sabato 30 giugno 2012

Anno della Fede e Sinodo. Riscoprire il Concilio, tornare alle radici della fede. Il commento di Salvatore Izzo

Riscoprire il Concilio, tornare alle radici della fede


Gli scandali e le difficoltà di un pontificato molto faticoso non hanno impedito a papa Benedetto XVI di mettere in cantiere tre iniziative dirompenti e coraggiose: l'Anno della fede, il Sinodo sulla Nuova evangelizzazione e la memoria del 50esimo anniversario dall'indizione del Concilio.


di Salvatore Izzo, vaticanista dell’Agenzia Giornalistica Italia (Agi)

I riflettori della ribalta mediatica sono accesi come non mai in queste settimane sulla Chiesa Cattolica, ma tanta attenzione non è indirizzata al suo messaggio quanto alle miserie umane emerse nell’affaire Vatileaks. Una vicenda che dovrebbe concludersi dopo l’estate con un inedito processo penale in Vaticano, e che dunque sembra destinata ad accompagnare lo svolgimento del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione e l’inizio dell’Anno della Fede che il Papa ha voluto si celebrassero a 50 anni dal Concilio Vaticano II e a 20 dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.
L’ombra del crimine compiuto sottraendo e pubblicando i documenti riservati e soprattutto la brutta immagine che i media hanno offerto della Curia Romana a causa delle contraddizioni di alcuni non oscureranno però le due grandi iniziative promosse da Joseph Ratzinger a sette anni dalla sua elezione, così come lo scandalo degli abusi sessuali non mortificò nel 2010 l’Anno Sacerdotale, che assunse un carattere penitenziale ma poté in qualche modo beneficiare della presa di coscienza del male che c’è anche nella Chiesa per avviare un cammino di guarigione.
Come il Papa teologo ha spiegato recentemente nel videomessaggio conclusivo del Congresso Eucaristico Internazionale di Dublino, anch’esso vissuto in un clima di mestizia, quella che stiamo vivendo è prima di tutto una crisi di fede. Non è solo questo, ovviamente, ma non è un caso che lo scandalo degli abusi sia il terreno di coltura di Vatileaks in quanto l’attacco alla persona del Pontefice scaturisce - in parte forse addirittura come reazione - dall’ostilità verso le inchieste sui crimini degli ecclesiastici pedofili volute e spinte prima dal cardinale Ratzinger e poi da Benedetto XVI senza guardare in faccia a nessuno.
«Come possiamo spiegare - si è chiesto nei giorni scorsi il Papa in quel videomessaggio - il fatto che persone le quali hanno ricevuto regolarmente il corpo del Signore e confessato i propri peccati nel sacramento della Penitenza abbiano offeso in tale maniera? Evidentemente il loro cristianesimo non veniva più nutrito dall’incontro gioioso con Gesù Cristo: era divenuto semplicemente un’abitudine». E dunque, per l’ex prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, ci sono stati errori nell’applicazione del Concilio che, ha ricordato nella registrazione, «aveva in realtà l’intento di superare questa forma di cristianesimo e di riscoprire la fede come una relazione personale profonda con la bontà di Gesù Cristo».«A distanza di tempo dai desideri espressi dai Padri Conciliari circa il rinnovamento liturgico, e alla luce dell’esperienza universale della Chiesa nel periodo seguente, è chiaro che il risultato è stato molto grande; ma è ugualmente chiaro - ha ammesso coraggiosamente Benedetto XVI - che vi sono state molte incomprensioni ed irregolarità.
Il rinnovamento delle forme esterne, desiderato dai Padri Conciliari, era proteso a rendere più facile l’entrare nell’intima profondità del mistero. Il suo vero scopo era di condurre la gente ad un incontro personale con il Signore, presente nell’Eucaristia, e così al Dio vivente, in modo che, mediante questo contatto con l’amore di Cristo, l’amore reciproco dei suoi fratelli e delle sue sorelle potesse anch’esso crescere».
«La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza», aveva detto nella messa d’inizio del Pontificato sottolineando che «capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato». Mentre nel passato era invece possibile «riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati», oggi non sembra più essere così «in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone».
Nel best seller Rapporto sulla Fede, che raccoglie le risposte dell’allora cardinale Ratzinger a Vittorio Messori, questo pensiero è sviluppato con molta chiarezza e onestà intellettuale: «La mia impressione - si legge nel testo - è che tacitamente si vada perdendo il senso autenticamente cattolico della realtà “Chiesa” senza che lo si respinga espressamente. Molti non credono più che si tratti di una realtà voluta dal Signore stesso. Anche presso alcuni teologi, la Chiesa appare come una costruzione umana, uno strumento creato da noi e che quindi noi stessi possiamo riorganizzare liberamente a seconda delle esigenze del momento. Si è cioè insinuata in molti modi nel pensiero cattolico, e perfino nella teologia cattolica, una concezione di Chiesa che non si può neppure chiamare protestante, in senso “classico”».
Ed ecco che nei sette difficili anni di Pontificato, tutti in salita perché la grande eredità spirituale di Papa Wojtyla rischiava davvero di essere dispersa se non vi fosse stata un’opera seria, decisa e rigorosa di pulizia e in molti casi quasi di rifondazione, si è fatta strada l’idea di un salto di qualità nell’impegno per un rilancio e una riscoperta delle Fede cristiana. È questa stessa del resto la missione specifica del successore di Pietro, cioè il compito che Gesù stesso affidò al Capo degli Apostoli quando gli disse: «Io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». Che cosa significa questa espressione «conferma i tuoi fratelli» e di quale conferma abbiamo bisogno lo ha spiegato molto bene il cardinale Angelo Scola, oggi arcivescovo di Milano, nella sua ultima lettera quale patriarca di Venezia, dedicata proprio alla preparazione della visita che il Papa ha compiuto l’anno scorso alla chiese del Triveneto. «Il desiderio che arde nel nostro cuore - scrisse Scola - è di essere confermati nella certezza che Gesù Cristo è vivo ed è a noi contemporaneo. AmarLo e seguirLo ci rende pienamente uomini. La fede, nutrita dalla preghiera liturgica e personale, dall’amore di carità e dal pensiero di Cristo, è “conveniente” per gli uomini e le donne di oggi, perché investe in ogni istante affetti, lavoro e riposo. Nulla resta fuori. E Benedetto XVI lo sta documentando con la sua preghiera, con la sua testimonianza, con il suo insegnamento e coi suoi viaggi».
Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna proprio che il Papa conferma nella fede tutti i suoi fratelli e propone, nell’esercizio del Magistero ordinario, un insegnamento che porta ad una migliore intelligenza della Rivelazione in materia di fede e di costumi. 

