da un monsignore - coperto per omissis dalla lettera W - per Paolo Gabriele. In questo senso, ha sostenuto il suo avvocato, il tecnico informatico ha indirizzato gli inquirenti verso Paolo Gabriele e il favoreggiamento si configurerebbe, di conseguenza, a carico del monsignore. "Tra me e Paolo Gabriele non c'era una grande amicizia, ma ci conoscevamo e scambiavamo opinioni", ha peraltro puntualizzato Sciarpelletti per bocca del suo legale.
Al processo - rinviato - a carico di Sciarpelletti sono previsti cinque testimoni: lo stesso maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, il vicecomandante della Guardia svizzera William Kloter, il comandante della gendarmeria vaticana Domenico Giani e il gendarme Gianluca Gauzzi Broccoletti (citati entrambi in 'Napoleone in Vaticano) e mons. Carlo Polvani. Quest'ultimo è responsabile informazione della segreteria di Stato vaticana nonché nipote di quel mons. Carlo Maria Viganò che, oggi nunzio apostolico negli Stati Uniti, contestò l'anno scorso la decisione del cardinale Tarcisio Bertone di allontanarlo dalla segreteria del governatorato vaticano con lettere di denuncia della corruzione presente in Vaticano che finirono sui giornali italiani e costituirono l'antefatto del caso Vatileaks.

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