venerdì 28 settembre 2012

Inizia domani il processo a Gabriele che rischia fino a quattro anni di carcere (Il Tempo)


Gabriele rischia fino a quattro anni

Il processo

Comincia domani in Vaticano. L'ex maggiordomo del Papa accusato di furto aggravato Alla sbarra anche il tecnico informatico della Segreteria di Stato imputato di favoreggiamento

Un processo che si svolgerà in forma istruttoria, come avveniva anche in Italia prima della riforma del codice che ha introdotto il contradditorio, sulla base del modello anglosassone.
E che, in caso di condanna, comporta una pena fino a un massimo di 4 anni per il furto aggravato e uno per il favoreggiamento. Domani, a partire dalle 9.30, la piccola aula del Tribunale vaticano, situata nel palazzo degli uffici giudiziari vicino all'abside della basilica di San Pietro, ospiterà la prima udienza a carico di Paolo Gabriele, l'ex maggiordomo del Papa accusato di aver sottratto documenti riservati e altro materiale, e di Claudio Sciarpelletti, il tecnico informatico della Segreteria di Stato imputato per favoreggiamento. Ieri il promotore di giustizia della Corte d'appello della Città del Vaticano, prof. Giovanni Giacobbe, ha spiegato alla stampa mondiale come si snoderanno le varie fasi processuali che hanno come fonti normative il codice di procedura penale Zanardelli adottato in Italia nel 1913 e il codice penale di epoca umbertina, promulgato il 30 giugno 1889. Questo perché dopo i Patti lateranensi Pio XI non volle adottare il codice Rocco «che favoriva la tutela dello Stato rispetto a quella della persona». Una differenza procedurale che si traduce in sostanza nella possibilità di non ascoltare di nuovo tutte le testimonianze già rese nella fase istruttoria: i testi potranno essere sentiti solo se le parti lo richiederanno alla Corte e il collegio giudicante deciderà di ammetterli. Una procedura che secondo il professor Giacobbe «non è affatto meno garantista. Stanno sorgendo molte perplessità sul processo basato sul contraddittorio in cui è favorito chi ha maggiori disponibilità economiche». A presiedere la Corte sarà Giuseppe Dalla Torre, presidente del tribunale vaticano, a latere Paolo Papanti-Pelletier e Venerando Marano. L'accusa sarà rappresentata dal promotore di giustizia Nicola Picardi. Gabriele sarà difeso dall'avvocato Cristiana Arru, Sciarpelletti da Gianluca Benedetti. Il processo è pubblico, ma gli ingressi saranno ristretti. Domani inizierà il dibattimento con la fase pre-istruttoria in cui sarà possibile sollevare eventuali eccezioni. La circostanza che Gabriele abbia confessato, infatti «non costituisce una prova regina», ha spiegato Giacobbe. Tuttavia, è chiaro che in questo caso specifico «rende più agevole lo svolgimento del processo, essendoci stati riscontri e verifiche delle circostanze». Dopo la relazione del giudice istruttore, accusa e difesa avranno la possibilità di svolgere tutte le loro attività. Tutte le udienze (se saranno necessarie più sedute) si svolgeranno il sabato mattina. Al termine della fase dibattimentale si terranno la requisitoria, le arringhe e le eventuali repliche, con gli imputati che avranno comunque l'ultima parola e la possibilità di rendere deposizioni spontanee. Subito dopo i giudici si ritireranno in camera di consiglio ed emetteranno la sentenza. Secondo Giacobbe, il Tribunale non ha il potere di chiedere la relazione consegnata dalla Commissione cardinalizia al Santo Padre, in base alla divisione giuridica tra Stato della Città del Vaticano e Chiesa cattolica, nell'ambito della quale si è svolta l'attività della Commissione presieduta dal card. Herranz. Non vi sarebbero difficoltà ad acquisirlo, invece, se, ovviamente dietro decisione di Benedetto XVI, venisse consegnata ai giudici. Ma l'ipotesi appare piuttosto remota, come pure quella di testimonianza da parte di qualche porporato. Impossibile, per ora, prevedere la durata del processo. Il calendario delle udienze sarà fissato dal presidente. Tra l'altro il Tribunale può anche disporre nuovi atti istruttori o inviare atti al promotore di giustizia se emergessero ipotesi di reato a carico di altre persone. Escluso, invece, il coinvolgimento di chi ha ricevuto i documenti trafugati, nella fattispecie il giornalista Gianluigi Nuzzi. «Si potrebbe ipotizzare la ricettazione - ha detto Giacobbe - ma in ogni caso il reato sarebbe stato commesso fuori dallo Stato Vaticano e dunque non ci sarebbe la competenza territoriale». In caso di condanna, comunque, il Papa potrebbe concedere il perdono. Ed è in fondo la speranza dei familiari e degli amici di Gabriele. L'ex maggiordomo avrebbe confidato che alla vigilia del processo la sua preoccupazione principale è per i tre figli, esposti loro malgrado alla ricaduta mediatica di un evento di risonanza mondiale. Chi ha avuto contatti con Gabriele, ancora ai domiciliari, lo ha descritto come «prostrato psicologicamente» ma anche sostenuto da una fede profonda. «Se ha fatto queste cose - sostengono gli amici di «Paoletto» - deve aver visto accadere qualcosa di molto grave intorno al Papa. Il modo è stato sbagliato ma la sua intenzione non può che essere stata quella di portare il Papa a conoscenza di fatti incresciosi». Forse il processo svelerà anche questi misteri.

© Copyright Il Tempo, 28 settembre 2012 consultabile online anche qui.

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