E Benedetto XVI, con amore e maestria, attraverso il suo magistero porge al mondo il patrimonio della Rivelazione Divina, rendendolo comprensibile a tutti, come ha mostrato all’inizio di giugno a Milano, nello straordinario dialogo della Veglia con le famiglie di tutto il mondo all’aeroporto di Bresso nel Parco Nord, confidando ad esempio che egli immagina il Paradiso come era la semplice casa dove ha trascorso un’infanzia serena. Quella sera, poi, ha fatto sentire ai divorziati risposati che davvero non sono soli, ma il Papa soffre con loro. Benedetto XVI guarda con amore all’umanità intera e, come Gesù, si fa carico delle sofferenze e preoccupazioni di ogni uomo. E con infaticabile paternità e pazienza eroica, continua ad affermare i valori dell’uomo, la salvezza eterna dell’anima, la crescita della fede, la difesa della vita, la custodia della pace nella giustizia e nella libertà, la sollecitudine verso i poveri e verso i sofferenti, la promozione dei popoli sottosviluppati e abbandonati. E solo questo farà anche nell’Anno della Fede che - programma intenso e quasi eroico per un uomo di 85 anni - prevede la sua partecipazione a una ventina di appuntamenti compresa la Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà tra 12 mesi a Rio de Janeiro.


http://www2.azionecattolica.it/riscoprire-il-concilio-tornare-alle-radici-fede

Nessun commento: