Papa Ratzinger l'ha nominata dottore della Chiesa per la sua sterminata cultura e umanità
S. Ildergarda di Bingen, una Leonardo da Vinci in convento
di Gianfranco Morra
All'apertura del recente Sinodo di 260 Vescovi, papa Ratzinger ha aggiunto alla lista dei dottori della Chiesa due nomi: S. Giovani di Avila e S. Ildegarda di Bingen. Dottori della Chiesa, per secoli e secoli, furono solo uomini. Ma Paolo VI capì che anche le donne avevano fatto la loro parte. E nel 1970 conferì questo titolo a due di loro, S. Teresa di Avila e S. Caterina da Siena. Toccò poi a Giovanni Paolo II proclamare dottore della Chiesa S. Teresa di Lisieux. Ora su 35 dottori, quattro sono donne.
Personalità rilevante S. Giovanni di Avila, scrittore e mistico, ma anche efficacissimo predicatore («Apostolo dell'Andalusia»). Visse nel periodo della controriforma ed ebbe i suoi fastidi da parte dell'inquisizione, ma la sua santità venne ben presto riconosciuta. E personalità unica e incomparabile fu la santa tedesca. Ciò che più affascina in questa monaca benedettina, vissuta 81anni, sono la sterminata cultura e la molteplicità dei suoi interessi. Non v'è parte del sapere medievale, nel secolo in cui l'Europa cristiana risorgeva a nuova vita coi commerci, l'università e i comuni, al quale non abbia dato contributi di forte rilevanza. Il suo enciclopedismo, tradotto in un sapere unitario e coordinato, fa pensare a Leonardo da Vinci, anche se Ildegarda privilegiava proprio quei campi che a Leonardo non interessavano molto: la religione e la mistica. La sua immagine dell'Adamo-Kadmo, un uomo al centro del cerchio cosmico, con le braccia aperte, anticipa il famosissimo «Uomo vitruviano» di Leonardo, ora alla Accademia di Venezia.
Conoscitrice dei meccanismi psichici, fu guaritrice ed esorcista, prima donna europea compositrice di musica, poetessa e profetessa (la «Sibilla del Reno»). Per tutta la vita ebbe visioni, ne ha taciuto sino ai quarant'anni e le ha poi utilizzate nei suoi scritti. Che spaziano dalla teologia alla filosofia, dalla cosmologia alle scienze naturali, studiate anche nell'uso terapeutico delle piante e nelle ricette di culinaria (famosi i suoi biscotti-tranquillanti).
Tutta la sua ricerca scientifica si basa sulla dottrina, desunta dal neoplatonismo di Dionigi e Agostino, della corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo. Ildegarda guardava, di là del Reno, alla più grande scuola filosofica del XII secolo, quella di Chartres, di cui assume il leitmotiv: «nell'uomo Dio ha trascritto la totalità delle creature».
Molto prima della «characteristica universalis» di Leibniz e dell'esperanto di Zamenhof, definì una «lingua ignota», artificiale e universale, inventandone l'alfabeto (non a caso è la santa protettrice degli esperantisti). Coloro che insistono a dire che le donne nel Medioevo erano emarginate, dovrebbero leggere la sua vita: prima di S. Caterina da Siena, si impegnò con le sue lettere per condizionare uomini di Stato. Anche l'imperatore Barbarossa, che era stato un suo protettore, venne da lei rimproverato duramente, perché aveva fatto eleggere due antipapi contro quello di Roma. E gli profetizzò la sconfitta e la morte.
Non poteva certo sapere che sarebbe finita anche lei, povera Ildegarda, in un tritacarne leghista, il film kolossal, ultrapagato dalla Rai (pardon: dai contribuenti), «Barbarossa» (2009), di Renzo Martinelli. Per fortuna, nello stesso anno, Ildegarda è stata portata sullo schermo, con intelligenza e sensibilità, da una sua connazionale, l'evangelica Margareth von Trotta, in «Visioni», opera pregevole nonostante gli anacronismi femministi della regista.
Il «genio femminile», di cui parlava Papa Wojtyla e che caratterizza la specificità della donna e il suo insostituibile contributo, ha trovato in Ildegarda una incarnazione profetica. Mentre ancora prevaleva una concezione della vita cupa e pessimistica, che pochi anni dopo la morte di Ildegarda il papa Innocenzo III esprimerà in uno scritto risentito, «Sul disprezzo del mondo», questa semplice monaca ha mostrato che i fiori e gli animali, la poesia e la musica, i canti e il teatro non vanno rifiutati, ma sublimati. Anche i beni materiali vanno amati come doni, provvisori come noi, certo, ma pur sempre ripieni della Bellezza del Creatore. Nelle feste importanti faceva vestire elegantemente le monache, adorne di quei gioielli ai quali avevano rinunciato entrando in convento. Suscitando stupore e accuse, Ildegarda («audace in battaglia») non restava chiusa nel chiostro, ma andava dove poteva dare la sua opera: fu predicatrice nelle principali cattedrali renane. In Ildegarda il papa filosofo ha saputo scegliere il dottore adatto nel momento adatto. Anzi: la donna adatta per il momento adatto.
© Copyright Italia Oggi, 1° novembre 2012 consultabile online anche qui.
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